Nell’immagine: un esempio di trama ben fatta
A questo punto abbiamo l’idea di base (insostituibile e sopravvissuta per mesi) e l’ambientazione bella e pronta. L’ultimo elemento indubbiamente necessario da elaborare prima di mettersi a scrivere è la trama.
Gli scrittori si suddividono in genere in due gruppi: i “tuffatori” e gli “ingegneri”.
I “tuffatori” sono coloro che si lanciano nella scrittura soltanto con l’idea di base, e si lasciano poi guidare dall’istinto, scoprendo dove la penna e le intuizioni li porteranno nel corso della prima stesura.
Se avete intenzione di agire in questo modo, è probabile che scriverete una prima bozza molto grossolana, che dovrà essere continuamente rivista e ricorretta in corso d’opera. In un simile processo spunteranno fuori svolte della storia impreviste che vi costringeranno a rivedere tutto il testo più e più volte. In sostanza, se volete “tuffarvi” potete farlo, ma dovrete poi lavorare molto per ricollegare il tutto e rendere coerente l’intera costruzione.
Gli scrittori “ingegneri” sono invece quelli che, prima di scrivere, elaborano la trama quasi alla perfezione, e si lasciano minimi spazi di scrittura “intuitiva”. In pratica, è come se si costruissero i binari in partenza, con tutte le fermate di mezzo e l’arrivo, e lungo il viaggio si lasciassero andare all’intuizione rimanendo sempre nei limiti della propria carrozza.
Questi due metodi di lavoro appaiono molto diversi, ma nella realtà non lo sono poi così tanto. La differenza esiste soltanto nel momento in cui si elaborano le svolte di trama, giacché nel primo caso le si “aspetta”, le si lascia “nascere” da sole quando vengono sotto la penna, e poi si deve fare un gran lavoro di riaggiustamento (non sto parlando di semplice correzione di bozze, ma di massiccio editing della struttura narrativa); nel secondo caso invece si costruisce prima tutto l’edificio narrativo, e poi lo si va a riempire con la scrittura in cui ci si lascia piccoli margini di manovra e d’improvvisazione.
Questi due metodi sono egualmente validi, e in realtà nessuno scrittore è un “ingegnere” perfetto o un “tuffatore” perfetto; ogni autore segue queste due strade in percentuali diverse, a seconda soprattutto del proprio gusto.
Nel primo caso la bilancia pende dal punto di vista della creatività e dell’immaginazione intuitiva, mentre nel secondo si vanno a preferire la struttura, la valutazione attenta e il lavoro scrupoloso.
In entrambi i casi, però, la trama la si elabora nello stesso modo.
Come?
Facendosi una montagna di domande.
Le trame vanno avanti ponendosi problemi e trovando soluzioni: maggiori sono i problemi che i protagonisti devono affrontare, più grandi le complicazioni e l’apparente impossibilità di risolvere i suddetti problemi, maggiore sarà la necessità di inventare risposte interessanti e particolari.
Se voi farete il vostro lavoro a dovere, il lettore vi seguirà sino alla fine, perché sarà curioso di sapere come faranno i personaggi a venire fuori dalle situazioni in cui voi li avete infilati.
A volte (o forse sempre), un buon metodo per rendere la vostra trama interessante è proprio quello di cercare un problema a cui non sembrate capaci di trovare soluzione. Se voi per primi, che siete gli autori, faticate a concepire il metodo per far “salvare” i vostri protagonisti, significa che li avete infilati in un dilemma di difficilissima soluzione, perciò il lettore (che come voi si scervellerà per capire dove andrete a parare) sarà molto interessato. Al contrario, se la situazione da voi creata vi offre molte scappatoie, e tutte abbastanza semplici, difficilmente potrete sorprendere il lettore (in realtà potrete comunque farlo, ma a quel punto sarà la soluzione a dover essere l’elemento strano, difficoltoso e, appunto, stupefacente).
Una volta trovata una soluzione per la trama, la vostra storia dovrà svilupparsi in una nuova situazione che porrà ulteriori problemi, e voi dovrete di nuovo porvi la domanda su come risolverli, e così via sino al finale. Nel momento in cui tutte le questioni saranno soddisfatte, la storia sarà finita.
Sembra un’ovvietà, ma la dico lo stesso: risolvere tutto (o quasi tutto) troppo in anticipo renderà il finale vago e probabilmente noioso, mentre risolvere ogni cosa alla fine è, seppur preferibile, non consigliabile, perché al contrario significherà caricare i meccanismi narrativi nell’arco di tutta la trama e poi doversi ricordare di farli scattare tutti nel finale con precisione certosina (questo naturalmente lo si può fare, ma occorre molta bravura nel non creare un’opera asimmetrica, lenta all’inizio e che poi esplode completamente nelle ultime pagine, con il rischio di perdersi pezzi lungo la strada).
Questo tipo di valutazione e di lavoro progredisce dunque con domande e risposte, ma è anche inevitabilmente legato alle vostre conoscenze. Maggiori saranno le vostre letture e la vostra cultura in generale, maggiore sarà la possibilità che non cadiate in cliché e in banalità.
Se, al contrario, non avete un’ampia conoscenza di storie (in particolare fantasy, nel nostro caso) sarà facile finire dritti nel fosso “dell’ennesima copia di cui non se ne può più”.
E dunque, per migliorare in questo tipo di ragionamenti, il consiglio è il solito: leggete e guardate storie in ogni forma.
Attenzione, però: cominciatelo a fare con occhio attento, poiché osservare passivamente vi aiuterà soltanto in parte. Abituatevi invece a domandarvi a ogni occasione: come andranno adesso le cose? Come proseguirà la trama?
Con il tempo vi accorgerete di migliorare in questo tipo di previsioni, e comprenderete perché e come le storie noiose sono tali, mentre quelle avvincenti, appunto, vi avvincono.
(657)