Correre, ecco cosa doveva fare, solo correre.
Era talmente buio che non riusciva a vedere dove metteva i piedi, ma aveva poca importanza. Se si fosse fermata sarebbe morta.
I rami bassi degli alberi gli sferzavano il viso e gli abiti ormai laceri, un dolore lancinante le partì dal braccio per l’ennesimo tronco che non era riuscita ad evitare. Non aveva idea di quante storte aveva preso alle caviglie, ma era sicura che se fosse riuscita a rimanere viva sarebbe dovuta rimanere nel letto per almeno due mesi.
Nelle orecchie sentiva solo il rimbombo del suo cuore e ogni tanto la risata macabra di uno dei suoi inseguitori che aveva trovato la preda. Quando quell’uomo affascinante l’aveva invitata a cena non aveva minimamente immaginato che si sarebbe trovata nelle mani di quei mostri. Doveva essere uno dei tanti appuntamenti che si sforzava di sopportare per far felice la sua amica Denise, che la rimproverava di essere troppo rigida, troppo bacchettona.
Era meglio essere una bacchettona che essere morta!
Colpì violentemente un altro albero, lo scontro le tolse il respiro, ma non si fermò. Un rumore indistinto proveniva da un punto di fronte a lei. Cercò di fare attenzione e attraverso il rimbombo del suo sangue nelle orecchie riuscì a distinguere il rumore di acqua corrente.
Un fiume, pensò.
Senza rifletterci accelerò il passo fino al limite di sopportazione delle sue gambe e cominciò a cadere dopo aver messo un piede a vuoto.
Il contatto con la terra fu molto doloroso e le fece espellere l’aria dai polmoni, poi cominciò a rotolare per la scarpata, sbattendo contro radici e pietre. Avvertì un’imprecazione alle sue spalle, evidentemente il suo inseguitore era arrivato ad un passo dal prenderla.
L’unico pensiero coerente di Amber fu che stava per morire.
Sentì l’intensa fitta gelida quando fu catapultata dentro l’acqua e la corrente violenta che la trascinava via, poi scese il buio e si lasciò andare.
Aveva freddo e stava tremando, perché non era nel suo letto?
Mentre apriva lentamente gli occhi i ricordi le si affollarono nella mente, si guardò attorno circospetta. Era ancora notte, aveva buona parte del corpo immersa ancora in acqua, mentre la testa e le braccia erano appoggiate ad alcune rocce sporgenti.
Cercò di muovere le gambe, ma non ne era in grado, le faceva male dappertutto. Scrutò gli argini del fiume, terrorizzata di poter incontrare quei terribili occhi inumani o il balenare di quelle zanne, ma tutto sembrava tranquillo, se fossero stati nelle vicinanze l’avrebbero già trovata visto il rumore assordante che facevano i suoi denti sbattendo freneticamente.
Le tornarono alla mente i primi momenti di panico, dopo quella cena deliziosa nella casa padronale che poteva avere più di cinquecento anni, di proprietà del facoltoso amico del suo accompagnatore. C’erano altre cinque coppie con loro e la cena era stata molto interessante, il padrone di casa era una persona molto colta, così come il circolo di amici che avevano portato lei ed altri come accompagnatori.
Dopo il dolce loro si erano alzati, tutti sorridenti, mentre il padrone di casa diceva che la parte più interessante della serata stava per iniziare.
Li avevano portati in un salotto con le porte finestre aperte che davano sul giardino e da lì sul bosco.
Loro avevano cominciato a ridere, con gli sguardi colmi di aspettativa e d’un tratto i loro occhi erano diventati strani, luminosi ma oscuri nello stesso tempo, ed erano spuntate delle zanne dalle loro labbra perfette.
Quando il padrone di casa aveva afferrato una delle donne da dietro e stringendola a sé, le aveva squarciato la gola con i lunghi denti affilati bevendone il sangue, Amber era quasi caduta a terra per l’orrore.
Poi ridendo, ancora imbrattato di sangue, lui aveva detto di scappare, che avrebbero dato alle prede un certo vantaggio.
Amber era rimasta intontita per qualche secondo, ma lo scatto di uno degli uomini verso le porte finestre l’aveva risvegliata, e lo aveva seguito fuori, cominciando a correre a più non posso.
Ma non sarebbe servito a nulla se restava ancora lì in acqua. L’ipotermia stava arrivando e sarebbe morta presto, doveva uscire.
Le braccia si mossero leggermente, con grande sollievo di Amber e dopo poco anche le gambe, non era del tutto inerme. Con tutte le forze che le erano rimaste strisciò pochi centimetri alla volta, finché, dopo un tempo interminabile si ritrovò distesa a pancia in su, sulla riva asciutta.
Tremava ancora, ma avendo addosso solo ciò che rimaneva del suo abito da sera si stava asciugando velocemente all’aria tiepida primaverile. Aveva perso le scarpe molto prima di cadere nel fiume e non era necessario osservarsi per sapere che doveva essere piena di lividi e tagli.
Sperò che il fiume l’avesse trasportata abbastanza lontano dalla tenuta di quei mostri, ma non poteva comunque rimanere lì ferma.
Dovette attendere parecchi minuti prima che le sue membra decidessero di collaborare consentendole di alzarsi. Decise che la cosa migliore da fare, vista la sua ignoranza su come orientarsi, fosse di seguire il fiume verso valle.
Non senza difficoltà arrancò attraverso il terreno pieno di ostacoli, facendo attenzione a qualsiasi rumore attorno a lei. Più di una volta si accucciò tra il sottobosco per un rumore furtivo intorno a lei, atterrita che potessero trovarla da un momento all’altro, terrorizzata di sentire l’urlo di gioia di uno dei mostri pronto a dissanguarla.
Quando il cielo cominciò a schiarirsi in attesa del sole, fu quasi travolta dal sollievo, se aveva visto giusto e quei mostri erano vampiri, si diceva che non potevano camminare di giorno e quindi era salva. Ma chi le assicurava che le storie su di loro fossero vere? O che fossero realmente vampiri? Quali altre creature mostruose potevano avere denti affilati e nutrirsi di sangue? Demoni?
Non ne aveva idea.
Amber si accasciò piangendo quando il percorso tortuoso del fiume la fece giungere ad una strada asfaltata, non aveva la forza neanche di fermare una macchina quindi rimase lì, accucciata con le spalle al guard rail incapace di far altro che piangere.
Quando una macchina si fermò di fronte a lei, riuscì a stento a intravedere la figura massiccia di un uomo tra le lacrime.
“Signorina, sta bene? Oh Mio Dio, cosa le è successo?”
Amber non riuscì a trovare la forza per rispondere, si fece docilmente sollevare come una bambina e deporre nella macchina.
“Non si preoccupi, andrà tutto bene. La porto dove potranno aiutarla.”
L’uomo continuava a parlarle, molto probabilmente per tranquillizzarla più che per necessità. Lei non provò a guardare nella sua direzione per capire chi fosse o come fosse fatto.
Lo sentì rispondere al telefono.
“Si, ne ho trovata una. E’ ridotta male, ma viva. La porto al Centro.” Dopo qualche minuto passato ad ascoltare cosa gli venisse detto dall’altra parte del telefono e che lei non poteva sentire, aggiunse “Si, ottimo lavoro. Accertatevi che sia tutto ripulito, non ne deve rimanere neanche uno.”
Chiuse la telefonata e si voltò a guardarla.
Amber riuscì ad alzare la testa e puntare lo sguardo sull’uomo che pareva fissarla colmo di preoccupazione.
“Stia tranquilla, non le faremo del male. Ci sono dei medici specializzati che l’aiuteranno a superare questa cosa. Presto sarà solo un brutto ricordo”
Amber, completamente sotto shock annuì, mentre la malsana idea che quel tipo sapesse cosa le era accaduto le sfiorava la mente. Ma quasi subito la stanchezza ebbe la meglio e tutto si fece buio.
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