Appena finito di leggere il 3° libro de Le cronache del ghiaccio e del fuoco mi sono chiesto: ha senso farne una recensione? I miei articoli hanno lo scopo di aiutare a capire se un libro possa piacere o meno, e questo ha senso in particolar modo per il primo libro di una saga, o per quelli autoconclusivi. Pertanto l’articolo su A storm of swords è concepito come un’insieme di riflessioni a ruota libera: in fin dei conti, è meglio parlarne piuttosto che non parlarne affatto.
Perché ho ripreso con la rilettura di GoT? Perché non ne potevo più del fatto che i miei amici sapessero tutto e io no. DEVO recuperare. L’hype per la serie tv è così alto che, in home su Facebook, mi ritrovo gif di questo tipo…
<3
Il mio rapporto con Martin è di amore-odio: parafrasando le parole di una mia amica, ho notato che di solito comincio un suo libro sbuffando e poi quando lo finisco un po’ mi dispiace. Se con la seconda metà del secondo libro mi ero annoiato a morte, il terzo libro mi ha coinvolto abbastanza.
Questa recensione è pensata per chi ha già letto il libro, pertanto gli spoiler non verranno nascosti o segnalati.
Titolo | Tempesta di Spade – I Fiumi della Guerra- Il Portale delle Tenebre |
Autore | George R. R. Martin |
Data | 2000 |
Pubblicazione italiana | 2002 |
Editore | Mondadori |
Traduttore | Sergio Altieri |
Titolo originale | A Storm of Swords |
Pagine | 992 |
Reperibilità | Reperibile online e in libreria |
Il libro si organizza su alcuni eventi importanti: la morte di alcuni Re in Westeros, e la conquista delle città degli schiavisti da parte di Dany in Essos. La morte di Robb Stark, Balon Greyjoy e Joffrey Baratheon in che modo e in che misura è stata influenza dalla magia di Melisandre? Perché, se è plausibile che incida sulla caduta di Balon, non vedo come possa essere rilevante per la morte degli altri due re, già decisa da vari complotti.
Altre morti rilevanti per la storia sono quelle di Tywin Lannister e Lysa Arryn.
Spesso le persone mi riferiscono di non apprezzare GoT per l’eccessiva violenza gratuita. Di sicuro il terzo libro delle Cronache presenta delle circostanze e degli eventi abbastanza cruenti: mi riferisco in particolare alle Nozze rosse e alla creazione degli Immacolati.
Durante una delle campagne di guerra, Robb Stark si innamora della giovane Jeyne Westerling (di una casa minore fedele ai Lannister) e la sposa in fretta e furia. Una scelta dettata dall’amore che avrà conseguenze su larga scala: infatti Robb era promesso a una delle figlie del lord Frey (accordo fondamentale per assicurarsi la lealtà di questa casata). Per rimediare, si decide di organizzare un altro matrimonio: Edmure Tully, erede di Delta delle Acque, dovrà sposare una ragazza Frey (tuttavia non potrà scegliere quale). Così Catelyn, re Robb e l’esercito si sposta alle Torri Gemelle per il matrimonio… ma non è altro che una trappola. Walder Frey, in combutta con Tywin Lannister e Roose Bolton, da ordine di uccidere Robb e tutti gli uomini del Nord (risparmiando Edmure e tendendolo prigioniero). Quando lessi la prima volta questo capitolo, rimasi inorridito; riletto adesso dopo anni, preparato psicologicamente, è stato comunque brutto. Cateylin muore dopo aver visto Robb morire; muore con la consapevolezza che Arya, Bran e Rickon siano già morti, mentre Sansa è andata in moglie a Tyrion Lannister (ironia della sorte, è vivo Jon, il figliastro di Ned Stark che lei odia). Provo un profondo disgusto per Walder Frey. Come si può mettere in atto uno sterminio del genere nei confronti degli ospiti della propria casa? Se non siete ancora convinti, ecco un resoconto fatto da Tyrion che, da gentiluomo, non rivela i dettagli più orribili alla povera moglie.
Tutto quello che aveva potuto fare era stato evitarle i dettagli più cruenti delle “Nozze rosse”, mano a mano che arrivavano dalle Torri Gemelle. Non era necessario, aveva deciso, che Sansa venisse a sapere come era stato macellato e mutilato il corpo di suo fratello Robb. Né di come il cadavere nudo di sua madre lady Catelyn era stato scaraventato nella Forca Verde del Tridente, in un osceno oltraggio alla tradizione funeraria della Casa Tully. L’ultima cosa di cui Sansa Stark aveva bisogno era altro materiale per gli incubi. Però gli sforzi di Tyrion non erano bastati. Aveva drappeggiato il suo mantello attorno alle spalle della giovane moglie, giurando di proteggerla. Gesto che si era rivelato una beffa crudele quanto la corona che i Frey avevano collocato sulla testa mozzata del meta-lupo di Robb Stark, dopo averla cucita sul suo cadavere decapitato. Anche questo sapeva Sansa.
Dedicato a Walder Frey
Dany ha bisogno di un esercito, e gli Immacolati sembrano fare al caso suo: soldati schiavi e castrati, sono combattenti di prim’ordine.
«Visto?» Kraznys tornò a rivolgersi a Dany. «Non provano alcun dolore.»
«Ma com’è possibile?» chiese lei attraverso l’interprete.
«Il vino del coraggio» fu la risposta che le diede Kraznys. «Non si tratta di un vero vino: è ottenuto dalla micidiale ombra della sera, la bevanda degli stregoni. Larve di mosca del sangue, radici di loto nero e molti altri ingredienti segreti. Lo bevono a ogni pasto a partire dal giorno in cui vengono castrati. E ogni anno che passa, sentono sempre meno. In battaglia, questo li rende privi di paura. E nemmeno possono essere torturati. Di’ alla selvaggia che i suoi segreti sono al sicuro con gli Immacolati. Può collocarli di guardia al suo Concilio, o addirittura alle proprie stanze da letto, senza mai preoccuparsi di quanto loro potrebbero udire.
«A Yunkai, a Meereen, spesso gli eunuchi sono tagliati rimuovendo solo i testicoli del ragazzo, lasciando però il pene. Un simile essere, per quanto non fertile, è tuttavia ancora in grado di avere erezioni. Solamente fastidi possono provenire da ciò. Noi invece rimuoviamo anche il pene, senza lasciare più nulla. Gli Immacolati sono le più pure creature sulla terra.»
L’addestramento degli Immacolati è particolarmente crudele:
«Per ottenere l’elmetto con il rostro, un Immacolato deve andare ai mercati degli schiavi premunito di una moneta d’argento. Deve quindi trovare un neonato urlante e procedere a sgozzarlo sotto lo sguardo della madre. In questo modo, siamo certi che in loro non sia rimasta alcuna umana debolezza.»
Daenerys ebbe l’impressione di essere sul punto di perdere i sensi. “È il caldo” ripeté a se stessa. «Quindi li costringete a strappare un innocente dalle braccia della madre, glielo fate uccidere davanti a lei e ripagate quella sofferenza con una moneta d’argento?»
Ultimata la traduzione, Kraznys mo Nakloz rise forte. «Quale sciocca miagolante dal cuore di pappa è questa. Di’ alla puttana dell’Occidente che la moneta d’argento è per il padrone del bambino, non per la madre. Agli Immacolati non è consentito rubare.» Si fece schioccare la frusta contro la gamba. «Dille che sono ben pochi a non superare quella prova. I cani sono più ardui, ciò va detto. Il giorno in cui un ragazzo viene castrato, gli diamo un cucciolo. Al termine del quinto anno, all’Immacolato in addestramento viene dato ordine di strangolare il suo cane. Chiunque di loro non vi riesca, o non voglia, viene prima ucciso e quindi dato in pasto ai cani superstiti. Ciò costituisce una valida lezione, abbiamo scoperto.»
Lascia un po’ perplessi la modalità con cui è avvenuta la transizione: come possono gli schiavisti essere così ingenui e dar via tutti gli Immacolati? Cosa avrebbe impedito Daenerys di riprendersi il drago una volta acquisito il suo esercito (cosa che, di fatto, succede)? Insomma, non è uno dei punti forti del libro.
Particolarmente importante è il ruolo dato a vicende passate, che ritornano spesso sotto forma di ricordi e dialoghi tra personaggi. Ad esempio, il triangolo Catelyn, Ditocorto e Lysa: Lysa, mandata in sposa a un vecchio, innamorata di Petyr al punto di avvelenare Jon Arryn… più che innamorata, meglio dire ossessionata! Scopriamo anche perché lord Hoster Tully, in punto di morte, ripete sempre il nome Tansy: non è una donna, quanto il tè della luna bevuto da Lysa per farla abortire. Ci sono dialoghi veramente deliranti (e bellissimi da leggere), ad esempio quando Lysa propone a Sansa di sposare suo figlio:
«Ha otto anni. E non è molto robusto. Ma è un ragazzo così buono, arguto e intelligente. Diventerà un grande uomo, Alayne. “Il seme è forte” diceva il lord mio marito. Furono le sue ultime parole. Talvolta gli dèi ci permettono di avere brevi visioni del futuro quando siamo in punto di morte. Non vedo perché tu non dovresti sposarlo non appena avremo conferma che tuo marito è morto. Sarà un matrimonio segreto, è chiaro. Non è nemmeno pensabile che il lord di Nido dell’Aquila sposi una bastarda, sarebbe quanto mai inopportuno. Una volta che la testa del Folletto sarà finita sul ceppo, la notizia ci perverrà sulle ali dei corvi messaggeri di Approdo del Re. Tu e Robert potrete sposarvi il giorno dopo, non è meraviglioso? A lui farà bene avere un po’ di compagnia. Quando arrivammo a Nido dell’Aquila, giocava con il figlio di ser Vardis Egen, e anche con i bambini del nostro attendente, ma erano fin troppo rudi con lui, cosicché non ebbi altra scelta se non allontanarli. Tu sai leggere bene, Alayne?»
«Septa Mordane era così gentile da dire di sì.»
«Robert ha la vista debole, ma adora che qualcuno gli legga a voce alta» dichiarò lady Lysa. «Le storie che preferisce sono quelle degli animali. Conosci la canzoncina della gallina travestita da volpe? Io gliela canto sempre, al mio dolce Robert, lui non si stanca mai di sentirla. E gli piace anche giocare a Salta-rospo, Fai-girare-la-spada e Vieni-nel-mio-castello, ma devi sempre lasciarlo vincere. È giusto che sia così, non trovi? Lui è il lord di Nido dell’Aquila, dopo tutto, e tu non lo dovrai mai dimenticare. Il tuo lignaggio è nobile, certo, e gli Stark di Grande Inverno sono sempre stati orgogliosi. Ma adesso Grande Inverno è caduta, e tu sei solo una mendicante, quindi farai bene a mettere da parte il tuo orgoglio. Nelle tue attuali condizioni, il tuo primo sentimento dovrà invece essere la gratitudine. E l’obbedienza. Sì, mio figlio avrà una mogliettina grata e obbediente.»
Ma il momento in cui il climax raggiunge l’apice, con la morte di Lysa, è questo:
«Mia dolce sciocca moglie gelosa» disse, con un sogghigno. «Io amo una donna sola, te lo giuro.»
Lysa Arryn tentò un sorriso tremulo. «Una donna sola? Oh, Petyr, me lo giuri? Una soltanto?»
«Solo Catelyn.»
Petyr Baelish le diede uno spintone, forte, definitivo.
Lysa Arryn barcollò all’indietro, i piedi scivolarono sul marmo bagnato, fino alla soglia. Oltre la soglia. E poi Lysa Arryn non ci fu più. Svanita. Inghiottita. Non aveva lanciato neppure un grido. Per un tempo lunghissimo l’unico suono fu l’ululare del vento.
Martin è anche noioso, lento, prolisso. Uno dei motivi per il quale combatto sempre internamente: inizio il libro successivo o no? Lunghissime descrizioni di banchetti, di vestiti, di scene di guerra da tutti i PoV possibili, i sogni di lupo… Arya che fa avanti e indietro, avanti e indietro in continuazione per i boschi. Amo Arya, ma ho odiato molte parti dei suoi capitoli. Il libro nel complesso poteva essere sfrondato di un centinaio di pagine: ne avrebbe solo guadagnato.
Sappiamo che uno dei punti forti di Martin sono i dialoghi ineccepibili. Se è vero che dialoghi così belli siano poco verosimili nella vita reale, è anche vero che da un libro ci aspettiamo in linee generali dialoghi brillanti. In questo caso ho voluto soffermarmi su due scene particolari del processo contro Tyrion.
Shae viene chiamata a testimoniare contro Tyrion, il quale è accusato di aver ucciso il nipote Joffrey.
Io non ero soltanto la serva di lady Sansa, ero anche la puttana del Folletto, per tutto il tempo che lui è stato qua ad Approdo del Re. La mattina del matrimonio, il Folletto mi ha portato là sotto dove tengono i teschi dei draghi e mi ha scopato con tutti quei mostri attorno. E quando io ho urlato, mi ha detto che dovevo essere più grata, perché non tutte le ragazze possono essere le puttane del re. È stato allora che mi ha detto che voleva diventare re. Mi ha detto che il povero Joffrey non avrebbe mai conosciuto la sua sposa come lui conosceva me.» Shae cominciò a singhiozzare. «Io non volevo mica fare la puttana. Io mi volevo sposare. Lui era uno scudiero, un ragazzo bravo e caro, d’animo gentile. Ma poi il Folletto mi ha visto alla Forca Verde e ha messo il ragazzo che io volevo sposare nella prima fila dell’avanguardia, e quando lui è morto ammazzato sul campo il Folletto ha mandato i suoi selvaggi a prendermi e portarmi nella sua tenda. Shagga, quello grosso, e Timett, con l’occhio bruciato. E il Folletto poi ha detto che se non gli davo piacere, lui mi dava a quei due, per cui il piacere gliel’ho dato. E poi mi ha portato in città, così ero vicina quando lui mi voleva. E mi ha fatto fare cose così vergognose…»
«Ah, sì?» chiese il principe Oberyn incuriosito. «Che genere di cose?»
«Cose innominabili.» Le lacrime scesero piano sul suo bel viso. E non ci fu più alcun dubbio che in quel momento ogni uomo nella sala del Trono di Spade avrebbe voluto prendere Shae tra le braccia e consolarla. «Cose con la mia bocca e con… altre parti, milord. Tutte le altre parti. Mi ha usato in tutti i modi possibili e poi… voleva che gli dicessi quanto era grande. “Mio gigante” dovevo chiamarlo. “Mio gigante di Lannister.”»
Oswald Kettleblack fu il primo a scoppiare a ridere. E poi Boros e Meryn. E poi anche Cersei, ser Loras e tanti, tanti altri cavalieri e gentildonne. Troppi perché Tyrion potesse tenere il conto. Un’improvvisa marea di risate fece ondeggiare le balaustre e tremare lo stesso Trono di Spade.
«Ma è vero!» protestò Shae. «Il mio gigante di Lannister!»
La marea di risate raddoppiò d’intensità. Divenne un boato assordante fatto di bocche distorte, di pance che sussultavano. Alcuni risero talmente forte da far sprizzare le caccole fuori dalle narici.
Se questa scena fa ridere, la risposta di Tyrion è emblematica:
Tyrion alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di suo padre, quegli occhi verde profondo con sfumature dorate. «Colpevole» dichiarò. «Oh, come sono colpevole. Non è questo che volevate sentire?»
Lord Tywin non rispose. Mace Tyrell annuì. Il principe Oberyn parve vagamente deluso. «Quindi ammetti di avere avvelenato il re?»
«Non ammetto niente del genere» ribatté Tyrion. «Per la morte di Joffrey sono innocente. Sono colpevole di un crimine ben peggiore.» Fece un passo verso suo padre. «Sono nato. Sono vissuto. Sono colpevole di essere un nano, lo confesso. E non ha avuto alcuna importanza quante volte il mio buon padre mi abbia perdonato: io ho perseverato nella mia infamia di esistere.»
Martin riesce a rendere ogni suoi personaggio distinguibile e vivido: anche a distanza di anni visualizzo subito in mente certi personaggi “minori”, quelli che hanno rilevanza nella storia, ma non hanno un PoV. Personaggi come Gregor e Sandor Clegane, Brienne, Tywin Lannister… aiuta anche il fatto dei soprannomi da associare: abbiano così il Mastino, la Montagna che cavalca, la Vergine di Tarth e così via. Arya, nel corso dei suoi spostamenti, assume parecchi nomignoli: Donnola, Nan, Arry, Lite, Bernoccolo.
D’altra parte, ci sono lunghissime liste di lord e lady che leggo senza davvero leggere davvero. È vero, c’è la genealogia a fine libro, ma chi ha voglia ogni volta di interrompere la lettura per identificare ogni nome nelle liste?
Devo riconoscere una certa soddisfazione quando hanno nominato Jon capo della confraternita. Non che i capitoli sulla Barriera mi piacessero particolarmente (ce n’è uno di Sam in mezzo alla neve… intollerabile), però questa parte mi è piaciuta.
In questa recensione vorrei dire qualcosa su questa potente famiglia. Leggendo i primi libri di Martin, ci ritroviamo inevitabilmente a parteggiare per gli Stark e a odiare i Lannister: così subdoli, odiosi e infinitamente ricchi (eccezion fatta, ovviamente, per Tyrion). A partire da Tempesta di spade, otteniamo un nuovo PoV: quello di Jaime. Questo ci permette di conoscere un personaggio straordinario, tra i migliori tratteggiati dallo scrittore. Jaime, lo Sterminatore dei Re: un nomignolo che lo accompagna da anni, di cui non si può liberare, e che rappresenta ormai uno stigma nei suoi confronti. Nessuno è portato a fidarsi di lui. Eppure, conoscendo le sue azioni e i suoi pensieri così da vicino, ho iniziato ad apprezzarlo davvero. A partire dal suo rapporto morboso, assoluto con Cersei (Jaime afferma di non aver mai toccato altra donna), che lo porta a diventare parte della Guardia Reale pur di starle vicino ad Approdo del Re, al rapporto di affetto nei confronti del fratello Tyrion. Probabilmente Jaime è l’unico che abbia davvero amato il nano. Anche qui, il passato si intreccia col presente per la famiglia Lannister. Per quanto lord Tywin riconosce una certa arguzia al figlio nano, è sempre con disprezzo che gli si rivolge: Tyrion, oltre ad avere la “colpa” di essere deforme, ha ucciso la madre Jenna durante il parto. Dalla morte della moglie, Tywin non è stat più lo stesso; da quelle interazioni che vediamo tra padre e figlio, emerge il dolore di Tyrion nell’essere considerato meno di un figlio (a lui, infatti, non andrà mai Castel Granito). Tutti i sentimenti contrastanti, ingarbugliati, dolorosi del Folletto lo portano a compiere quel gesto terribile, definitivo: nel tentativo di fuggire per un omicidio non avvenuto, non si lascia perdere l’occasione di uccidere il padre nella latrina. Non manca l’umorismo macabro di Martin, nemmeno in questi momenti:
Il fetore che dilagò nella latrina fu un’ulteriore prova che la battuta ripetuta fin troppo volte su suo padre era solo un’altra menzogna.
Lord Tywin Lannister, alla fin fine, non cacava oro.
Bruttissimo è anche il modo in cui si lasciano Jaime e Tyrion: anche qui, l’ombra del passato aleggia su di loro (l’ombra di Tysha, la ragazzina che il Folletto aveva sposato da giovane, non era una prostituta ma una contadina; Jaime lo rivela solo ora). In preda alla disperazione, Tyrion rivela di essere stato lui a uccidere Joffrey (per quanto non sia affatto vero).
Ci sarebbe molto altro di cui parlare… ma mi fermo qui, altrimenti parlerei troppo.
Questo libro ha i suoi lati positivi e i suoi lati negativi. Direi che è più interessante rispetto al terzo, e l’ho letto velocemente. Come sempre, mi lascia quella sensazione di voler continuare con la saga… ma sono frenato dal fatto che il 4° libro sia considerato molto noioso dai fan.
Voto: 8/10.
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Ciao, bella analisi di questo corposo libro. Io, a suo tempo, a causa delle Nozze Rosse che fanno piazza pulita di quelli che fino a quel momento sembravano i protagonisti della saga avevo perso gran parte del mio interesse per essa (un po’ per quello ed un po’ perché i libri di Martin escono con una lentezza che fa cascare le braccia). Il quarto volume segue però così da vicino i gemelli Lannister, che alla fine si arriva ad un po’ ad averne compassione: merita quindi secondo me d’esser letto. Il quinto riapre i giochi in modo molto promettente.
Sullo stile, oltre ai dialoghi brillanti che hai evidenziato tu, una cosa che a me piace molto è come certe frasi dette da un personaggio durante la storia, Martin le faccia diventiare chiodi fissi (oppure massime) nei pensieri di un altro personaggio.
Sì, con questo libro si perdono molti personaggi. Mi piaceva molto Catelyn: una donna di mezza età (almeno per quel mondo), che non combatte né altro, a differenza di quasi tutti gli altri PoV.
Stavo cercando di decidere che libro leggere giusto ieri: ho ripreso in mano il 4° libro delle Cronache e… appena ho letto i primi due capitoli con PoV “strani” (Il Profeta e Il Capitano delle Guardie), l’ho subito richiuso. Meglio mettere in pausa Martin per un po’ XD. Alla fine ho optato per “Il Conciliatore” di Sanderson.
Sì, molte frasi riecheggiano spesso, tipo “il seme è forte”, o le parole di Viserys che Dany ricorda spesso e così via
Il terzo è, al momento, il mio preferito.
Dico sempre che l’unico problema di Martin è sempre stato il modo in cui la Mondadori gli traduce i libri…