– Mettete la mia testa sotto sale, come fosse uno sgombro in conserva per l’inverno, e datela in mano al
capitano della prima nave videssiana che entrerà nel Fiordo di Lygra. Raccontategli la storia e chiedetegli di portarla con sé, ai sacri templi, affinché i prelati possano sapere degli sforzi da me compiuti nell’onore del buon dio.
Skatval si massaggiò la barba mentre rifletteva. Stavrakios avrebbe potuto sfruttare il ritorno di una simile reliquia come pretesto per la guerra, ma d’altra parte Stavrakios era un uomo che non aveva certo bisogno di pretesti se desiderava combattere. Il capo annuì.-Sarà fatto. Hai la mia parola.
– Colpiscimi, allora. – Kveldulf sollevò le braccia e lo sguardo verso il cielo. – Noi ti benediciamo, Phaos, dio della mente grande e buona, tu che vedi in anticipo, affinché…
Skatval colpì con tutta la forza che aveva in corpo, con l’intenzione di dare a Kveldulf la morte più rapida e indolore che poteva. La punta della lancia spuntò dietro la tonaca blu. Il prete continuò a pregare mentre crollava a terra. Gli uomini di Skatval tempestarono con le loro lance il corpo riverso sull’erba verde. Un rivolo di sangue spuntò dall’angolo della bocca del prete. Si dimenò per un attimo, ebbe un ultimo sussulto, quindi rimase immobile.
Da L’anatra Da Richiamo (The Decoy Duck) di Harry Turtledove
Sulle Orme del Re ( After the King: Stories in Honor of J. R. R. Tolkien) è un’antologia di racconti scritti da venti autori pubblicata nel 1992 in occasione del centesimo anniversario della nascita di J. R. R. Tolkien.
La scomparsa di J. R. R. Tolkien, negli anni Settanta, ha lasciato un grande vuoto nel campo della fantasy ma ha, al tempo stesso, accelerato il formarsi di una vasta tradizione all’interno della quale si muovono autori giovani e meno giovani, che hanno cercato di raccoglierne il messaggio. Naturalmente muoversi nell’ambito di una “tradizione”, o di un certo gusto letterario, non vuol dire essere degli imitatori: al contrario, vuol dire sviluppare e arricchire il solco tracciato dal maestro. Ora, in questa grande antologia, Martin H. Greenberg ha raccolto gli esempi più significativi della fantasy contemporanea per tracciare una mappa il più possibile completa del “dopo Tolkien”: vi troverete, quindi, storie ispirate direttamente al grande scrittore inglese e storie moderne, indipendenti da lui ma che non sarebbero concepibili senza la sua influenza; storie di maghi, principesse e incantatori e storie in cui il fantastico o le leggende del passato irrompono nel mondo contemporaneo: avventure di ricerca simbolica – la queste nel senso cavalleresco del termine – e avventure di magia che attingono per qualche verso all’inesauribile miniera della fiaba. Un tesoro di racconti moderni il cui denominatore comune è l’ispirazione elevata, il gusto simbolico tipici della high fantasy cara a J.R.R. Tolkien.
A volte, è difficile ricordare che erano stati scritti numerosi romanzi di fantasy prima dell’esplosione di J.R.R. Tolkien nella scena letteraria. Eppure già c’erano pietre miliari, storie dedicate all’infanzia come “Il vento fra i salici” e il “Libro della giungla“. C’erano volumi per adulti di proporzioni mitiche quali “Il pozzo alla fine del mondo” o di gotica armonia quali “Dracula“, o il delizioso anacronismo di “Uno yankee del Connecticut alla corte di re Artù“. C’erano libri di fantasy da leggere davanti al focolare, opera di ben noti autori quali Charles Dickens o scritti da sconosciuti matematici come il reverendo Charles Dodgson.
La storia della letteratura è un campo pieno di libri fantasy. Ma quello che John Ronald Reuel Tolkien ha creato nel suo studio sopra il garage con la propria macchina per scrivere, questo “grande uomo tanto lento quanto mancante di metodo“, come lo definiva il suo amico C.S. Lewis, è il fenomeno della fantasy quale genere letterario vendibile a tutti.
La sua idea era che stava solo limitandosi a creare un mondo, a popolarlo, a scriverne la cronaca e le leggi. Come amava dire insistentemente lui, la terra di mezzo non era un’allegoria. Di fatto non poteva soffrire le allegorie. E anche se era un critico e un insegnante, aborriva la caccia sistematica alle simbologie che seguì alla pubblicazione dei suoi libri. Fermamente quanto decisamente, egli stava dalla parte del novelliere puro. Quello che gli sfuggì era che, come un dio, poteva sì creare un proprio universo, ma che quell’universo aveva la possibilità, come un meccanismo a orologeria, di funzionare anche senza di lui.
Dopo il successo del Signore degli Anelli ci fu una vera e propria corsa al guadagno. Editori e librai uniti inventarono un mercato per la fantasy come genere a sé stante. Gli scrittori di fantasy divennero – piaccia o no (ed è giusto ricordare che esistono parecchi fra loro che detestano Tolkien e che a gran voce proclamano la loro distanza da quel modello) – una Confraternita Post-Tolkien. Vennero pubblicati libri la cui intima natura li proclamava Tolkien-dipendenti, libri segnati dalla mitica qualità delle sue storie, dallo sfondo costruito da saghe e il folklore, dall’ambientazione pastorale e/o pseudo medievale, e dall’assunto scontato che la magia ha un’importanza che è tanto sicura quanto l’anello portato alla montagna oscura logora chi lo porta. E che gli influssi subiti andassero ben oltre Tolkien oppure no, indietro fino alle nebulose ere tenebrose del mito, del racconto folcloristico, della leggenda e simili, tutti quei libri avevano in sé apoftegmi (scritti o sottintesi) che li dichiaravano “Scritti nello stile di J.R.R. Tolkien”.
Dati certi parametri , quanto era iniziato in stato di grazia degenerò presto in una sorta di mitico sciocchezzaio, con elfi abbigliati con pellicce attorno ai fianchi, unicorni color pastello, spade dall’eloquio riservato, e sfondi medievaleggianti creati al momento con l’inevitabile corredo di locande sporche, maghi empi ed esseri gentili e dai piedi pelosi di varie estrazioni sessuali. Tolkien non ne sarebbe stato contento.
Ne sarebbe stato orripilato.
Eppure tra la marea di scrittori post-Tolkien degli anni successivi ai Sessanta, alcuni autori cominciarono ad emergere, perché scrivevano quelle storie che Tolkien stesso avrebbe probabilmente guardato con occhio benevolo, compiacendosene. Scrittrici come Andre Norton, la regina del romanzo avventuroso di fantasy; autori come Poul Anderson, che ha lasciato la propria impronta del mitico Nord; Robert Silverberg, proteico narratore; e Peter Beagle, il cui debito verso Tolkien venne così imperturbabilmente dipinto nei suoi saggi oltre che nei magnifici, pochi, romanzi. A essi e gli altri splenditi autori raccolti in questo volume, è stato specificatamente chiesto di scrivere racconti “alla Tolkien”, ma non come imitazione del maestro – perché nessuno di noi è un imitatore – ma in onore del suo lavoro. Un volume di compleanno, un dono per il centesimo anniversario della sua nascita oltre che per i suoi innumerevoli lettori.
Jane Yolen
Fattoria di Phoenix
aprile 1991
Estratto dall’Introduzione
” Sulle Orme del Re”, è attualmente fuori catalogo ma può essere reperito abbastanza facilmente usato.
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