Vederla in quello stato lo faceva stare male, ma non poteva spingersi oltre quello che già aveva fatto. L’unico lato positivo era che la fiamma della vita che stava languendo dentro di lei ora era vivida.
Lì nell’oscurità aveva fatto una scelta, aveva scelto di vivere.
Non aveva importanza il motivo che si era data, o cosa l’avesse spinta. Da quel momento in poi avrebbe affrontato tutto in maniera diversa.
La lasciò sfogare fin quando non ebbe più lacrime, fin quando la vide rimettersi in piedi e aggiustarsi i vestiti sporchi e strappati. Perdeva sangue da vari tagli, ma niente di grave.
Si guardò attorno e poi sospirò.
“So dove siamo, vieni” disse.
La seguì tra gli alberi, vedendola proseguire con passo sicuro, fino a una stradina sterrata che dovettero seguire per quasi un chilometro prima di giungere a una asfaltata. Da lì ci misero pochi minuti per arrivare alla sua macchina.
“Sarà il caso che tu ti faccia vedere da un dottore” le disse indicando i brutti tagli.
Lei fece di no con la testa.
“Voglio solo tornare a casa, fare una doccia e fare una bella chiacchierata con te, mi devi delle spiegazioni.”
Sapeva che questo momento sarebbe arrivato, e aveva pronte tutte le scuse che le avrebbe detto, quindi annuì condiscendente.
Aspettò per un’ora prima di vederla scendere le scale pulita e piena di bende. Gli sarebbe bastato passare le mani sulle ferite per curarle, ma non poteva farlo.
“Faccio la pasta, preferenze sul condimento?” gli chiese.
“No, nessuna.”
Lei annuì e si mise ai fornelli, dopo poco un profumo delizioso riempì l’aria.
Rimasero in silenzio per tutta la preparazione del pasto e per il tempo necessario a consumarlo, a parte i piccoli convenevoli di rito. Il cibo era una di quelle cose che mancavano nel suo piano di esistenza, erano 852 anni che non mangiava e lo fece con gusto chiedendo il bis.
“Devo chiederti scusa” esordì lei dopo aver sorseggiato il caffè, usanza a cui lui non prese parte.
“Di cosa?” chiese incuriosito.
“Di averti trascinato laggiù mettendoti in pericolo.”
Michele sgranò gli occhi guardandola, non si era resa conto che le ombre volevano esclusivamente lei e si stava preoccupando per lui. Se non fosse stato fuori luogo avrebbe riso.
“Per dirla tutta ti ho chiesto io di fare un sopralluogo, quindi dovrei essere io a chiederti scusa. Ma lasciamo perdere queste bazzecole, vuoi chiedermi qualcosa, quindi fallo.”
“Non sei un giornalista” disse lei con sicurezza.
“Non è una domanda, ma comunque hai ragione, non sono un giornalista.”
“Chi sei realmente?”
“Mi chiamo Michele e diciamo che faccio parte di un’organizzazione che studia e combatte le creature malvagie, come quelle che hai visto.”
“Tipo lo Shield?” chiese lei corrugando la fronte.
La domanda lo spiazzò, non aveva alcuna idea a cosa si riferisse, decise quindi di restare in silenzio.
“Capisco, è qualcosa di governativo? La mia vita si è trasformata in un brutto film d’azione” disse appoggiando la fronte sul tavolo.
“No, non è un’organizzazione governativa, diciamo che è al di sopra dei vari governi.”
“Quindi queste cose che fino ad un mese fa credevo fossero fandonie da cinema sono reali. Esistono solo queste?”
“No, ci sono vari tipi di creature, buone e cattive.”
Il rumore di una macchina nel vialetto di casa li distolse dalla conversazione.
Valentina andò alla finestra a controllare e dopo poco spalancò la porta.
“Cia…”
“Dov’eri?”
L’amica di Valentina, Stefania, era entrata come un tornado senza lasciarle il tempo di parlare e guardandosi intorno con aria da battaglia.
“Ero …”
“Luciano mi ha detto che c’era uno sconosciuto a casa tua e avevi il telefono spento, ti ho chiamato tutta la mattina.”
Lo sguardo della donna si fermò su di lui ed ebbe la netta impressione che lo stesse vivisezionando.
“Salve” disse lui timidamente “mi chiamo Michele Ambrosi e …” non riuscì a terminare la frase.
La donna aveva portato lo sguardo sull’amica e vedendo le fasciature era sbiancata, si era voltata di nuovo verso di lui dandogli la sensazione che lo avrebbe ucciso a breve.
“Tu … tu, bastardo, cosa le hai fatto?”
“No, Stefania, calmati, non è stato lui” disse Valentina intervenendo e bloccando l’amica da un braccio prima che si lanciasse a vendicarla.
“Le assicuro che non le farei mai del male” cercò di rassicurarla lui, ma c’era da metterle la museruola.
Lo guardava con occhi pieni di odio.
“Se scopro che c’entri qualcosa ti faccio a brandelli.”
Michele non aveva il minimo dubbio che ci avrebbe tentato.
“Stefania, ascoltami. Sono state quelle cose. Le ombre.”
“Stanotte?” chiese la donna voltandosi preoccupata verso l’amica.
“No, ho accompagnato il signor Ambrosi a fare un sopralluogo del Parco dei Mostri, è un giornalista” disse Valentina stupendolo. “E stupidamente l’ho portato nelle grotte.”
Stefania mise le mani sui fianchi espirando rumorosamente.
“Fammi capire bene, uno sconosciuto ti dice di andare a fare un giro al Parco, tu che sai che sei perseguitata da creature che vivono nell’oscurità lo porti a fare un giro turistico nel posto più buio che c’è qui intorno?” nonostante il tono calmo con cui aveva espresso la domanda, era ben chiaro il senso di rabbia e frustrazione che attanagliava la donna.
Valentina si fece piccola piccola e abbassò gli occhi.
“Non ci ho pensato …. Scusa.”
Mi chele poteva vedere quanto amore ci fosse tra le due, nel momento stesso che eseguì quel gesto di sottomissione e smarrimento l’amica la strinse forte in un abbraccio.
“Quanto sei pazza da uno a dieci? Secondo me cinquantadue! Mi farai venire un infarto un giorno di questi!”
Michele esalò un sospiro, apprezzava quella donna. Era molto saggia per essere un’umana.
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