La notizia dell’incidente occorso ad Eleonor mi giunse mentre ero ancora fuori a caccia. Qualcuno venne a dirmi, con dovizia di particolari, che mia sorella era viva per miracolo e ancora non si era ripresa dalla sua brutta avventura. Lasciai cadere arco e frecce e scappai via, correndo a perdifiato per un sentiero che mi avrebbe condotto a casa in breve tempo. Quando vi giunsi, la scena che si mostrò ai miei occhi mi tolse il respiro. Eleonor giaceva su un letto improvvisato nel centro di quella che era sempre stata la sala in cui io e la mia famiglia consumavamo i pasti: la sua pelle di alabastro aveva assunto un colorito cereo; quelle mani affusolate e mai stanche erano abbandonate ai lati del suo corpo che, per quanto perfettamente tornito, adesso sembrava affondare tra le coltri; il capo leggermente reclinato all’indietro svelava un completo abbandono ad un sonno che sembrava poter essere interminabile. Mi avvicinai cautamente, cercando di ascoltare il suo respiro ma non percepii alcun suono: solo un leggero movimento delle palpebre, strenuamente ancora chiuse, mi ragguagliò sul fatto che mia sorella fosse ancora viva. Allungai una mano per sfiorarle quella maschera impenetrabile che adesso era il suo viso, ma mi fermai appena prima della guancia e invece mi piegai su di lei, toccando appena con le mie labbra le sue, pregando silenziosamente che il calore del mio bacio potesse togliere dai suoi boccioli di rosa quel colore bluastro, acquisto recente.
Poi mi voltai verso mio padre. “Devo parlarti” – gli dissi. “Adesso”.
Il mio tono di voce non ammetteva repliche, quindi senza dire una parola lui mi accompagnò fuori dalla casa. Sapevamo entrambi quale sarebbe stato il discorso e anche le probabili implicazioni future.
“Pensavamo di essere al sicuro, ma come vedi ci siamo ingannati. Prima l’agguato a te, adesso lei.” Mio padre continuava a stare in silenzio, mi guardava ma in effetti non mi vedeva. Era lì fisicamente ma con la mente vagava in cerca di una plausibile risposta a quella domanda che sapeva sarebbe stata la prossima.
“Credi davvero sia stato un incidente?” Le mie parole gli arrivarono addosso come un colpo di scudiscio in pieno viso. Si girò su se stesso e dandomi le spalle, finalmente cominciò a parlare.
“Fearghal, tua sorella non c’entra niente con quello che ci è successo nel bosco. Il passato può avercela con noi ma non con lei. E’ una donna, è nata sotto altri auspici, fa parte di un mondo che ho tenuto lontano da ogni forma di violenza. La sua nascita mi ha emendato da ogni nefandezza, da ogni crudeltà di cui tu invece sei l’erede diretto. Il suo sangue è puro, come il suo spirito.”
Invece il mio no, pensavo tra me. Si è infettato nel momento stesso del concepimento, trasferendo sul figlio la colpa di un padre che non ha prestato fede al suo giuramento. Ed ora quello stesso figlio aveva fatto il primo passo verso un destino ignoto che recava con sé il sapore del sangue ed una promessa di non ritorno.
“Se tu vuoi credere alle bugie che preferisci raccontarti, accomodati pure ma non chiedere a me di farlo. Non aspetterò che Eleonor venga trascinata nello stesso abisso che ha inghiottito me. Che tu decida o meno di aiutarmi sono determinato ad impedirlo.” Scrollai le spalle e feci per allontanarmi, ma lui mi fermò con un gesto della mano e disse: “Forse potremmo proporle semplicemente di sposarsi. Cambierebbe nome, casa, famiglia spalancando le porte ad un futuro più roseo di quanto persino noi stessi potremmo mai offrirle. Una soluzione conveniente per tutti e che soprattutto non ci costringerebbe a raccontarle le nostre paure.”
“Va bene, ci rifletterò su. Adesso permettimi di andare da lei, per favore.” Lo lasciai a rimuginare sulla sua proposta e mi avviai di buon passo verso la casa. Mi sedetti accanto al letto di Eleonor e rimasi a vegliarla, gli occhi fissi sul suo volto a cogliere anche la più piccola variazione nel ritmo del respiro. Ero stremato ma lottavo comunque contro il sonno perché volevo pensare, dovevo farlo. L’ipotesi di mio padre non mi convinceva: anche se avessimo trovato un uomo di cui poterci fidare, non era pensabile che lui potesse stare con lei ogni minuto e quindi mia sorella sarebbe stata comunque una preda indifesa in balia di un destino che aveva impiegato solo pochi secondi a sconvolgere la mia vita per sempre. Inoltre, rimaneva il problema del carattere ribelle ed insofferente di Eleonor: come avremmo fatto a convincerla a sposarsi, lei che passava ogni momento libero a giocare con l’arco o ad allenarsi con Aidan? L’idea mi venne all’improvviso: forse la soluzione era proprio in quello stiletto che l’affascinava tanto. Se le avessi insegnato ad usarlo avrei potuto trasformare una potenziale vittima in una perfetta combattente. L’avevo vista all’opera e sapevo di cosa fosse capace, agile e veloce com’era, e proprio per questo quando mi avevano parlato dello scivolone in acqua non ero riuscito a credere alla teoria dell’incidente.
Stavo ancora pensando a come renderle plausibile il mio cambiamento di opinione nei confronti delle armi quando un piccolo movimento della sua mano mi richiamò alla realtà. Lentamente Eleonor aprì gli occhi, ponendo la sua palma aperta sotto la mia e stringendola piano. Il primo contatto in cui la sua pelle non mi sembrava più quella di uno spettro, il primo segno che forse il peggio stava davvero passando.
“Bambina mia, come ti senti?”
“Fearghal, ho fatto un sogno molto strano” – mi rispose lei con un filo di voce. “Ero sott’acqua, immersa in un blu cupo come quello del cielo quando sta per piovere. Mi sentivo stanca, avevo solo voglia di abbandonarmi per lasciarmi galleggiare quando all’improvviso mi sono sentita avvolgere. Non riuscivo a vedere niente ma era come se forti braccia mi sostenessero per non farmi andare ancora più a fondo. Eri tu, mio caro Fearghal? No, la sensazione che provavo era diversa. C’era amore in quelle braccia, ma non come quello che mi trasmetti tu. Percepivo una richiesta: era come se qualcosa volesse entrare in me per leggervi sensazioni, esperienze, sentimenti. Ho abbandonato ogni difesa, ed è stato come dissetarsi dopo una lunga astinenza, come colmare un vuoto con un’appartenenza mai provata prima. Uno scambio assolutamente equo, che mi fa venire i brividi solo a ripensarci, che mi ha legato ad un tutto al di là di me. E poi… per un attimo mi sono sentita amata ed ho amato a mia volta con tutta me stessa. Perché adesso mi trovo qui? Come ho fatto ad arrivarci?”
Bevvi le parole di Eleonor senza quasi respirare. Mi rendevo conto che pur avendo rischiato di morire in realtà non si era mai sentita in pericolo. Nella sua voce, mentre raccontava, non c’era paura ma anzi la dolcezza di chi rammenta a se stesso un momento di intimità appena trascorso ma già rimpianto. Non avevo mai sentito mia sorella parlare d’amore, né vista perdersi dietro al pensiero di un qualche uomo e invece adesso raccontava un episodio spiacevole della sua vita come fosse il resoconto di un idillio appassionato.
“Qualcuno ti ha vista cadere nel fiume e si è tuffato per riportarti a riva. Hai dormito molto, abbiamo temuto per la tua vita.” Dissi queste parole tutte d’un fiato, per lasciarmi il tempo di riflettere su quelle che aveva pronunciato lei. Un altro evento strano nella nostra vita.
Ma mi accorsi che Eleonor non mi ascoltava. Aveva chiuso di nuovo gli occhi e si era addormentata, le labbra appena dischiuse in quel sorriso languido proprio di chi sa sognare mondi incantati.
Chiamai a raccolta tutti i membri della mia famiglia, diedi loro la lieta notizia del risveglio di Eleonor e tenni per me il racconto del sogno. Ma più ci ripensavo, più mi convincevo che non poteva essere soltanto il frutto della sua mente. Io avevo conosciuto l’amore di una donna, placato la mia sete di tenerezza sul suo seno e affondato gli artigli della mia solitudine nella sua carne accogliente, ma Eleonor non aveva mai beneficiato di una tale esperienza. Pur tuttavia, quello che descriveva era l’abbraccio di un uomo innamorato. Non avrei potuto giurarci, ma secondo me mia sorella aveva superato il varco verso un mondo dal quale per chissà quale intercessione era uscita viva e del quale era meglio non parlare, almeno per il momento. Ma matrimonio o non matrimonio, le avrei insegnato come difendersi da sola. La decisione era presa ed Aidan, inevitabilmente, ne faceva parte.
(707)
Che suspence!!!!!!!!!!!