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Shameland – Capitolo 13: Lo scontro quasi finale

– ATTENZIONE: I CONTENUTI DI SHAMELAND SONO RIVOLTI A UN PUBBLICO DI MAGGIORENNI. –

Shameland è una storia ironica, dissacrante e spesso volgare. Mette a nudo l’indecenza del fantasy degli ultimi tempi e non ha paura di farlo nella maniera più dura e diretta possibile.

Questo disclaimer è d’obbligo sia per avvisare i deboli di cuore, sia tutti i nostri lettori non ancora in età da patente che forse è meglio che cambino articolo, prima di ritrovarsi davanti contenuti disturbanti o troppo espliciti.

È anche vero che da quando si trovano orde di fan in visibilio per il trono di spade, sembra che il sesso (esplicito), le stragi (con smembramenti) e il turpiloquio (gratuito) siano stati sdoganati nella letteratura, ma noi preferiamo avvisare lo stesso. Per questo motivo, proseguire nella lettura, rappresenta una implicita accettazione di questo avviso e dei contenuti che potreste trovare

Il Signore Oscuro™ camminò avanti e indietro per la sala del trono, il Prescelto™ era in ritardo. Controllò le telecamere di sicurezza dal tablet: non era ancora uscito dalla stanza dell’indovina gnocca.
“Ma dove diavolo è finito Alfonse? Mi serviva una tazza di caffè prima di cominciare… dannazione!”
«Alfooooonse!» chiamò, rimase in attesa a fissare le candele dei lampadari senza ricevere risposta. «Ma dove diavolo sei?»
Andò alla teca accanto al trono, la accarezzò, lasciando impresso il palmo della mano sul vetro.
«Tra poco non sarai più tutto solo» disse rivolto al cuscino di velluto rosso nella teca «avrai una nuova amica, lucida e splendente, e starete per sempre insieme!»
Aprì un cassettino sottostante e prese un panno in microfibra, ripulì il vetro dalla propria impronta e si andò a sedere sul trono di teschi e ossa.
“Ma quanto ci mette?” sbuffò, sbloccò il tablet e avviò l’app “Evil’s League”, aprì la classifica e si scoprì primo.
«Yes! Lo sapevo!» esultò, Voldemort era stato distanziato di diverse centinaia di punti ormai, e la competizione volgeva al termine. «Il mio piano geniale è stato un successo, non mi resta che far fuori il Prescelto™ e i suoi amici per avere la certezza matematica!» scoppiò in una risata malefica. Notò, però, che un certo giapponese stava scalando la classifica secondo dopo secondo, i suoi numeri erano da capogiro: aveva quasi raggiunto Joker al terzo posto.
“Bah, non credevo che il sushi avariato rendesse così tanti punti, a saperlo prima.”
Spense il tablet e lo posò sotto il trono, si sentiva la gola secca, avrebbe proprio avuto bisogno di una bella tazza di caffè.
“Dannazione, proprio nel momento più importante Alfonse decide di sparire.”

Cane Pazzo spinse la porta in legno della sala del trono. La navata centrale era illuminata da due grandi lampadari a candela, era separata dalle due laterali da file di colonne in marmo. Tra due di queste colonne, era appesa un gigantesco dipinto che raffigurava un uomo nudo sdraiato sul lato, intento a mangiare un grappolo d’uva.
Cane Pazzo scoppiò a ridere, aveva le palle più piccole dei chicchi d’uva.
Un tappeto rosso conduceva al cospetto del trono, posto in cima a tre gradini. Cane Pazzo ridusse gli occhi a due fessure quando incrociò lo sguardo del Signore Oscuro™, che stava spolverando il cranio di un teschio del bracciolo con aria annoiata.
Teschio di cazzo gli mandò una scossa lungo la spalla su cui era accoccolato.
«Era un tuo fratello? Lo vendicheremo» lo rassicurò, si avvicinò al trono con il fucile puntato.
«Prescelto™, ti…» il Signore Oscuro™ tossì, si piegò sullo scranno, sputacchiando. «Aspetta, aspetta…» alzò la mano in segno di scuse, tossì ancora una volta. «Fammela rifare.»
Si sistemò sul trono, diede un paio di colpi al pettorale della sua armatura dorata e accarezzò il teschio del bracciolo.
«Prescelto™,» sorrise «ti stavo aspettando.»
«Sei fottuto, Signore Oscuro!» sentenziò Glandalf. «Cane Pazzo, tira fuori l’agnello!»
Cane Pazzo portò la mano sotto la giacca ed estrasse l’agnello d’oro, lo alzò in alto davanti alla faccia del Signore Oscuro™.
«E ora che cazzo devo fare?»
«Io non farei nulla fossi in te…» il Signore Oscuro™ si alzò e scese i tre gradini con passo lento. Edward ululò e gli si avventò addosso con un balzo felino, le fauci pronte a serrarsi sulla gola della vittima.
«Non ti intromettere.» disse il sovrano di Shameland, soffiò, e il licavampitropo fu scaraventato contro il muro, incastonandosi in una colonna con le braccia e gambe spalancate.
Il Signore Oscuro™ si spolverò lo spallaccio dell’armatura d’oro, la faccia schifata.
«Lurido scarafaggio…»
«Cane Pazzo, colpiscilo!» Glandalf sollevò il pugno «solo chi porta l’agnello d’oro può farlo!»
Il Prescelto™ si girò: «se stai zitto lo faccio!» infilò l’agnello d’oro nella tasca e poggiò il calcio del fucile sulla spalla, chiuse l’occhio sinistro e col destro si avvicinò al mirino. Al centro delle quattro linee rosse inquadrò il sorriso glaciale dell’uomo più cattivo di Shameland, l’indice pronto a premere il grilletto.
«Aspetta!» lo fermò questi proteggendosi il viso con una mano, «non vuoi rivedere la tua cagna?»
Cane Pazzo, sollevò il dito del grilletto, ma mantenne la mira puntata.
«Di che cazzo stai parlando?»
«Il tuo caro amico Glandalf la tiene nel suo inventario dalla Palude dei morti viventi, non è vero, stregone?»
Come Pazzo spostò la mira su di lui. «È vero?»
«Non è vero! Non ascoltarlo!» si schermì.
«Ah no?» il signore Oscuro™ schioccò le dita, e uno strano oggetto bianco comparve nella sua mano, aveva due protuberanze nere e quattro tasti: uno blu, uno arancione, uno rosso e uno verde.
«Non ti dispiacerà quindi se uso il tuo pad?»
Lo stregone deglutì.
Il Signore Oscuro incominciò a premere i tasti e davanti a lui si materializzò un sacco di stoffa marrone, chiuso da una corda.
«Cos’è?» chiese Cane Pazzo.
«Scoprilo» in ghigno malvagio gli si allargò sul volto e con un calcio mandò il sacco ai piedi di Cane Pazzo.
«Non farlo!» gridò Glandalf.
Cane Pazzo si chinò sul sacco, poggiò il fucile sul pavimento nero e slegò il nodo. Dai lembi aperti fece capolino una creatura nera, puzzava di bruciato ed emetteva suoni bassi da quella che doveva essere la bocca. Una lacrima rigò il volto di Cane Pazzo.
«Vecchio bastardo!»
Afferrò il fucile e saltò in piedi. Sparò a Glandalf, il proiettile arrivò ad un palmo del naso dello stregone e devio; conficcandosi nelle palle dell’uomo del dipinto.
«Quello deve far male…» osservò il Signore Oscuro™, si avvicinò a Cane Pazzo e gli mise un anno sulla spalla.
«Ora dammi l’agnello d’oro e nessun altro si farà male.»
«Fanculo tu e questo coso del cazzo!» tirò fuori il cimelio magico e lo sbatté terra. Ringhiò e lo pestò con lo stivale più volte, fino a che non lo ridusse in polvere.
«C-c-che cazzo… com’è possibile?» il Signore Oscuro sbiancò, si portò le mani tremanti alla bocca e fissò impietrito ciò che restava dell’agnello d’oro.
«Ti piace, stronzo?»
Come Pazzo si inumidì il pollice con la lingua e raccolse un po’ della polvere, sbrilluccicava riflettendo le lance del lampadario. Si mise il dito in bocca e la succhiò: era dolce, molto dolce, gli piaceva. Ne prese un’altra ditata.
Lo stregone si chinò a fianco e assaggiò.
«È… zucchero…»
«Come sarebbe a dire zucchero, Glandalf?» il Signore Oscuro™ cadde in ginocchio, diventava sempre più pallido.
“Sembra un cadavere, gli manca solo un buco in fronte” pensò Cane Pazzo, gli offrì il proprio pollice ricoperto di polvere.
«Succhialo, è buona.»
«lo non ti succhio proprio niente!» gridò. «come cazzo è possibile?» si passò le mani tra i capelli impomatati. «Alfoooooonse!»
Cane Pazzo succhiò la polvere d’oro dal dito e ne offrì un po’ a Teschio di cazzo, che rifiuto con uno scricchiolio della mascella.
«Alfoooooonse!» chiamò di nuovo il Signore Oscuro. Le luci si spensero di colpo, facendoli piombare nell’oscurità. Cane Pazzo afferrò Teschio di cazzo e il fucile. «E adesso che cazzo succede?»
Ci fu il ronzio di cavi attraversati dalla corrente, e le parete alla loro destra si illuminò di bianco, che virò sull’arancione e poi sul verde. Le immagini, dapprima sfocate, divennero sempre più nitide. In primo piano comparve un volto verdognolo di un orchetto. Ghignava, mettendo in mostra i suoi denti gialli e marroni.
«Alfonse, cosa ci fai lì?»
«Il mio nome è Eriberto, stronzo» spostò li inquadratura alla propria destra e inquadrò un ciccione che ammirava un oggetto brillante nella propria mano. Dietro di lui, colonne di fiamme e fumo partivano dalla terra e si alzavano verso le nuvole nere.
«Fratello? cosa ci fai li?» esclamò il signore Oscuro.
Il ciccione sulla parete sorrise, e il suo doppio metro si accentuò.
«Fratello» disse «non è un piacere rivederti.»
«Perché hai l’agnello d’oro? e cosa ci fai sul Monte di Brodor?»
Il ciccione scoppiò a ridere, e con lui anche l’orchetto.
«Mio ingenuo fratello, non ci arrivi? Ti ho battuto. Non hai guardato la classifica di recente?»
«Sì, ma cosa…»
«No, no, no, no, no.» Il ciccione enfatizzo ogni “no” muovendo l’indice. «Se l’avessi fatto con attenzione, ti saresti accorto di un certo Cosuke Angl io guadagnava posizioni.»
«L’ho visto, ma non è quel giapponese del sushi avariato?»
Il ciccione scosse il capo. «È un anagramma, indovina per cosa sta.»
«Che cazzo è un anagrammo?» chiese Cane Pazzo, Glandalf gli fece cenno di tacere.
«Angelo Suck? L’italo-americano?»
«No!» il ciccione avvampò, il suo volto flaccido si tinse di rosso, come se riflettesse il fuoco del luogo in cui si trovava. «Sta per Suka Coglione! E indovina chi è?»
«Chi? il coglione?»
«Sono io!»
«Dai, fratello, non dire cosi, forse non sarai tanto sveglio ma…»
«Sei tu il coglione!»
«Io?»
«sì… Sono qui che posseggo il tuo agnello d’oro. Ho un infiltrato tra i tuoi orchetti. Vediamo se capisci chi è.» Il ciccione scoppiò a ridere di gusto.
«Basta, hai rotto il cazzo!» si intromise Cane Pazzo, e sparò in mezzo alla gola del ciccione, che rise ancora più sguaiatamente.
«Faremo i conti a tempo debito, Prescelto™…»
«Lascialo stare! Lui è il mio Prescelto™! Ho fatto molta fatica per averlo così!»
«Oh ma davvero è tuo? Di te, che non sei nemmeno in grado di prenderti cura della tua segretaria sexy?»
«Cazzo dici?»
«Sai dov’è?»
«Nel mio letto, ancora distrutta da ieri sera.»
«È morta da tre giorni.»
«Ma allora ieri che era…»
«Eriberto farebbe di tutto per la mia causa. Non immagini quanti Punti Malvagità si guadagnano a far scopare il proprio fratello con un orchetto.»
«Ma… non puoi! Tu sei l’arbitro!»
«Partecipare pur facendo l’arbitro… ecco che vale una bella vagonata di punti,» il ciccione gongolò-
«Ma è scorretto!»
«Fratello caro, si chiama Evil’s League, non “La magica gara fra personaggi rispettosi delle regole e del pensiero altrui.”»
Lanciò l’agnello d’oro in una colonna di fiamme.
«Adesso ti ucciderò, e la coppa Evil sarà mia!»
Il signore Oscuro™ era in lacrime. «Alfonse… con hai potuto.»
«Ho pisciato nel tuo tè oggi, Signore del-mio-culo™.»
La stanza fu inondata da luci rosse intermittenti. Il rumore di sirene martellava nelle orecchie, seguita da una voce di donna registrata che diceva: «Attenzione! Sorpasso imminente! Sterminare i buoni il più presto possibile!»
«On, mio caro fratello, addio. Mi occuperò del Prescelto™ anche da parte tua.»
«Nooooo!»
Glandalf afferrò Cane Pazzo. «Devi fare qualcosa, o sarà la fine!»
«Porca puttana» rispose il Prescelto™, staccò Teschio di cazzo dalla spalla. «Andrò lì e romperò il culo a quel ciccione. Poi lo romperò a te, e infine a quel coglione in ginocchio. Puoi teletrasportarmi, vecchio?»
Lo stregone annuì. «Quando sei pronto.»
Cane Pazzo indossò Teschio di cazzo e fu attraversato da un’ondata di energia e sete di sangue, si sentiva potente, ogni fibra del suo essere era attraversata da scariche elettriche.
«Lorrreto!»

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Shameland - Capitolo 12: I Tarocchi
Shameland - Capitolo 14: Il Trono di Trigliceridi
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