Seth

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La notte senza luna non era un problema per lui: come tutti i predatori notturni era in grado di gestire la situazione come se fosse giorno pieno. Il problema era la ferita alla spalla da cui continuava a fuoriuscire sangue.
L’ala destra cominciava a dargli grossi problemi, e rimanere in quota e gestire le raffiche di vento era sempre più difficile. Sapeva che sarebbe bastato trasformarsi per poter accedere ad un qualsiasi ospedale umano, ma quella cosa che gli avevano iniettato era un veleno molto potente per la sua razza e c’era solo una persona di cui poteva fidarsi.
Purtroppo era la stessa che avrebbe potuto ucciderlo appena messo piede nella sua dimora.
Una fitta lancinante allo stomaco lo fece piegare in due e cominciò a precipitare. Le ali si erano chiuse nello spasmo e vedeva, fra gli occhi socchiusi per il dolore, la terra avvicinarsi sempre di più.
Inspirando a fondo e con le ultime energie aprì le ali in tempo per evitare di spiaccicarsi sulle rocce, ma la vista ormai era annebbiata e fece l’ultimo pezzo del tragitto planando.
Si rese conto prima di perdere conoscenza, che era ruzzolato dentro l’antro fino alla caverna principale.
Lei era lì, con alcuni umani che spaventati erano saltati in piedi.
Scorci di vita, sangue, brandelli di carne, dolore si susseguivano davanti a lui senza un nesso logico. Sentiva il suo corpo tremare di freddo e qualcosa di caldo che lo avvolgeva, poi ripiombò nel buio. Ma solo per poco.
Anelava a quello stato di incoscienza totale in cui non avvertiva niente, invece erano i suoi ricordi a vegliare su di lui facendolo fremere di rabbia o piangere di paura.
Il dolore della prima trasformazione lo colpì come una schiacciasassi. Sentiva le ossa rompersi, le ali uscire strappando le carni. In quell’Inferno personale tutto era più violento, più doloroso; lo sapeva, se ne rendeva conto, ma non riusciva ad andar via.
Ogni tanto, stremato, si arrendeva al fatto che quella sarebbe stata la sua esistenza. Come Sisifo, costretto a ripetere lo stesso gesto per l’eternità, lui era stato condannato da qualche Dio a ripercorrere gli episodi drammatici della sua vita e a sentirne il dolore.
Quando era in questo stato di accettazione e disfatta il buio lo accettava, portandolo in un oblio senza sensazioni.
Fu proprio mentre era in questo stato di torpore che vide una luce, debole, che si avvicinava. Incuriosito l’aspettò, e questa si fece via via più grande, invadendo tutto il suo campo visivo, fino a quando si rese conto di aver aperto gli occhi.
“Non sono morto” disse in un sussurro compiaciuto.
“Purtroppo no” rispose una voce ben nota.
Lentamente Seth volse lo sguardo verso di lei, bellissima come sempre, e sorrise.
“Non ci provare nemmeno” disse lei, socchiudendo gli occhi.
“Non sto facendo niente” rispose lui con qualche difficoltà.
“Bevi” gli disse porgendo un bicchiere “prima ti riprendi e prima te ne vai” aggiunse alzandosi dalla sedia e oltrepassando una tenda che fungeva da porta.
Seth bevve con avidità: aveva la bocca riarsa. Il gusto della bevanda era orribile e sapeva che lo aveva fatto apposta.
Quando doveva far bere qualche suo intruglio in genere aggiungeva il gusto di mirtillo o fragola, per celare il vero sapore; con lui non aveva usato quella accortezza.
“Sta meglio?” sentì chiedere da una voce maschile.
“Si, si, non l’ho ucciso se è questo che stai chiedendo” rispose lei.
“Non l’ho nemmeno pensato.”
L’intimità con cui parlavano gli fece salire un nodo di gelosia dallo stomaco, mentre la belva cominciava a ringhiare nella sua mente.
“Avrei dovuto” disse lei “ora lasciami riposare, sono stati tre giorni di inferno”.
Nella sua mente immagini di lei stesa al fianco di un altro si susseguivano torturandolo, quasi più di quello che aveva dovuto affrontare per il veleno.
Era riuscito a sopravvivere lontano da lei solo nella consapevolezza che non avrebbe fatto avvicinare nessuno, o almeno crogiolandosi in quella pretesa. Solo ora si accorse che poteva essere andata diversamente, come aveva fatto avvicinare lui, magari lo aveva fatto con qualcun altro.
Dopo un tempo interminabile ad arrovellarsi la mente decise di appurare le sue supposizioni ed in caso uccidere quell’individuo nel sonno.
Non senza difficoltà riuscì a mettersi in piedi.
“Non dovresti farlo” quella voce maschile ora era un sussurro nel suo orecchio.
“Chi sei?” disse mentre la bestia ruggiva forte dentro di lui.
“Non sono nessuno.”
“Oh, per me sei pure troppo, dove sei?”
“Intorno a te, sono incorporeo. Perché vuoi alzarti? Non sei ancora guarito.”
“Incorporeo?” chiese interessato
“Si, le ho chiesto di poter rimanere per sempre qui ad ascoltare i suoi racconti e lei ha esaudito la mia preghiera.” rispose la voce con un tono di curiosità
“Quindi non hai un corpo” ribadì il Vanara.
“Non più” rispose con accettazione la voce.
Seth si sedette nuovamente sul letto con un sorriso soddisfatto.
“Ottimo.”
“Non capisco.”
“Non devi capire. Che sta facendo?” chiese in modo brusco.
“Dorme, ti ha vegliato per tre giorni, sopportando con te tutto quello che stavi vivendo”
Si sentì subito dispiaciuto, quello era il suo Inferno, e sapere che lei lo aveva condiviso lo faceva star male.
“Va bene coso, penso che dormirò anche io” disse mettendosi steso.
“Ottima scelta, posso farti una domanda prima?” chiese incuriosita la voce.
Seth annuì.
“Sei Seth il Vanara, vero? Colui che le ha spezzato il cuore.”
Il Vanara non rispose, si volse su un fianco e si impose di dormire.

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Oceanografa a tempo perso, grande lettrice che non disdegna dai classici agli ingredienti dei succhi di frutta. Nutre una grande passione per il Fantasy e in questo periodo, in particolare per il Weird. Avendo personalità multiple adora i GDR e sopratutto i GRV. Ha pubblicato il suo primo romanzo nel 2008, ma è ancora in cerca di un editore che la sopporti.
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