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Scrivere e riscrivere sempre (anche le ambientazioni)

Nei manuali di scrittura e nei consigli dei grandi autori si trova un concetto ricorrente: l’importanza della riscrittura.
Dopo che avete terminato la vostra prima stesura, fate passare un po’ di tempo (almeno un mese) e poi riprendete in mano il vostro “capolavoro” non semplicemente per correggerlo ed editarlo (fasi successive), ma per riscriverlo. Ciò non significa che dovete fare tutto da capo (anche se sarebbe preferibile), ma che quantomeno dovete rielaborare tutte le parti che non vi convincono, che sembrano avere uno stile stentato, che non scorrono alla lettura, ecc.
Questo difficilmente andrà a cambiare la trama del vostro romanzo, poiché quando qualcosa “è scritto”, o meglio, “immaginato” in un dato modo, diventa quasi impossibile mutarlo nella vostra mente. Un tale lavoro serve bensì esclusivamente per migliorare il testo dal punto di vista linguistico e stilistico.

Gli scrittori danno questo consiglio sui romanzi, ma oggi io vado oltre e vi dico all’incirca la stessa cosa anche per quanto riguarda l’ambientazione. Se avete seguito tutti i miei innumerevoli (e discutibili) consigli, vi troverete ormai con un grande ammontare di materiale che andrà a diventare la calce e le fondamenta della vostra trama. A questo punto però vi metto in guardia: non cominciate subito a scrivere.
Tutte le informazioni sulla vostra ambientazione probabilmente saranno un ammasso di note confuse. Vi sarete curati della loro logica interna, poiché questo è il principio con cui vi ho più assillato, ma non per questo è scontata la perfezione all’interno del vostro lavoro.
Vi consiglio di riprendere tutto questo materiale e riscriverlo, o almeno rileggerlo e ricorreggerlo, come un’unica opera inscindibile. Sicuramente troverete moltissimi punti dubbi, o oscuri, che vanno riempiti e sanati.

Nel corso di questo lavoro scoprirete un fatto curioso. Se avete una mente propensa e non vi siete ancora stancati di tutto ciò, vi accorgerete che negli “interstizi” della vostra ambientazione, oppure nelle correzioni, o magari in informazioni secondarie che sembravano di scarso valore, si annidano non solo molte trame per potenziali storie, ma si nascondono anche ulteriori elementi per arricchire ancor di più l’ambientazione o, addirittura, per stravolgerla con nuove regole e nuove logiche interne.
Nella riscrittura di un romanzo questo fenomeno raramente avviene, poiché si sta ricomponendo soltanto con parole nuove (e si spera migliori) quello che si era già immaginato, legato con forza alla trama. In una ambientazione invece avete costruito per definizione un ambiente, ma la vostra immaginazione è ancora libera di girarvi all’interno senza i paletti dettati dalla narrazione. (Quest’ultima frase mi ha appena fatto notare un fatto importante e curioso: sono più forti i limiti di una narrazione che quelli dell’ambientazione. La trama, una volta che vi ingabbia, vi costringe a delle regole, mentre un’ambientazione è sempre gestibile nei limiti di alcuni principi.)

Se dunque, mentre riscrivete la vostra ambientazione, vi accorgete che si aprono nuove possibilità inattese, non scartatele pur di seguire la vostra idea originaria. Molto spesso delle idee originarie nei libri rimane soltanto lo scheletro, mentre quello che emerge con il lavoro è di qualità superiore, poiché si è fatto strada tra le “montagne di ovvietà” che produce il nostro cervello. Come sempre, quello che conta, è essere innovativi, e perciò in questa fase di rielaborazione non preoccupatevi se vi accorgete che sta nascendo qualcosa di nuovo e interessante. È vero che forse dovrete ricominciare il lavoro quasi da capo a causa di queste idee, ma ne potrebbe valere la pena.

Per farvi un esempio di quanto sia utile la riscrittura e la rielaborazione anche nelle ambientazioni, vi citerò il solito Tolkien. Avete mai letto le raccolte dei “Racconti ritrovati”, “Racconti perduti”, ecc.? Quelle altro non sono che le prime stesure della sua ambientazione. Se le paragonate al “Silmarillion”, vi accorgerete che ciò che è rimasto molto spesso è soltanto lo scheletro delle idee, mentre l’evoluzione di queste ha portato a risultati sicuramente migliori.
Basti pensare al fatto che in origine il principale servitore di Melkor/Morgoth era Tevildo, il Principe dei Gatti, trasformatosi poi con le riscritture successive nel definitivo Sauron che tutti conosciamo (e che certo è preferibile a un gatto, per quanto cattivo possa essere il suddetto micio).

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Ha scritto il suo primo libro all'età di otto anni (un'orribile copia di Jurassic Park) e da allora non ha più smesso di sprecare inchiostro, nel tentativo di emulare i suoi inarrivabili punti di riferimento. Collabora con alcuni siti di interesse letterario, oltre a questo blog. Ha affrontato i misteri dell'autopubblicazione, alcuni premi letterari e una piccola pubblicazione in cartaceo, ma continua a scrivere continuamente per raggiungere il suo vero obbiettivo: scrivere continuamente.
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2 Comments

  1. Ottimi consigli! La cosa migliore che si possa fare è sempre una:
    dormirci su.
    Niente fretta, la notte si pensa (notte metaforica=quando si può pensare al libro, non si lavora etc etc…).
    Poi si immagina di scrivere.
    La notte si pensa (e si riscrive con l’immaginazione)
    poi si scrive 🙂

  2. avatar SaraIE ha detto:

    Per fare un esempio reale (forse però sconfinante con un’ossessione), lavoro su un determinato ciclo da ben sette anni. Il primo libro è stato pubblicato in tedesco quest’estate.

    Cosa voglio dire ancora che non sia stato detto? Non è detto che la trama non cambi e se capita, consiglio di seguire il cambiamento! Perché sto dicendo una follia simile, io, piccola, esordiente, in terra straniera? Non sono le trame spesso il nucleo dell’originalità, non vanno conservate proprio per questo?
    Non lo dico solo perché ho pubblicato proprio una storia che è cambiata.

    Faccio un esempio proprio per sottolineare l’importanza di essere flessibili davanti al cambiamento.

    Alcuni caratteri, prima legati a cliché e frasi che gli mettevo in bocca perché lo volevo/mi piacevano e basta, hanno vissuto una vera e propria metamorfosi.
    Cambiando radicalmente, tali personaggi a seconda delle loro capacità mi impedivano di realizzare determinate scene allo stesso modo della bozza scritta a mano.
    Dal punto di vista psicologico interagivano in tutt’altro modo con le scene chiavi della trama originale e ad un certo punto mi sono dovuta chiedere: è più importante la trama, e vanno riscritti i personaggi per farla progredire come la volevo da ragazzina, oppure va riscritta la trama e vanno valorizzati i personaggi che sono cresciuti fra le mie mani?

    La seconda domanda che mi posi fu rivolta a me stessa, alla mia, di psicologia. Ho sempre scritto perché mi piaceva farlo, ma soprattutto perché volevo esprimere un messaggio. Ero una ragazzina timida e chiusa e fra le righe dei miei romanzi invece mi aprivo al mondo intero. Se la trama cambiava, il messaggio alla parola “fine” sarebbe stato lo stesso? Ho ancora il bisogno di scrivere esattamente quel messaggio, o ho cambiato idea?

    *In tedesco diciamo: “Lunga la predica, breve il messaggio”.*
    Se vi trovate davanti a un cambiamento nella trama, non abbiate paura. La vita stessa è un continuo cambiamento e nelle mani di ogni singolo lettore, l’effetto delle vostre parole sarà comunque diverso.
    Scrivere riflette voi stessi, la vostra identità, anche quando lo fate “solo” per divertirvi. Se siete cambiati voi, non negate questa bella esperienza anche alle vostre trame.

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