Sussurri, sussurri e ombre.
Le sembrava di essere avvolta in pesante tessuto, l’aria era soffocante, faceva caldo e poi c’erano i sussurri.
Stava galleggiando in un oceano nero, incombente e asfissiante.
Non riusciva a vedere nulla intorno a lei, ma sapeva di non essere sola, quei sussurri arrivavano da ogni parte e mani che toccavano.
Dovevano essere mani, o qualcos’altro, qualcosa di viscido che le strisciava addosso.
Sentiva freddo nelle vene e ogni respiro era un rantolo.
Si udì un lamento soffocato e solo dopo che si concluse si accorse che era stata lei ad emetterlo. Aveva gli occhi aperti? Non riusciva a capirlo.
Si costrinse ad ascoltare i sussurri e quello che ne captò la fece rabbrividire ancora di più.
“Mangiamola, è nostra, mangiamola”
“La voglio assaggiare, fatemela assaggiare.”
“Paura, è piena di paura. Che buona, ne voglio ancora”
Grugniti e ansiti facevano da contorno alle voci che si accavallavano.
Marisa non capiva cosa stava succedendo, non ricordava dov’era o come fosse arrivata lì. Terrorizzata provò a muovere un braccio e si rese conto che era incatenata a qualcosa.
Con enorme sforzo aprì gli occhi, prima di poco, poi sbattendoli riuscì ad aprirli completamente, ma non cambiò molto. Intorno a lei le ombre guizzavano come fiamme, strisciandole addosso e intorno. Poteva vedere il fondo del luogo in cui si trovava come attraverso degli spessi occhiali scuri.
Va bene Marisa, calmati. si disse. Per prima cosa devi capire dove sei.
Facendosi forza si guardò attorno, era in un buco o una caverna, qualcosa del genere. Al posto dei muri vi erano terra e radici. Una fiaccola era appesa alla sua destra, ma le ombre che proiettava erano vive, non c’era altro termine per descriverle.
Mentre cercava vie d’uscita sentì un fremito attorno a lei, corrugò la fronte per capire e si accorse che erano le ombre.
Si stavano ritraendo ed erano spaventate, si erano spaventate.
Marisa pensò che era veramente buffo che fossero loro ad essere spaventate. Ma quale buffo le disse la sua mente, evidentemente c’è qualcosa che spaventa persino loro e non è una bella notizia.
Stava sperimentando una sorta di sdoppiamento della personalità, aveva sentito che ad alcune persone sotto forte stress era capitato, per poi degenerare in schizofrenia.
Quando hai finito il trattato di medicina magari potresti fare attenzione a cosa succede. Decise di dar retta al suo cervello e in effetti, dopo poco, nel suo offuscato campo visivo entrarono delle persone, due o forse tre, non riusciva a capirlo per via delle ombre che continuavano a muoversi come fossero onde di un mare burrascoso, ma i sussurri diventarono più bassi.
“Eccola” disse la prima voce.
Era molto profonda, rivelava autorità.
“Cosa le stanno facendo?” rispose la seconda figura.
“Niente di che, si stanno nutrendo, non la uccideranno”
“Ne sei sicuro? Ci serve.”
Ci fu una pausa. Marisa sperava che gli uscisse dalla bocca la raccomandazione per la sua incolumità.
“I miei piccolini hanno l’ordine di non ucciderla e non lo faranno. Piuttosto, gli altri?”
Il secondo uomo si schiarì la voce prima di rispondere.
“Il bambino dell’aria e la ragazza del fuoco sono sotto custodia del Conclave. La ragazza mi è sfuggita per un pelo, se la sono presi prima che potessi arrivarci.”
Altra pausa, sforzando gli occhi riuscì a vedere uno dei due uomini vicino alla torcia. Non riusciva a credere a quello che stava avvenendo, il tizio stava accarezzando un’ombra che fremeva sotto le sue mani.
“Sei stato negligente. Non avrai scusanti se non mi porterai il custode dell’acqua.”
“Ho fatto del mio meglio”
“Evidentemente non abbastanza”
“La custode dell’acqua non si è ancora rivelata. Nel frattempo sto organizzando un team per rapire quelli in custodia al Conclave.”
“Farai bene a non fallire, altrimenti finirai lì, tra le ombre.”
Detto questo andarono via, nonostante Marisa cercasse di gridargli contro.
Urlò con quanto fiato aveva in gola per farsi ascoltare, per farsi liberare, ma loro se ne andarono come se non fosse successo niente. Aveva la sensazione che le avessero levato le corde vocali, ma con orrore si accorse che erano le mani delle ombre che le tappavano la bocca impedendole di far uscire suoni articolati.
Le cose viscide tornarono a strusciarsi addosso e i sussurri crebbero di intensità. Stimò che ce ne fossero almeno un centinaio.
Ripensò a quanto avevano detto i due uomini e non aveva senso, se non la parte che sarebbe rimasta viva. Sapeva di essere la custode dello Spirito della Terra, lo sapeva già da un mese, quando in uno dei suoi rituali l’aveva richiamato come punto cardine per il cerchio magico e invece della solita sensazione aveva avvertito il tremore della terra in risposta.
Quindi aveva immaginato che anche gli altri Spiriti si fossero destati, come diceva la leggenda. Da quel giorno si era esercitata parecchio per riuscire a contenerlo e ad utilizzarlo, ma non era servito a niente evidentemente.
L’avevano catturata.
Il problema fondamentale era che non riusciva a ricordare come era successo. L’ultima cosa che ricordava era di essere andata a letto dopo il rituale della luna piena, che aveva festeggiato con la sua Congrega.
Marisa accantonò quei pensieri, doveva concentrarsi sul qui ed ora in modo da trovare una via di fuga. I due uomini erano usciti da una fessura nella grotta davanti a lei.
Se fosse riuscita a togliersi le catene e se fosse riuscita a sbarazzarsi delle ombre e se in quel cunicolo non c’erano ulteriori guardie allora sarebbe riuscita a scappare.
Troppi se.
Inoltre, ora come ora non aveva neanche la forza di allacciarsi le scarpe. Immaginò che le ombre servissero proprio a quello, a mantenerla in uno stato sfibrante di affaticamento in modo da non darle la possibilità di fuggire.
Rimaneva solo una cosa da fare, usare il suo potere per proteggersi da quelle sanguisughe in nero.
Marisa rilassati, inspira ed espira.
Il cervello o la sua doppia personalità stava cercando di suggerirle quello che l’altra sua parte terrorizzata non riusciva a fare. Si rese conto che se non si fosse calmata non sarebbe riuscita a far nulla, così cominciò con il rallentare il respiro e chiudere gli occhi.
Ci mise un po’ per calmarsi, ma quando il respiro era ormai equilibrato si ingiunse di non avvertire i tocchi sul suo corpo o i sussurri nelle sue orecchie.
Si estraniò dal momento, rifugiandosi nel suo luogo di meditazione, in un bel prato verde, pieno di fiorellini gialli e bianchi, dove un sole impareggiabile le scaldava le membra scacciando il gelo dalle ossa. Le nuvole bianche si rincorrevano nel cielo e lì niente la poteva disturbare.
Quando fu certa di essere abbastanza rilassata e concentrata cominciò a immaginarsi pianta, con le radici che scendevano nel terreno caldo per trovare nutrimento, dalle radici passò alla terra, scendendo sempre più in basso e sentendo tra le dita la compattezza delle zolle.
Quando fu dentro completamente chiamo a sé lo Spirito della Terra.
Due amorevoli occhi color castagna si aprirono davanti a lei, non ne ebbe paura, aveva già incontrato altre volte lo Spirito durante le sue meditazioni.
“Ho bisogno della tua forza e del tuo aiuto” disse con voce pacata rivolta allo Spirito.
Non ottenne risposta, ma uno sguardo intenso e vigile.
Avvertì le sue membra tremare e dopo un po’ un senso di liberazione al petto. Gli occhi si chiusero e lei tornò lentamente in superficie.
Quando fu nel suo prato inspirò tre volte e poi, focalizzandosi prima sui piedi e poi risalendo su per tutto il corpo ritornò allo stato vigile.
Si rese subito conto che era cambiato qualcosa, non sentiva più i sussurri e nemmeno le mani sul suo corpo.
Lentamente aprì gli occhi e fu come atterrare su un altro pianeta.
Si trovava all’interno di una sfera di terra, poteva vederla chiaramente perché al suo interno c’erano dei filamenti fluorescenti, forse ife di funghi o colonie di batteri per quanto ne poteva capire, ed era tutto intorno a lei. Alcune radici e foglie formavano un comodo giaciglio su cui era distesa. Purtroppo aveva ancora le braccia incatenate, ma le ombre non c’erano più.
Era da sola, protetta in un guscio dallo Spirito di cui era la custode.
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