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Recensione – L’isola del drago/Tehanu di Ursula K. Le Guin

Eccoci al consueto appuntamento con Ursula K. Le Guin. In questa recensione vi parlerò de L’isola del drago, uno dei libri più odiati della saga di Terramare. Infatti questo è stato lo scoglio principale dei lettori (a quanto mi dicono): se i primi libri tutto sommato li trovano interessanti, andando avanti con il ciclo tutto si fa più pesante e difficile da reggere. È davvero così? Nonostante le iniziali perplessità, sono riuscito ad apprezzare questo capitolo, pur rendendomi conto di come molti altri possano trovarlo noioso. La recensione non segnalerà gli spoiler in questo caso: sto cercando di adottare questa prassi per quei libri che fanno parte di un ciclo (se siete qui a leggere questo articolo, non dovete essere convinti!).

Tehanu - Lande Incantate

Titolo L’isola del drago
Autore Ursula K. Le Guin
Data 1990
Pubblicazione italiana 1992
Editore Longanesi/Nord/Mondadori
Traduttore Riccardo Valla
Titolo originale Tehanu
Pagine 226
Reperibilità Reperibile online e in libreria

Trama

L’isola del drago è un libro che riguarda il dopo. Che succede quando smetti di essere Arcimago e perdi tutti i tuoi poteri? Che succede quando diventi una donna di mezz’età, tuo marito è morto e i tuoi figli sono altrove? Che succede quando ormai le grandi avventure sembrano appartenere al passato? Ed ecco qui un romanzo, calmo e disteso, con pochi momenti concitati (concentrati perlopiù alla fine). La nostra Tenar, che era Arha ad Atuan, adesso è Goha nell’isola di Gont; la sua vita dopo essere stata sacerdotessa delle tombe è cambiata drasticamente.

Dopo la morte di Selce, agiato contadino della Valle di Mezzo, la vedova era rimasta nella fattoria. Il figlio andava per mare e la figlia si era maritata con un mercante di Valmouth; così lei era rimasta sola alla Fattoria delle Querce. La gente diceva che un tempo, nella terra da cui veniva, era una persona importante, e infatti il mago Ogion si fermava sempre alle Querce per salutarla; ma questo non voleva dire granché, dato che Ogion frequentava ogni sorta di nullità. Aveva un nome straniero, ma Selce l’aveva sempre chiamata Goha, che è il nome del piccolo ragno tessitore dell’Isola di Gont, dal caratteristico colore bianco. Un nome quanto mai adatto, sia perché lei aveva la pelle bianchissima ed era piccola, sia per la sua abilità nel filare tanto il pelo delle capre quanto la lana delle pecore. Così lei era adesso Goha, vedova di Selce e padrona di un gregge e di un pascolo, di quattro campi e di un frutteto che dava un buon raccolto di pere, di due case coloniche affittate a mezzadri, della vecchia casa padronale dalle pareti di pietra, costruita in mezzo alle querce, e della tomba di famiglia in cima al monte, dove Selce riposava, terra ritornata alla sua terra.

La vita di Tenar viene di nuovo scombussolata dall’arrivo della piccola Therru, una bambina che è stata buttata nel fuoco da dei banditi, e dalla morte di Ogion, storico magico dell’isola.

Credits by Leelian

Worldbuilding

L’ambientazione di Terramare mi è sempre stata molto cara; la Le Guin qui approfondisce alcuni aspetti, sia mitologici sia del quotidiano.

Celebi Sui draghi e sugli uomini

«Questa è la ballata che la donna cantò a Ogion. «Quando Segoy sollevò dal fondo del mare le isole del mondo, all’inizio del tempo, i draghi furono le prime creature che nacquero dalla terra e dal vento che soffiava su di essa. Così ci dice il Canto della Creazione. Ma la ballata della donna diceva anche che allora, all’inizio, draghi e uomini erano una cosa sola. Erano un solo popolo, una sola razza, con le ali, e parlavano la Lingua Vera. «Erano bellissimi, e forti, e saggi, e liberi. «Ma col tempo niente può essere senza divenire. Perciò, tra il popolo dei draghi, alcuni si appassionarono sempre più al volo e alla vita selvaggia, e si occuparono sempre meno del lavoro di creare, o di studiare e apprendere, o di case e città. Volevano solo volare sempre più lontano, cacciare e divorare le loro prede, ignoranti e spensierati, alla ricerca di una libertà sempre maggiore. «Altri draghi si disinteressarono del volo, e raccoglievano invece tesori, ricchezze, oggetti e conoscenze. Costruirono case, fortezze in cui chiudere i loro tesori, per poter passare ai figli tutto quel che possedevano, cercando sempre di aumentarlo. E cominciarono a temere i draghi selvaggi, che potevano arrivare in volo e distruggere tutto il loro amato tesoro, bruciandolo con un soffio di fiamma, per disinteresse e per ferocia. «Quelli selvaggi, invece, non avevano paura di niente. Poiché erano ignoranti e troppo temerari, non riuscivano a salvarsi quando quelli che non volavano li intrappolavano come animali e li uccidevano. Allora, altri selvaggi arrivavano in volo per dare fuoco alle loro bellissime case, per distruggere e per uccidere. Così i più forti, sia dei selvaggi sia dei saggi, furono i primi a uccidersi fra loro. «I più timorosi, invece, si sottrassero alla lotta, e quando non poterono più nascondersi, si allontanarono. Usarono le loro capacità di costruire per fabbricarsi delle barche, e fecero vela a est, lontano dalle Isole Occidentali dove i grandi draghi alati si facevano guerra tra le loro torri in rovina. «Così, coloro che erano stati insieme draghi e uomini cambiarono, divennero due popoli: i draghi, in numero sempre minore, sempre più selvatici, isolati dalla loro avidità e dalla loro collera nelle lontane isole delle Terre Occidentali; e gli uomini, sempre più numerosi nelle loro ricche città, che riempirono le Isole Interne e tutto il Sud e il Levante. Tuttavia alcuni di loro salvarono la conoscenza dei draghi, la Lingua Vera della Creazione, e questi sono oggi i maghi. «Ma tra noi ci sono coloro che sanno che un tempo eravamo draghi, e anche tra i draghi alcuni conoscono la loro parentela con noi. E questi dicono che quando da un unico popolo ne stavano derivando due, alcuni di loro, ancora in parte uomini e in parte draghi, ancora alati, non si recarono a est, ma a ovest, sopra il Mare Aperto, fino a giungere dall’altra parte del mondo. Laggiù vivono in pace, grandi bestie alate che sono insieme selvagge e sapienti, con la mente di uomo e il cuore di drago. E così cantò la pescatrice: Più a ponente del tramonto del sole al di là di ogni terra la mia gente ancora danza su un vento diverso da questo.

Dai primi quattro romanzi di Terramare è stato tratto un film Ghibli.

Celebi Quotidianità

Numerose sono le scene di vita quotidiana ritratte: possono riguardare il lavoro nei campi, i mestieri degli abitanti di Gont, le preoccupazioni di Tenar sul da farsi. Molte trovano queste scene noiose, io le ho trovate invece molto verosimi; trattano un argomento spesso glissato nei fantasy.

Era intenta a pettinare la capra nera per raccogliere la fine lanugine che poi lei stessa contava di filare e di portare al tessitore del villaggio che ne avrebbe fatto la stoffa leggera simile a seta, caratteristica dell’Isola di Gont. La vecchia capra nera era stata pettinata un migliaio di volte, e la cosa le piaceva: lei stessa spingeva in direzione contraria a quella del pettine. La lanugine di colore grigio scuro divenne pian piano una nuvoletta morbida e polverosa, e Tenar infine la mise dentro una rete; tolse alcuni cardi dalle orecchie della capra, come ringraziamento, e le diede affettuosamente una pacca sul fianco a barilotto. «Beeh!» fece la capra, e trotterellò via. Tenar uscì dal recinto e si diresse verso l’ingresso della casa, poi si guardò attorno per controllare se Therru giocava ancora nel prato. Muschio aveva insegnato alla bambina come intrecciare cestini d’erba, e la piccola, anche se non poteva usare bene la mano invalida, cominciava a imparare. In quel momento sedeva sull’erba del prato, con il lavoro sulle ginocchia, ma non lavorava. Guardava Ged.

Celebi Tradizioni dell’isola

«L’avete vista, la grande nave che è entrata in porto?» La casa di Ogion era orientata a nordovest, e da essa si scorgevano soltanto i promontori rocciosi all’imboccatura della baia, chiamati le Braccia della Rupe; tuttavia, da vari punti del villaggio, guardando lungo la ripida strada che conduceva a Porto Gont, si potevano vedere i moli e il porto. Quello di osservare le navi era un tradizionale passatempo di Re Albi. In genere c’era sempre almeno una coppia di vecchi seduta sulla panca dietro la bottega del fabbro, da cui si godeva la vista migliore, e anche se probabilmente, in tutta la loro vita, non avevano mai percorso le quindici miglia di curve e controcurve che portavano al Porto, guardavano l’arrivo e la partenza delle navi come se fosse uno spettacolo strano e insieme familiare, organizzato a loro esclusivo beneficio.

Celebi Espressioni popolari

Ecco una carrellata di proverbi da Earthsea (e non?).

Meglio essere squalo che aringa.

***

Se vengono come spioni, possono andarsene come curiosi.

***

La lingua di una donna è peggio di qualsiasi ladro.

***

Non possiamo fare niente per lui, penso, tranne che lasciarlo andare per la sua strada in modo che trovi sé stesso alla fine della corda cui è legato, come dicono a Gont…» E, d’un tratto, cominciò anche lei a non avere più corda: era talmente stanca che si sentiva girare la testa.

***

Debole come la magia delle donne, perfido come la magia delle donne.

Celebi Uomini, donne e potere

Le donne non ne escono bene da questo libro: continuamente svalutate e dipinte secondo classici stereotipi di genere. I maghi sono maschi, portano il bastone, sono virili, la loro magia è quella vera e giusta; le donne sono streghe, vecchie, poco raccomandabili, zitelle, la loro magia è poco efficace, più legata alla superstizione che al vero potere. Insomma la Le Guin dipinge un mondo in cui i maschi hanno il sopravvento e il ruolo della donna è limitato al cucinare, pulire, sistemare, tessere, lavorare nei campi… Quando torna il figlio di Tenar a casa, il marinaio, lei gli dice di aiutare a sistemare la tavola ma lui ribatte che è “compito da donna” (Ged in effetti però si rende sempre utile); in un altro caso un mago afferma che le streghe sono molto sagge, ma a modo loro. La discussione sul potere tra uomo e donna viene discussa spesso: in particolare zia Muschio parla di un potere “misterioso” relativo alle donne, ma la conversazione è poco chiara. Nonostante tutti questi pregiudizi, quando i maghi si riuniscono per confrontarsi sulla mancanza di un Arcimago su Earthsea, uno di loro parla di “una donna di Gont”; inoltre Therru sembra avere un ruolo importante nella questione, ma il finale è troppo frettoloso quindi forse non ho colto davvero il punto.

Personaggi

Celebi Tenar e Ged

Come ho accennato sopra, questi due personaggi si ritrovano ad affrontare l’età che avanza. Ged è sempre il solito solitario (adora portare le capre a pascolare), se possibile ancora più scontroso e taciturno dopo aver perso i poteri; Tenar lotta per i pregiudizi (la sua pelle non è quella tipica delle isole centrali, ma è bianca) e si occupa della piccola Therru.

Credits: Charles Vess

Celebi Zia Muschio

Uno dei personaggi che mi ha incuriosito di più è Zia Muschio: una vecchia strega che diventa amica, a poco a poco, di Tenar e Therru.

Zia Muschio era una donna severa, non sposata, al pari di molte altre streghe, e poco amante del sapone, con i capelli grigi legati in bizzarri nodi portafortuna, e gli occhi sempre rossi a causa del fumo delle sue erbe.

Celebi Therru

Credits: laurateresaleda

«Non le hanno nemmeno buttato sopra una coperta», aveva aggiunto. Aveva accelerato il passo. «L’hanno spinta nel fuoco ancora vivo», aveva detto. Aveva deglutito a vuoto, e si era passata la mano sulla faccia per togliere gli ultimi semi. Era rossa in volto. «Può darsi che ci sia caduta, ma, se avesse avuto i suoi cinque sensi, avrebbe cercato di salvarsi. Secondo me, l’hanno picchiata sino a farla svenire, e l’hanno creduta morta. A quel punto hanno cercato di nascondere ciò che avevano fatto, e allora…»

La bambina ha perso un occhio e una mano nell’incendio: è molto silenziosa (inoltre ha una voce parecchio rauca), obbediente e ama le storie. Si fida poco delle persone, a meno che non siano molto pazienti: zia Muschio le si affeziona subito, così pure Erica, la ragazza del villaggio un po’ debole di mente.

Credits: leandrotitiu

Conclusioni

Nonostante le premesse non entusiasmanti, L’isola del drago mi è piaciuto. Verso la fine ci sono dei momenti di tensione (i banditi che cercano di entrare in casa, la maledizione su Tenar quando torna verso casa di Ogion), però il finale mi ha lasciato perplesso (troppo rapido, alcune cose non sono nemmeno spiegate). Un libro “di mezzo” insomma, un ponte verso il libro finale della saga.

Voto: 7/10.

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Ho indossato il Cappello Parlante insieme a Harry, Ron e Hermione; ho consultato l'aletiometro con Lyra; ho partecipato alla creazione di Ea e sono stato invisibile con Bilbo; ho viaggiato con Ged su migliaia di isole, tra diversi mondi con Pug, e su diversi piani con Sita Dulip; sono stato un reietto con Shevek e ho cavalcato draghi con Dany; ho sghignazzato con Bartimeus e cavalcato su Aslan; ho intrapreso viaggi interminabili con Frodo, Tasslehoff, Sutty, Drizzt, Phèdre, Morgon... E sono ancora qui.

4 Comments

  1. avatar Marco ha detto:

    Completamente in disaccordo con quests recensione.
    Vero, è un romanzo “lento”, non c’è azione, ma è tipico di Ursula Le Guin “matura”. Che con Tehanu vuole fare ammenda dei peccati di gioventù commessi con i primi tre romanzi del ciclo Terramare. In Tehanu troviamo un Ged invecchiato ma saggio, ma i veri protagonisti sono le donne, quelle che in Terramare erano ancora o principesse in bisogno di essere salvate o streghe con poteri magici minori. Tehanu mostra il maschilismo della società, anche se ne mostra anche i primi cambiamenti. Il vecchio Ogion nei suoi ultimi giorni di vita vuole Tenar accanto a sè e ne predice il suo futuro, un futuro di cambiamenti dove Tenar è la figlia adottiva Tehanu ne saranno la chiave. Occorre aspettare il seguito, The Other Wind, per sapere la fine della storia e vedere le due donne cambiare il mondo.
    Ho amato la seconda trilogia (il secondo libro è una raccolta di racconti) forse ancora di più della prima. Ged qui è solo un vecchio saggio e ha una parte minore, ma viene mirabilmente descritto da Ursula Le Guin, dimostrando tutto l’amore e l’affetto che ha per questo personaggio.
    Tehanu va assolutamente letto, ma è solo l’inizio della fine, che si conclude con The Other Wind.
    Scusate se ho mischiato i nomi un po’ in italiano e un po’ in inglese, ho letto Le Guin solo in originale.

    • avatar Alessandro Zuddas ha detto:

      Ho letto questo libro (e tutto il ciclo) troppo tempo fa per ricordare a dovere tutti i dettagli.
      Nella mia memoria però questo libro è quello che ha lasciato di meno e quindi non ritengo di poter commentare in maniera argomentata.

      Mi sento però di voler ringraziare Marco per questo commento. Sono rari i commenti che vanno in disaccordo con le recensioni e che, argomentando, forniscono spunti di discussione diversi dal solito

    • avatar Nymerios ha detto:

      Ciao Marco, non ho ben capito con cosa sei in disaccordo.
      Io da recensore devo essere il più possibile obiettivo, quindi se il libro è lento devo dirlo (d’altronde lo riconosci pure tu). Ursula Le Guin è la mia scrittrice preferita, vorrei leggere e recensire tutti i suoi libri a poco a poco… e devo riconoscere che questo in particolare ha un “calo”, dovuto alla trama stessa (che parte dopo un po’).

      Sì, questo libro e quello dopo sono molto collegati, ma io questo sto recensendo e di questo devo parlare. Quando ri-leggerò pure l’ultimo farò le dovute considerazioni.

      Ho cercato di spiegare perché mi è piaciuto Tehanu: l’attenzione al quotidiano, le preoccupazioni di Tenar, la vecchiaia, la narrazione lenta… sono tutte cose che io adoro, ma mi rendo conto che un lettore abituato all’azione storce il naso e si annoia. E se è vero che Ursula in generale è lenta, questo libro è più lento rispetto ai precedenti (per dire, Le tombe di Atuan mi hanno angosciato e tenuto in allerta tutto il tempo). Un lettore che apprezza Ursula va fino in fondo, altri invece si fermano a questo punto. Per me è un peccato, ovviamente!

      • avatar Marco ha detto:

        Il mio disaccordo è sul fatto che il romanzo pecchi ancora di “maschilismo”, mentre è invece un romanzo di transizione. Il Terramare della prima trilogia è un classico del fantastico degli anni in cui fu scritto, quindi è normale che i protagonisti principali siano maschi (anche se Le Guin ruppe i canoni mostrando un personaggio principale di pelle scura , anche se solo di sfuggita temendo un rifiuto dei lettori). Riprendendo la saga, Le Guin ne approfitta per tornare a uno dei suoi temi più cari, ossia la parità dei sessi, ma lo fa alla sua maniera, non in tono plateale, non buttandolo in faccia al lettore. In Tehanu vediamo il cambiamento, che si compirà nel successivo romanzo.
        Chiedo scusa se non sono stato chiaro. Il mio messaggio è risultato più negativo di quanto volessi esserlo, di fatto amo Le Guin, che ho scoperto solo da adulto, quanto voi e non mi stanco mai di parlarne.

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