Sono costretto a parlare perché gli uomini di scienza hanno deciso di ignorare i miei avvertimenti senza approfondirne le ragioni. Contro la mia volontà, dunque, esporrò i motivi per i quali mi oppongo alla prevista invasione dell’antartico, e in particolare alla ricerca di fossili su larga scala, alla fusione delle antiche calotte polari e all’interruzione della sterminata monotonia di quelle regioni. La mia riluttanza è acuita dalla consapevolezza che, con tutta probabilità, i miei avvertimenti cadranno nel vuoto. Dubitare dei fatti che rivelerò sarà inevitabile, ma se eliminassi dal mio resoconto ciò che può sembrare incredibile o stravagante, non rimarrebbe nulla.
“Le montagne della follia” è un romanzo dello scrittore americano H.P. Lovecraft pubblicato nel 1936. E’ un horror fantascientifico in cui una spedizione nell’Antartico si trasforma in una sequela di inquietanti ed enormi scoperte.
Howard Philips Lovecraft nasce il 20 Agosto del 1890 e muore nel marzo 1937. E’ universalmente riconosciuto come uno dei grandi padri dei generi Horror e Weird e deve la sua fama soprattutto alle riviste pulp. Lo scrittore americano è originario della città di Providence, dove trascorse gran parte della sua vita. Lovecraft era un solitario con poche esperienze sociali e dotato, pur avendo abbandonato la scuola già nel 1908, di vastissime conoscenze nel settore della linguistica, dell’astronomia e della mitologia.
Dopo la morte dell’iperprotettiva madre, Lovecraft sposò la giornalista dilettante Sonia Greene e si trasferì con la nuova moglie nella città di New York. Tuttavia, il matrimonio era destinato a durare poco, anche a causa del razzismo e del nazionalismo dello stesso Lovecraft, che mal sopportava una città multietnica come la Grande Mela. Lo scrittore rientrò nell’amata Providence nel 1926.
Lovecraft manteneva una fitta corrispondenza ed amicizia con altri scrittori di rilievo, come Robert Bloch, Clarck Ashton Smith e Robert E. Howard, autore della celebre serie fantasy-eroica “Conan il Barbaro”. Inoltre, il solitario di Providence su fortemente influenzato da scrittori come Edgar Allan Poe e Lord Dunsany.
L’opera più significativa di Lovecraft è il cosiddetto “Ciclo di Cthulhu”, termine coniato da August Derleth, una serie di romanzi brevi e racconti che fanno riferimento ad ere precedenti allo sviluppo dell’umanità sulla Terra, a culti innominabili e segreti, a razze aliene ed incomprensibili ed ai loro dei, i Grandi Antichi. Il ciclo inizia con il racconto “Dagon” del 1917 e termina con il racconto “L’abitatore del buio” del 1935.
Lovecraft morì a causa di un cancro alla parte bassa dell’intestino nel 1937. La sua lapide, eretta grazie al contributo di appassionati da tutto il mondo, reca la scritta “I AM PROVIDENCE”, una citazione dalle lettere dello scrittore.
Il professor William Dyer, geologo presso l’università Miskatonic in Massachusetts, narra il romanzo in prima persona. Lo studioso racconta di aver partecipato ad una spedizione scientifica nell’Antartico. Durante la spedizione, il gruppo di scienziati guidati da Dyer scopre una catena di montagne più alte dell’Himalaya e antiche rovine di una civiltà misteriosa, mentre un altro gruppo di uomini, guidati dal Professor Lake, rinviene i corpi di quattordici creature misteriose, dotate di caratteristiche fisiche non conformi allo sviluppo biologico terrestre (gli organismi non sono ne piante ne animali). Inoltre, otto di esse si sono conservate in maniera misteriosamente impeccabile.
Dyer perde i contatti con il gruppo di studiosi di Lake e decide, perciò, di tornare all’accampamento. L’accampamento sembra abbandonato e dovunque vi sono corpi di cani e di uomini brutalmente uccisi. I corpi degli esseri danneggiati sono stati seppelliti sotto cumuli di neve a forma di stella, un uomo ed un cane sono spariti, così come gli otto organismi ben conservati.
Dyer ed uno studente di nome Danforth sorvolano le montagne antartiche a bordo di un elicottero: i due scoprono che dietro di esse vi sono costruzioni conoidali in uno stile architettonico sconosciuto alla civiltà umana. Visitando uno degli edifici e leggendo i geroglifici in esso contenuti, gli scienziati scoprono che le creature rinvenute da Lake non sono altro che gli esemplari di una specie aliena che viaggiò sulla terra subito dopo il distacco della luna e che creò la vita con l’ausilio di schiavi mutaforma chiamati shoggoth. Dyer scopre che gli alieni (chiamati “Antichi”) sono ancora in vita e rinviene i corpi dell’uomo e del cane scomparsi all’interno della città.
Dyer e Danforth sono respinti e costretti a tornare sul loro aereo da uno shoggoth e, durante il volo, il Professore vede qualche cosa che compromette gravemente la sua sanità mentale e che si rifiuta di descrivere. Dyer conclude che la fiorente civiltà degli Antichi è stata compromesse da una ribellione degli shoggoth e che è necessario evitare a tutti i costi una nuova spedizione nell’Antartico.
William Dyer: narratore del romanzo e professore di geologia all’Università Miskatonic del Massachusetts. E’ il responsabile della spedizione in Antartide del 1930-31, che cambierà radicalmente la sua concezione della storia della civilizzazione umana.
Danforth: uno studente presso l’Università Miskatonic nel Massachusetts. Danforth accompagna il Professor Dyer, volando in elicottero sopra la Piana di Leng. Ama i romanzi dell’orrore e le “letture bizzarre”. Perderà l’uso della ragione dopo aver assistito ad un evento particolare.
Frank Pabodie: un membro del dipartimento ingegneristico dell’Università Miskatonic del Massachusetts. Pabodie è l’inventore del trapano, particolarmente innovativo, che sarebbe dovuto essere usato durante gli scavi.
Lake: Professore di biologia presso l’Università Miskatonic del Massachusetts. Lake è il primo a scoprire le Montagne della Follia durante la spedizione in Antartide e le strane creature congelate, che chiama “Grandi Antichi”. Lake rimane ucciso insieme agli altri studiosi nell’accampamento.
Atwood: Professore di Fisica presso l’Università Miskatonic del Massachusetts e meteorologo. Atwood rimana ucciso presso l’accampamento.
I Grandi Antichi: creature aliene che giunsero sulla terra poco dopo il distacco del satellite Luna. I Grandi Antichi sono responsabili della creazione della vita sul pianeta Terra. Sconfitti dai loro stessi schiavi, gli spaventosi shoggoth, dormono ancora nascosti nelle regioni remote del mondo. Il loro nome deriva dal libro occulto “Necronomicon”.
“Le montagne della follia” è forse l’unico tentativo mai portato a termine da H.P. Lovecraft di scrivere un romanzo d’avventura e lo si può inquadrare più sotto il genere fantascienza che sotto il genere horror: la scienza, infatti, assume un ruolo preponderante all’interno della trama. Lovecraft, grazie all’utilizzo di un particolare lessico ed alla narrazione in prima persona da parte di Dyer, riesce a creare un grande senso di tensione, che come al solito rimane disatteso (cosa hanno visto Dyer e Danforth? Non lo sapremo mai..). Inoltre non vi è un vero e proprio sviluppo dei personaggi o una trama complessa: l’unica cosa a cui l’autore sembra veramente interessato è narrare il mito dei Grandi Antichi. In definitiva questo romanzo ha troppi dettagli, poca azione e quasi nessuna emozione di fondo: il lettore finisce per annoiarsi a morte, anche se una storia che parla di alieni che si nascondono nell’Antartico e di antiche civiltà non dovrebbe fare questo effetto. La prosa assolutamente “poco professionale” di Lovecraft può risultare indigesta al pubblico moderno: le descrizioni interminabili farcite di aggettivi distolgono il lettore dalla storia e lo lasciano con l’amaro in bocca. Si può definire “Le montagne della follia” come un romanzo che costituisce un tassello fondamentale nel ciclo di miti creati da Lovecraft e che, tuttavia, potrebbe risultare ben poco affascinante al lettore che non apprezza lo stile particolare del solitario di Providence.
Il fantasy scientifico, nato negli anni ’50, è un sottogenere del fantasy che mescola elementi ricavati dal fantasy classico con quelli della fantascienza. Un esempio di romanzi di questo genere è la saga di “Queste oscure materie” di Philip Pullman, oppure i libri di Naomi Novik e Anne McCaffrey. Molto spesso risulta difficile stabilire una linea di demarcazione tra il fantasy scientifico e la fantascienza: si può differenziare i due generi sostenendo che la fantascienza esplora tecnologia che vengono almeno teoricamente ritenute possibili (come, per esempio, i viaggi nel tempo) mentre il fantasy scientifico sviluppa i tropi fantascientifici in un’ambientazione dove è presente anche la magia. Molto spesso i romanzi fantasy scientifici rimangono focalizzati sullo sviluppo dei personaggi, mantenendo gli elementi magici nel background. Frequentemente, inoltre, non vi è una separazione netta tra la fantascienza “morbida” (cioè quei romanzi fantascientifici dove la tecnologia è solo un elemento della trama e non il suo perno centrale) e il fantasy scientifico. Un esempio è la celebre serie di film “Star Wars”, che può facilmente venire collocata in entrambe le categorie.
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