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Recensione – L’Apprendista Assassino di Robin Hobb

Fanucci ripropone in un nuovo formato un classico della narrativa fantasy, l’Apprendista Assassino di Robin Hobb, primo libro della trilogia dei Lungavista.

L'Apprendista Assassino - Lande Incantate

Scheda del libro

Titolo L’Apprendista Assassino
Autore Robin Hobb
Data 1995
Pubblicazione italiana 2003
Editore Fanucci
Traduttore Paola Bruna Cartoceti
Titolo originale Assassin’s Apprentice
Pagine 471
Reperibilità Reperibile online e in libreria

Trama

flareon La storia di un bastardo

L’Apprendista Assassino segue le vicende di Fitz, un bastardo figlio del re-in-attesa Chevalier e una donna di cui non si conosce l’identità. Fitz viene educato e addestrato in molteplici ambiti: dal combattimento alla cura degli animali, dal leggere e scrivere al galateo. L’addestramento più importante però viene da Umbra, che gli insegna il mestiere dell’assassino. Fitz così impara ad osservare ed ascoltare, a muoversi silenziosamente e senza farsi vedere, a fare resoconti dettagliati della giornata, a conoscere i punti vulnerabili del corpo umano, e a conoscere ogni forma di veleno e il modo in cui agisce. Sta a Fitz di volta in volta decidere come agire nelle varie circostanze: una situazione conflittuale può essere risolta con la diplomazia o la morte di un personaggio scomodo? Vedere Fitz che si scervella per trovare una soluzione è interessante. In ogni caso, c’è una gran quantità di intrighi e misteri di corte da sbrogliare: solo poco verrà alla luce alla fine di questo libro. La Hobb ha costruito una saga davvero lunga su cui dipanare questa trama!

flareon Una scena che ho amato

Una delle sfide più importanti che Umbra propone a Fitz è quella di prendere “in prestito” un oggetto dalla camera del Re, notoriamente ben sorvegliata. Fin da subito questa missione mette in crisi il piccolo Fitz: come può essere un uomo leale al Re, se si intrufola nella sua stanza a rubare oggetti? Ebbene: il modo in cui risolve la faccenda è brillante. Non è importante in sé come scena ai fini della trama, ma la metto sotto spoiler a prescindere.

Mostra risoluzione della missione

lucy hale I love it

flareon La Forgiatura

Re Sagace deve affrontare una minaccia concreta per i Sei Ducati: l’assalto e le razzie da parte dei Pirati delle Navi Rosse. Questi Pirati, dopo aver depredato i villaggi, rapiscono degli ostaggi, mandando un messaggio preciso: se si paga il riscatto, li uccidono; se non si paga, li riportano indietro. Questa minaccia può apparire bizzarra se non si conoscono le condizioni in cui tornano questi poveri abitanti. Essi diventano “forgiati”, privati in qualche modo della loro umanità.

«Che cos’hanno che non va? Che è successo?»

Io lo sapevo.

Tutte le trame che scorrono avanti e indietro fra le persone, i legami da madre a figlio, da uomo a donna, tutte le relazioni che si estendono ai parenti e ai vicini, agli animali da compagnia e da cortile, perfino ai pesci del mare e agli uccelli dell’aria – tutte, tutte erano scomparse.

Per tutta la mia vita, senza saperlo, ero dipeso da quei fili di sentimenti per capire quando altri esseri viventi erano nelle vicinanze. I cani, i cavalli, perfino i polli li manifestavano, come gli umani. E così potevo alzare lo sguardo all’uscio prima che Burrich entrasse, o sapere che c’era un altro cucciolo appena nato nello stallo, quasi sepolto sotto la paglia. Così mi svegliavo quando Umbra apriva la porta. Perché potevo percepire le persone. E quel senso mi avvertiva sempre per primo, mi faceva sapere di usare anche gli occhi e le orecchie e il naso, per capire che cosa stessero facendo.

Ma quelli non emanavano alcun sentimento.

Immaginate l’acqua senza peso o umidità. Così erano per me. Spogliati di ciò che li rendeva non solo umani, ma vivi. Era come se vedessi le pietre levarsi dalla terra e litigare e borbottare l’una con l’altra. Una bambina trovò un vaso di marmellata, vi affondò il pugno e ne tirò fuori una manata da leccare. Un uomo adulto abbandonò la pila di stoffa bruciacchiata in cui stava frugando e la raggiunse. Afferrò il vaso e spinse via la bambina, incurante delle sue grida furibonde.

Nessuno si mosse per interferire.

Stile

La storia viene narrata in prima persona da Fitz, come se raccontasse la sua vita a posteriori. Lo stile di per sé non è malvagio: non ci sono salti di PoV, gran parte delle scene sono mostrate e ogni tanto ci sono infodump più o meno lunghi. Il problema principale è la lentezza, e ne parlo nel paragrafo apposito.

 flareon Il più grande problema di Robin Hobb

Il libro è lento, lento all’inverosimile. Questo può essere scoraggiante all’inizio: solo a pagina 80 mi sono sentito più coinvolto nella storia, ossia quando Fitz inizia l’apprendistato come assassino. La Hobb si dilunga mostrando scene su scene del quotidiano: a me piace in generale il quotidiano, ma all’ennesima scena in cui Fitz pulisce la stalla o striglia la cavalla storco il naso. Si sarebbero potute sfrondare un centinaio di pagine e il libro ne avrebbe beneficiato. Vi faccio un esempio a caso di una parte noiosa… la metto sotto spoiler per la lunghezza e perché è verso la fine del libro. Chiaramente non tutto questo pezzo è trascurabile, ma una buona parte poteva essere sintetizzata meglio.

Mostra parte noiosa

lana non me ne freg un cazzo

Worldbuilding

Sei ducati - L'Apprendista Assassino - Lande Incantate

La storia è ambientata nei Sei Ducati, principalmente a Castelcervo, sede della corte del Re. L’ambientazione dei Sei Ducati è ben curata nel complesso, ma poco originale; direi che non si discosta dal fantasy classico medievale/cavalleresco.

flareon Magia: lo Spirito e l’Arte

La magia è uno dei punti forti ed è particolarmente originale: viene spiegata poco ma mostrata spesso nei suoi effetti (tuttavia non sempre chiari).

Lo Spirito viene spiegato all’inizio da Burrich al piccolo Fitz…

«Lo Spirito» cominciò lentamente. Il suo viso si fece torvo, e lui si guardò le mani come ricordando un antico peccato. «È il potere del sangue della bestia, proprio come l’Arte viene dal lignaggio dei re. Comincia come una benedizione, perché ti permette di comunicare con gli animali. Ma poi ti prende e ti trascina in basso, ti rende una bestia come loro. Fino a quando non rimane in te neanche un brandello di umanità, e tu corri e agiti la lingua e assaggi il sangue, come se il branco fosse tutto quello che hai mai conosciuto. Fino a quando nessuno potrebbe guardarti e pensare che tu sia mai stato un uomo.» La sua voce aveva continuato ad abbassarsi mentre parlava, e non mi guardava, ma si era rivolto verso il fuoco e fissava le fiamme morenti. «Alcuni dicono che a quel punto un uomo prende la forma della bestia, ma uccide con la passione di un uomo piuttosto che con la semplice fame della bestia. Uccide per uccidere…

«È questo che vuoi, fitz? Annegare il sangue regale che è in te nel sangue della caccia sfrenata? Essere una bestia fra le bestie, semplicemente per la conoscenza che questo ti permette? Pensa anche solo a quello che succede prima. L’odore del sangue fresco ti cambierà il carattere, la vista della preda annullerà i tuoi pensieri.» La sua voce divenne ancora più tranquilla, e io sentii il disgusto che provava mentre mi chiedeva: «Ti sveglierai febbricitante e sudato perché da qualche parte c’è una cagna in calore e il tuo compagno la sente? Sarà questa la conoscenza che porterai nel letto della tua signora?»

L’Arte viene spiegata in più punti nel libro, ma la descrizione più dettagliata si ha all’inizio del capitolo 15 (ogni capitolo ha una breve introduzione in corsivo in cui si danno informazioni su qualche aspetto dell’ambientazione).

L’Arte, nella sua forma più semplice, consiste nella trasmissione del pensiero da una persona a un’altra. Può essere usata in vari modi. In battaglia, per esempio, un comandante può comunicare semplici informazioni e ordini direttamente ai suoi subordinati, se sono stati addestrati a riceverli. Un potente adepto dell’Arte può usare il suo talento per influenzare anche le menti non addestrate come quelle dei suoi nemici, infondendo in loro timore o confusione o dubbio. Pochi hanno tanto talento. Ma chi è incredibilmente dotato nell’Arte può aspirare a parlare direttamente con gli Antichi, coloro che si trovano appena al di sotto degli dèi. Pochi hanno mai osato farlo, e ancora meno hanno ottenuto quello che chiedevano. Tramite l’Arte un uomo è in grado di fare domande agli Antichi, così si dice, ma potrebbe ottenere risposta non alla domanda che ha posto, bensì a quella che avrebbe dovuto porre. E quella risposta può essere tale che non si può udirla e vivere. Poiché quando si parla con gli Antichi l’uso dell’Arte è più dolce e più pericoloso. E ogni praticante dell’Arte, debole o forte, deve sempre stare in guardia contro questo rischio. Infatti usando l’Arte il praticante prova un’intensità vitale, un sollevarsi dell’essere, che può distrarlo dal trarre il successivo respiro. Potente è questo sentimento, perfino negli usi più comuni dell’Arte, e conduce alla dipendenza, se l’intento non è forte. Ma l’intensità di questa esaltazione quando si parla con gli Antichi è qualcosa per cui non abbiamo paragone. Sia i sensi che la coscienza possono essere strappati per sempre a un uomo che usi l’Arte per parlare con gli Antichi. Quell’uomo muore pazzo, ma è anche vero che muore pazzo di gioia.

Questa spiegazione sulle due forme di magia è necessariamente riduttiva: si lascia intuire abbiano anche altri aspetti.

flareon La Leggenda del Butterato

Giusto per darvi un accenno di quelle che sono le credenze popolari nei Sei Ducati, eccovi una descrizione del Butterato.

Il Butterato è una figura ben nota nei racconti popolari e nelle tragedie dei Sei Ducati. È ben povera la compagnia di marionette che non possieda una marionetta del Butterato, non solo per i suoi ruoli tradizionali, ma anche come presagio di disastro nelle produzioni originali. A volte la marionetta del Butterato viene semplicemente mostrata sullo sfondo, per dare una nota sinistra alla scena. Nei Sei Ducati, è un simbolo universale.

Si dice che le radici della sua leggenda risalgano ai primi abitanti dei ducati; non alla conquista da parte dei Lungavista delle Isole, ma addirittura alla colonizzazione più antica. Perfino gli Isolani conoscono una versione fondamentale della leggenda. È una storia di avvertimento, della collera di El, il dio del mare, quando viene dimenticato.

Quando il mare era giovane, El il primo Antico, credeva nella gente delle isole. A loro donò il suo mare, e con esso tutto ciò che vi nuotava, e tutte le terre che il mare toccava dovevano essere loro. Per molti anni, la gente fu grata. Pescava nel mare, viveva sulle sue rive dove lo desiderava, e depredava chiunque altro avesse osato dimorare dove El aveva concesso loro di regnare. Anche coloro che si azzardavano a navigare nel loro mare erano una preda legittima. Il popolo prosperò e crebbe robusto e forte perché il mare di El era come uno spigolatore. Le loro vite erano dure e pericolose, ma in quel modo i loro ragazzi crescevano per diventare uomini forti, e le loro fanciulle si trasformavano in donne senza paura al focolare o sul ponte. Il popolo rispettava El e a quell’Antico offriva le lodi e soltanto in suo nome malediceva. Ed El era orgoglioso del suo popolo.

Ma El, nella sua generosità, concesse al suo popolo troppe benedizioni. Nei duri inverni non ne morivano abbastanza, e le tempeste che mandava erano troppo miti per vincere la loro perizia di naviganti. Così il popolo crebbe. Insieme crebbero anche le loro mandrie e le loro greggi. Negli anni di prosperità, i bambini deboli non morivano, ma crescevano e rimanevano a casa, e si dedicavano a coltivare la terra per nutrire le greggi e le mandrie floride e gli altri deboli come loro. Gli zappaterra non lodavano El per i suoi venti forti e per le correnti favorevoli ai pirati. Invece, benedicevano e imprecavano solo in nome di Eda, che è l’Antica di coloro che arano e coltivano e si occupano delle bestie. Così Eda benedisse i suoi deboli seguaci aumentando le loro piante e animali. Questo non piacque a El, ma egli li ignorò, dato che aveva ancora il popolo ardito delle navi e delle onde. Loro benedicevano nel suo nome e imprecavano nel suo nome, e per incoraggiare la loro forza mandò loro tempeste e freddi inverni.

Ma con il passare del tempo, i fedeli seguaci di El diminuirono. La gente debole della terra sedusse i naviganti, e partorì loro figli adatti soltanto a occuparsi della terra. E il popolo lasciò le rive dell’inverno e i pascoli coperti di ghiaccio, e si spostò verso sud, verso le dolci terre dell’uva e del grano. Erano sempre meno quelli che venivano ogni anno ad arare le onde e a mietere i pesci che El aveva loro assegnato. Sempre più raramente El udiva il suo nome in una benedizione o in un’imprecazione. Finché alla fine venne un giorno in cui rimase solo uno che benediva o imprecava soltanto nel nome di El. Era un vecchio ossuto, troppo anziano per il mare, con le giunture gonfie e doloranti e pochi denti in bocca. Le sue benedizioni e le sue imprecazioni erano deboli e insultavano più che compiacere El, che non sapeva cosa farsene dei vecchi traballanti.

Alla fine venne una tempesta che avrebbe dovuto porre fine al vecchio e alla sua barchetta. Ma quando le fredde onde si chiusero su di lui, il vecchio si aggrappò al relitto della barca e oso implorare misericordia da El, anche se tutti sanno che la misericordia non è in lui. El fu così infuriato da quella bestemmia che non volle accogliere il vecchio nel suo mare, e invece lo rigettò sulla riva, e lo maledì in modo che non potesse più navigare, ma non potesse nemmeno morire. E quando il vecchio strisciò fuori dalle acque salate, il suo viso e il suo corpo erano butterati come se fosse stato coperto di cirripedi, e si rimise in piedi barcollando e si avviò verso le terre deboli. E dovunque andasse, vedeva soltanto deboli zappaterra. E li avvisò della loro follia, e che El avrebbe fatto sorgere un popolo nuovo e più coraggioso a cui avrebbe affidato la loro eredità. Ma il popolo non volle ascoltare, tanto era diventato fiacco e testardo. Eppure, dovunque andasse il vecchio, l’epidemia lo seguiva. E diffuse le malattie contagiose come il vaiolo, quelle a cui non importa se un uomo è forte o debole, duro o molle, ma che prendono tutti quelli che toccano. E questo era appropriato, perché tutti sanno che le infezioni vengono dalla cattiva polvere e si diffondono zappando la terra.

Così narra il racconto. E così il Butterato è diventato il messaggero di morte e malattia, e un rimprovero per coloro che vivono vite deboli e facili perché la loro terra è fertile.

Personaggi

Ci sono molti personaggi importanti, così come sono molti e complessi i legami che stabiliscono tra loro. Sarebbe opportuno a inizio libro fare un elenco con i nomi e i rispettivi ruoli dei personaggi.

flareon Fitz

Protagonista assoluto del libro: tutto viene filtrato dal punto di vista di Fitz. Ci ho messo un po’, ma alla fine mi sono affezionato a questo personaggio. Il giovane Fitz si muove in un mondo pericoloso e pieno di intrighi: il suo ruolo di assassino di corte sicuramente non è facile. Non aiuta il fatto che molte persone lo odiano per svariati motivi: costituisce una minaccia o una risorsa per il regno? È questo che si è chiesto Re Sagace prima di prenderlo sotto la propria ala. Fitz costituisce un arma per i Sei Ducati, e deve continuamente ingegnarsi per difenderli. Particolare è il suo rapporto con gli animali, special modo con cani e cavalli, grazie allo Spirito: questa sua affinità (che Burrich gli vieta di sfruttare), gli sarà sempre utile nel corso della storia. In generale è un bel personaggio, ma preparatevi a infinite paranoie e domande: è decisamente complessato!

L'apprendista Assassino - Lande Incantate

flareon Burrich

Burrich è il capo stalliere del re. Un tempo braccio destro del re-in-attesa Chevalier, ora si occupa principalmente dei cavalli e dei cani a corte. A lui viene affidato il piccolo Fitz: il rapporto tra i due sarà sempre altalenante, un rapporto amore-odio. Spesso si allontanano e poi si riavvicinano: nonostante l’affetto che scorre tra i due, la loro relazione in questo libro è sempre molto tesa.
A metà libro, Fitz parla così di Burrich:

Odiavo Burrich. A volte. Era presuntuoso, tirannico e insensibile. Si aspettava che io fossi perfetto, eppure mi diceva senza mezzi termini che non sarei mai stato ricompensato per questo. Ma era anche aperto, e sincero, e convinto che io potessi compiere quello che richiedeva da me…

flareon Umbra

L’uomo stesso era strano. La sua veste era del colore del vello di pecora non tinto, lavato solo occasionalmente e non di recente. I capelli e la barba erano più o meno dello stesso colore e sembravano altrettanto in disordine. Malgrado ciò, non riuscivo a decidere quanti anni avesse. Alcune malattie lasciano sfregi sul volto. Ma non avevo mai visto un uomo così segnato, con decine di minuscole cicatrici, di un violento rosa e rosso come piccole bruciature, e livide perfino nella luce gialla della lampada. Le sue mani erano tutte ossa e tendini avvolti in una pelle bianca come carta. Mi stava scrutando, e perfino alla luce della lampada i suoi occhi erano del verde più penetrante che avessi mai visto. Mi ricordavano gli occhi di un gatto quando caccia; la stessa combinazione di gioia e ferocia.

Personaggio ossuto e misterioso, Umbra si preoccupa di addestrare Fitz come assassino. Convoca Fitz a suo piacimento, in una stanza di cui non si sa l’accesso e piena di oggetti curiosi e animali. È capace di travestirsi in modo eccezionale: ma non vi dico in cosa si trasforma!

Altri personaggi importanti sono Galen, il maestro dell’Arte, i principi Veritas e Regal, dama Pazienza, la principessa Kettricken del Regno delle Montagne e… il Matto, uno dei miei personaggi preferiti, di cui si sa pochissimo.

Conclusioni

Bisogna armarsi di pazienza per affrontare Robin Hobb, perché solo andando in fondo riuscirete ad apprezzarla a pieno. E se non fosse per la trama molto lenta, il libro meriterebbe decisamente di più. Tuttavia, mi ha instillato abbastanza curiosità… quindi comprerò i seguiti. Anche perché la Fanucci ha annunciato la ristampa de L’Assassino di Corte. Quindi… se vi piace il fantasy classico, con dei personaggi brillanti e una magia ben sviluppata, questo libro fa per voi!

Voto: 7.5

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Mi hai soddisfatto, Robin Hobb!

(998)

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Ho indossato il Cappello Parlante insieme a Harry, Ron e Hermione; ho consultato l'aletiometro con Lyra; ho partecipato alla creazione di Ea e sono stato invisibile con Bilbo; ho viaggiato con Ged su migliaia di isole, tra diversi mondi con Pug, e su diversi piani con Sita Dulip; sono stato un reietto con Shevek e ho cavalcato draghi con Dany; ho sghignazzato con Bartimeus e cavalcato su Aslan; ho intrapreso viaggi interminabili con Frodo, Tasslehoff, Sutty, Drizzt, Phèdre, Morgon... E sono ancora qui.

2 Comments

  1. avatar Fabio ha detto:

    Bella recensione, beh io sono uno di quelli che “guai a toccare Robin Hobb” però sono d’accordo con tutto quello che hai scritto, anche sul problema della lentezza della narrazione, sappi però che è un problema esclusivamente del primo libro, la storia si dipana benissimo nei successivi e i personaggi che si incontrano sono splendidi, soprattutto “il matto” e il lupo “occhidinotte”, leggi anche i successivi libri e ti innamorerai di queste trilogie (ce ne sono due ed’è appena iniziata la terza). ps: se poi tu fossi curioso di conoscere i motivi per i quali è nata la “forgiatura” beh … lo saprai nella seconda trilogia

  2. avatar Iuccy ha detto:

    Ottima recensione, e anche se adoro la Hobb, concordo appieno sull’analisi. Ma si sa, l’amore è cieco, ergo: leggete dei Lungavista, ne uscirete arricchiti =^__^=

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