La Bussola d’Oro, insieme a Harry Potter e a Il tempo non si ferma per i topi, costituisce la mia infanzia. Letto da bambino, è una piacevole avventura; letto da adulto, trovi molteplici chiavi di lettura, prospettive che da piccolo inevitabilmente non si potevano cogliere. Aggiungo anche che rileggendolo si scoprono tanti dettagli che a prima lettura passano inosservati. In ogni caso… ci troviamo dinanzi a un capolavoro, anzi: tutta la trilogia è un capolavoro. Siccome ho letteralmente trovato tonnellate di fan art fighissime (le trovate qui), questa recensione contiene tante immagini, non necessariamente correlate a quanto ho scritto in quel punto (a differenza delle altre recensioni).
Titolo | La Bussola d’Oro |
Autore | Philip Pullman |
Data | 1995 |
Pubblicazione italiana | 1996 |
Editore | Salani |
Traduttore | Marina Astrologo e Alfredo Tutino |
Titolo originale | Northern Lights |
Pagine | 439 |
Reperibilità | Reperibile online e in libreria |
Lyra è una bambina ribelle e ostinata che vive al Jordan College di Oxford; non la nostra Oxford però… una sorta di realtà speculare, in cui ci sono molte cose differenti dal nostro mondo. Apparentemente Lyra conduce una vita tranquilla, tra monellerie e lezioni sparute con gli Accademici del College finché non si ritrova coinvolta suo malgrado in tutta una serie di rocambolesche avventure: sventa un tentato avvelenamento, cerca di salvare l’amico Roger, rapito dagli Ingoiatori, incontra streghe e cavalca orsi corazzati. Non è importante descrivervi la trama in sé; è una storia godibile, che intrattiene, e il ritmo è serrato.
Lyra in giro per i tetti del Jordan College – Folio Society illustration
Ci sono alcune debolezze nella trama, anche se sono poco importanti. Le metto sotto spoiler perché si trovano a metà libro; riguardano dettagli che non inficiano la lettura in sé.
– Le streghe attaccano gli orsi a distanza ravvicinata, pur utilizzando l’arco. Qual è il senso di questa strategia? Le streghe volano, dovrebbero sfruttare questo vantaggio, e invece… alcune di loro si fanno ammazzare dalle zampate d’orso. Mi sembra tutto un po’ ridicolo.
-La scena dell’attacco dei bambini ai tartari mi ha convinto poco. Davvero dei soldati addestrati a combattere nella neve si fanno fregare da delle… palle di neve?
-A Bolvangar, i gyziani distruggono gli edifici (in parte devastati dall’incendio), e uccidono scienziati e ricercatori. Solo a me sembra una mossa scema? Distruggendo tutto si distruggono anche le prove di quello che si faceva là dentro; chi lavorava poteva effettivamente testimoniare… è anche vero che, in quel mondo, non abbiamo idea di come funzioni la giustizia. La Chiesa gestisce quasi tutto, e la testimonianza dei gyziani senza prove è priva di valore (oltre che non sono considerati individui particolarmente raccomandabili).
Lyra e Iorek
Purtroppo lo stile di Pullman non è eccellente. Niente di drammatico, però qualche problema tra salti di PoV e giudizi random. L’utilizzo del narratore onnisciente non mi è congeniale, lo sapete; tuttavia non è ai livelli di Narnia. Inoltre alcune scene concitate risultano fiacche e poco comprensibili.
Spuntano a caso interventi del narratore onnisciente per darci informazioni che protagonista non nota (corsivo mio):
Faceva fatica a rimanere ferma e seduta. Il Maestro sorrise. Sorrideva così raramente che aveva quasi dimenticato come si faceva, e chiunque lo avesse osservato (Lyra non era certo in condizioni di notarlo) avrebbe detto che si trattava di una smorfia di tristezza.
Lyra e Iorek
Lui si alzò, e lo stesso fece il suo daimon, orgoglioso, splendido e letale. Lyra rimase ferma e seduta. Aveva paura di suo padre: lo ammirava profondamente e pensava che fosse matto da legare. Ma chi era lei per giudicare?
Qui è Pullman a parlare per farci la morale: una bambina di dieci anni, impertinente e ostinata come Lyra, non si chiederebbe mai una cosa del genere.
Lyra, Iorek e Lee
Questo è un caso particolarmente seccante. C’è una guerra in corso fra orsi, e piuttosto che far decidere al lettore con chi “schierarsi”, Pullman ci da la pappa già pronta.
Mostra spoiler“Iorek Byrnison!”
Gli orsi sapevano quel che dovevano fare. Ogni insegna, ogni fascia, ogni corona araldica venne gettata via senza indugio e calpestata con sommo disprezzo, per essere dimenticata in un solo momento. Erano gli orsi di Iorek, adesso, dei veri orsi, non più dei dubitosi semiumani, consapevoli solo di un torturante senso di inferiorità.
Scontro tra gli orsi
Ok, sono stato abbastanza puntiglioso con lo stile… ma mi sembrava doveroso far notare certe cose. Ora possiamo dedicarci all’ambientazione e alle trovate originali de La Bussola d’Oro, che da sole compensano ampiamente uno stile incerto.
L’idea più bella di tutte è ovviamente il daimon: si può definire come l’anima incarnata delle persone, che si manifesta sul piano fisico come un animale. Il daimon dei bambini può assumere la forma di qualsiasi animale; sono soliti cambiarla spesso, soprattutto nei combattimenti per confondere gli avversari (o daimon degli adulti, che sono più forti), o in situazioni particolari in cui è richiesta una certa capacità o abilità (una volta Pantalaimon si trasforma in falena affinché resti inespressivo). I daimon degli adulti non possono più trasformarsi: rimangono stabili in una certa specie. In che animale si stabilizza un daimon? Sembra ci sia una variabile discriminante dovuta al luogo e al mestiere: gli abitanti del Nord Europa hanno spesso volpi artiche o animali che vivono tra le nevi come daimon; i daimon dei domestici spesso diventano cani (un maggiordomo d’alto grado può avere un setter o un cane da caccia). Alcune persone sono semplicemente sfortunate: se il daimon si concretizza in un animale marino, il suo umano deve vivere per sempre vicino al mare (viene riportato il caso di un uomo con il daimon-delfino).
Il legame che unisce l’individuo al suo daimon è fortissimo: essi condividono pensieri, stati d’animo (anche il dolore), e non possono allontanarsi fisicamente l’uno dall’altro (eccetto i daimon delle streghe).
Lyra e Pan
L’aletiometro viene regalato a Lyra dal Maestro del Jordan Collage, apparentemente perché la bambina lo riporti ad Asriel. L’aletiometro dice la verità a chiunque lo sappia leggere: attraverso un sistema di lancette e di simboli, si formula una domanda, a cui il lettore risponde indicando uno dei 36 simboli. Ogni simbolo rimanda a diversi livelli di significati: in teoria bisognerebbe consultare un libro costantemente per poter interpretare la risposta. Lyra tuttavia entra in una specie di stato di trance e riesce a comprendere tutte le risposte che l’aletiometro le da.
Lyra e l’aletiometro
Lyra prova a spiegare così la sensazione che prova nel leggere l’aletiometro:
«Ma come fai a sapere dove si trovano questi significati?» «E un po’ come se li vedessi. O piuttosto li sentissi, come scendere una scala a pioli di notte, uno scende giù con il piede e ci trova un altro scalino. Be’, io scendo giù con la mente e ci trovo un altro significato e una specie di sensazione di ciò di cui si tratta. E allora rimetto tutto quanto insieme. C’è una specie di trucchetto, come mettere a fuoco».
La Povere, con la lettera maiuscola, è uno dei misteri centrali del libro. Cos’è la Polvere, e che effetti fa? Una prima spiegazione viene data da Lord Asriel agli Accademici, ma Lyra non ci capisce granché (e nemmeno noi, in effetti). Proseguendo scopriamo che la Polvere è stata scoperta da un moscovita che le ha dato il nome di Particelle di Rusakov:
Particelle elementari che non interagiscono in alcun modo con le altre, molto difficili da individuare, ma la cosa straordinaria è che sembrano essere attratte dagli esseri umani. […] E, ancor più straordinario, da alcuni esseri umani più che da altri. Gli adulti le attirano ma non i bambini. Almeno, non molto, e non prima dell’adolescenza.
A poco a poco si mettono insieme diversi pezzi, collegando la spiegazione di Kaisa (il daimon di Serafina Pekkala), con quella verso la fine del libro. Non vi dirò altro!
Oltre agli esseri umani, ci sono altre creature intelligenti in questo mondo. Le streghe, ad esempio, che vivono centinaia di anni, volano su rami di pino-nuvola e il cui daimon si può separare per grandi distanze. Gli orsi corazzati, invece, sono animali schivi e taciturni, che vivono a temperature estreme. Non hanno daimon, ma hanno una armatura che creano loro stessi e che, a detta di Iorek, costituisce la loro “anima”.
Serafina Pekkala, regina del clan del Lago Enara
Ecco una cosa che ho notato solo in questa rilettura: le donne sono messe da parte, poco considerate. Si denota da dettagli sottili, poco appariscenti: ad esempio le donne non possono accedere al Salotto Privato del Jordan College. La stessa Lyra, quando conosce la signora Coulter, rimane sconvolta del fatto che sia un’Accademica:
Anche lei considerava le studiose di sesso femminile con tutta la sufficienza che era di prammatica al Jordan: c’erano, certo, esistevano; e però, poverette, non le si poteva in alcun modo prendere sul serio, non più che degli animali in costume che recitassero una commedia.
Questo pregiudizio sembra coinvolgere anche altre culture: gli stessi gyziani, quando si organizzano per una missione al Nord, non prendono nemmeno in considerazione l’idea di portare donne con sé; quanto agli orsi corazzati, le orse si vedono solo di sfuggita e si sa poco e nulla. Solo le streghe sfuggono a questa esclusione, potenti e longeve.
Lyra è una bambina testarda, ostinata e a volte odiosa. Non troppo come ricordavo; in realtà spesso è divertente. Soprattutto quando racconta bugie, è una maga in questo!
«E poi una sera l’Ambasciatore di Turchia era ospite a cena del Jordan College. E aveva avuto l’ordine dal Sultano in persona di ammazzare mio padre, no, e aveva al dito un anello con una pietra svuotata e riempita di veleno. E quando venne fatto passare il vino lui fece come per stendere il braccio oltre il bicchiere di mio padre, e ci versò dentro il veleno. Lo fece tanto in fretta che nessun altro lo vide, ma…» «Che tipo di veleno?» volle sapere una ragazzina dal viso sottile.
«Il veleno di uno speciale serpente turco» inventò Lyra, «che quelli prendono suonando un piffero per attirarlo all’aperto, e poi gli lanciano una spugna imbevuta nel miele, e il serpente la morde e non riesce a liberare i denti, e così loro lo prendono e tirano fuori il veleno. Comunque, mio padre aveva visto quel che aveva fatto il turco, e dice: Signori, voglio proporre un brindisi all’amicizia fra il Jordan College e il College di Izmir, che era quello cui apparteneva l’Ambasciatore di Turchia. E, per mostrare il nostro desiderio di amicizia, ora ci scambieremo i bicchieri, e berremo l’uno dal bicchiere dell’altro.
«E allora l’Ambasciatore si trovò in trappola, perché non poteva rifiutarsi di bere senza arrecare un insulto mortale, e non poteva bere perché sapeva che era avvelenato. Impallidì e svenne, proprio lì, al tavolo. E quando rinvenne erano ancora tutti seduti lì, e lo guardavano, e aspettavano. E quindi doveva o bere il veleno o confessare».
«E allora che fece?» «Lo bevve. Gli ci vollero cinque interi minuti per morire, e soffrì indicibilmente per tutto il tempo».
«E tu l’hai visto?» «No, perché le ragazze non sono ammesse alla Tavola Alta. Ma ho visto il suo corpo, dopo, quando lo hanno portato via. Aveva la pelle tutta raggrinzita come una mela vecchia, e i suoi occhi sporgevano dalle orbite. Anzi, dovettero rimetterli a posto…» E così via.
La bugia più bella è quella che si inventa verso la fine del libro. È geniale, e si incastra alla perfezione con la trama.
«E allora?» disse. «Chi sei tu, intanto? E cos’è questa storia sui daimon?» «Io sono un daimon, Sua Maestà» rispose lei. Lui si bloccò. «Di chi?» «Di Byrnison» fu la sua risposta.
Era la cosa più pericolosa che avesse mai detto. Vide, con tutta chiarezza, che solo lo stupore gli impediva di ammazzarla lì su due piedi. Così, senza fermarsi un istante, proseguì: «La prego, Maestà, mi permetta di finire di dirle tutto quanto, prima di farmi del male, Io sono venuta qui a mio rischio e pericolo, come può ben vedere, e non ho con me nulla che possa farle del male. E anzi, in realtà io voglio aiutarla, e sono venuta qui per questo, Iorek Byrnison è stato il primo orso ad avere un daimon, ma avrebbe dovuto essere lei. Io preferirei, di gran lunga, essere il suo daimon, Maestà, e non quello di Iorek Byrnison, ed è per questo che sono venuta».
«Come?» disse lui, senza fiato. «Come ha fatto un orso ad avere un daimon? E perché lui? E come fai tu a essere così lontano da lui?» Le mosche che si allontanavano dalla sua bocca parevano tante piccole parole.
«Questo è facile, io posso allontanarmi di molto da lui perché sono simile ai daimon delle streghe. Lei lo sa che possono allontanarsi dai loro daimon anche di centinaia di miglia, no? È la stessa cosa. E quanto a come abbia fatto ad avermi, è successo a Bolvangar. Lei avrà già sentito di Bolvangar, perché la signora Coulter deve avergliene parlato, ma probabilmente non le avrà raccontato tutto quello che stavano facendo laggiù».
«Tagliano…» disse lui.
«Sì, certo, quella è una cosa, l’intercisione. Ma fanno anche un sacco di altre cose, di tutti i generi, come ad esempio fabbricare daimon artificiali. E fare esperimenti sugli animali. Quando Iorek Byrnison ne ha sentito parlare, si è offerto come volontario per un esperimento in cui volevano provare se riuscivano a fare un daimon per lui. Ce l’hanno fatta. Quel daimon sono io. Il mio nome è Lyra. Proprio come gli esseri umani hanno daimon in forma di animali, così se un orso ha un daimon quello ha una forma da essere umano. E io sono il suo daimon. Posso leggere nella sua mente, e sapere esattamente quello che fa e dove si trova, e…» «Dov’è adesso?» «A Svalbard. Sta venendo qui più in fretta che può».
«Perché? Che cosa vuole? Dev’essere impazzito! Lo faremo a pezzi!» «Vuole me. Sta venendo per riprendermi con sé. Ma io non voglio essere il suo daimon, Iofur Raknison, voglio essere il tuo. Perché la gente di Bolvangar, quando ha visto quanto era forte un orso quando possedeva un daimon, ha deciso di non ripetere mai più quell’esperimento. Iorek Byrnison avrebbe dovuto restare l’unico ad aver avuto un daimon. E con me ad aiutarlo, lui potrebbe mettersi a capo di tutti gli orsi e sollevarli contro di lei. È per questo che è venuto a Svalbard».
Il re degli orsi ruggì la sua rabbia. Ruggì così forte che tutti i cristalli dei candelieri si misero a tintinnare e tutti gli uccelli della grande sala stridettero, e Lyra si sentì rintronare le orecchie. Ma lei fu all’altezza della situazione.
«É per questo che sei tu quello che amo» disse rivolta a Iofur Raknison, «perché sei appassionato e forte, oltre che intelligente. E ho proprio dovuto abbandonarlo per venire qui da te e dirti tutto, perché non voglio che sia lui a mettersi a capo degli orsi.
Devi essere tu, è più giusto. E guarda, c’è un modo per togliermi a lui e fare di me il tuo daimon, ma tu non avresti mai potuto saperlo se non fossi stata io a dirtelo, e quindi avresti potuto farlo combattere nel solito modo, come si fa quando si deve affrontare un orso che è stato cacciato via; voglio dire ucciderlo con gli scaglia-fuoco, o qualcosa del genere, invece di batterlo in un vero combattimento. E se tu facessi così, io non farei che spegnermi come una candela, e morire con lui».
«Ma tu… come puoi…» «Io posso diventare il tuo daimon» disse lei, «solo se tu sconfiggi Iorek Byrnison in singolar tenzone. Allora, la sua forza rifluirà dentro di te e la mia mente fluirà nella tua, e saremo come una persona sola, e condivideremo i nostri pensieri; e tu potrai mandarmi a miglia e miglia di distanza a spiare per te, o tenermi qui al tuo fianco, come vorrai. Con il mio aiuto potrai condurre gli orsi alla conquista di Bolvangar se ti piacerà, e costringerli a fare altri daimon per gli orsi tuoi favoriti; o, se preferisci esser l’unico orso ad avere un daimon, potremmo distruggere Bolvangar per l’eternità.
Potremmo fare qualsiasi cosa, Iofur Raknison, tu e io insieme!»
Il percorso di Lyra è molto interessante. Affronta vari ostacoli, riceve aiuti da varie persone e per fortuna c’è sempre Pantalaimon, il suo daimon, a sostenerla: laddove lei è impulsiva, lui è cauto; se lei vuole fare qualcosa di spericolato, Pan la fa riflettere. Lyra inoltre si ritrova al centro di una profezia (sembra che non possiamo proprio eliminare questo elemento dai fantasy!), spesso oggetto di discussione delle streghe: deve intraprendere la sua strada e non può essere consigliata o guidata nelle sue scelte. Il suo destino è di provocare la fine del destino.
Asriel, lo zio di Lyra, è un personaggio duro e glaciale. Poco presente nella vita della bambina, è molto preso dai suoi studi e dalle sue ricerche in tutti gli ambiti della teologia sperimentale (ossia lo studio della natura). Il suo daimon è un leopardo delle nevi di nome Stelmaria. Qualche segreto sparso su Asriel…
Daniel Craig ha interpretato Lord Asriel nell’adattamento cinematografico
Donna intraprendente e intelligente, Marisa Coulter affascina la piccola Lyra con i suoi discorsi sulla scienza e sul Nord. È una delle pochissime donne a fare carriera: mette su l’Intendenza Generale per l’Oblazione, finanziata dalla Chiesa. Il suo daimon è una scimmia dorata di cui non si sa il nome.
Nel film La bussola d’oro Marisa Coulter è interpretata da Nicole Kidman
Iorek è un principe degli orsi corazzati, ormai in esilio dal suo regno, costretto ad arrangiarsi lavorando per gli umani. E così che lo trova Lyra, frustrato e arrabbiato, perché gli uomini del villaggio gli hanno sequestrato la sua armatura. Lyra lo aiuta, e così inizia quella che è un’amicizia davvero bella e toccante: orso e bambina, due creature profondamente diverse eppure legate da un filo intimo indissolubile.
Davvero un gran bel libro La bussola d’oro. Appassionante e commovente, ti spinge a pensare e riflettere su molti aspetti della vita. Penso che la saga Queste oscure materie vada letta almeno una volta nella vita! E come avete visto, l’immaginazione sconfinata di Pullman rende insignificanti le cadute di stile e le incertezze nella trama.
Voto: 9/10.
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