TRAMA: Nel XXI secolo gli Stati Uniti d’Europa e d’America sono governati da una coppia incantevole: “der Alte”, il presidente, e la First Lady, vero motore del potere. Popolare e amatissima star televisiva, la donna nasconde segreti che ne potrebbero destabilizzare l’autorità, e si oppone a ogni tentativo di rovesciamento del suo benigno regime. Fra complotti, corporation industriali, conflitti sociali tra élite e massa, tra chi conosce la verità sulla reale natura di “der Alte” e chi crede ciecamente nella verità offerta al pubblico, si muovono gli altri personaggi del romanzo: il pianista psi Richard Kongrosian, capace di suonare senza toccare i tasti; Bertold Goltz, capo dell’organizzazione dei Figli di Giobbe; Loony Luke, venditore di astronavi che permettono alle famiglie disperate di emigrare su Marte; e poi i simulacri, sostituti robotici degli esseri umani, usati come strumenti fondamentali di un rischioso gioco politico. Un affresco che precorre la politica-spettacolo e la religione dell’apparire, temi che Dick anticipa con gli strumenti analitici della fantascienza, e con un sentimento profondo della condizione umana. Introduzione di Carlo Pagetti. Postfazione di Jean Baudrillard.
DAL WEB:
La storia si basa sull’intreccio di alcune vicende:
Le trame s’incrociano in una successione di colpi di scena e rivelazioni, che culminano in una catastrofe finale, con lo scoppio di una guerra civile che porta gli USEA sull’orlo della distruzione.
Faccio una breve premessa: io amo Dick (Philip eh), “Ubik” penso sia uno dei romanzi più belli che abbia mai letto, così come “Le Tre Stimmate di Palmer Eldritch”, ma ritengo che certe volte abbia avuto una grande idea ma non sia stato in grado di svilupparla a dovere.
Così come è successo, a mio avviso, ne “La Svastica sul Sole”; che ritengo sia uno dei peggiori che abbia scritto, inconcludente e con personaggi piatti come una scrivania di mogano levigata.
I Simulacri si pone nel mezzo a mio avviso, c’è un ottimo guizzo per la storia, con trovate davvero geniale (specie per l’epoca in cui è stato scritto), ma i personaggi e le vicende non riescono a rendergli giustizia come avrebbero dovuto, tuttavia il libro si lascia leggere ed è lontano dal Dick peggiore.
Vi è anche un’interessante critica ai cartelli e ai monopoli, tematica sempre cara al nostro Dick e che si ritrova in molte sue opere, qua raggiunge livelli “distruttivi” e offre uno spunto di riflessione sulla pericolosità che un monopolio può avere.
Molto attuale come cosa, se si pensa che, volendo, Google e Facebook probabilmente potrebbero tenere per le palle gli USA, solo sfruttando il loro livello di tecnologia e conoscenza e divulgazione di informazioni.
Gli manca un qualcosa, è come se ad un certo punto Dick si sia stufato di scrivere e abbia fatto finire il tutto in fretta e furia, quando le vicende avrebbero meritato più respiro. Il problema forse può essere anche dato dai personaggi POV, davvero troppi per un libro di sole 250 pagine.
Unico appunto che mi sento di fare alla trama:
PERSONAGGI:
Come avete già avuto modo di leggere, i personaggi sono davvero tanti:
Ci sono poi dei produttori discografici la cui unica funzione è introdurre i chupper nella trama, e i fratelli Strikerock, che sono stati inseriti per avere un punto di vista da Be (I cittadini sono divisi in Ge e Be, i Ge sono i pochi a comandare e a conoscere i segreti di stato, i Be sono la massa del popolo), ma che non impattano in maniera significativa sulla trama.
Anche lo psicanalista Egon Superb poteva essere sviluppato di più, in fin dei conti di lui si sa solo che è il medico di Kongrosian e poco altro.
Tutti questi sono i personaggi POV, ne risulta una narrazione estremamente frammentata.
STILE:
Sullo stile di Dick si potrebbe parlare per giorni. Io lo amo.
Nei suoi romanzi è semplice, diretto e funzionale quando serve, e altresì complesso e delirante, in alcuni romanzi più che in altri.
In questo, (sfortunatamente) si è tenuto parecchio a bada il suo lato “fuori di testa” e la vicenda non nasconde particolari substrati, tutto è abbastanza lineare senza particolari scossoni.
Non c’è spazio all’infodump e si viene calati bene nel contesto, insomma, si legge che è un piacere.
CONCLUSIONE:
“I Simulacri” è un bel romanzo, ma lascia l’amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere.
Con meno personaggi POV e una narrazione meno frammentata sarebbe potuto essere tra i migliori lavori di Dick, invece si accontenta di essere un buon romanzo che si legge in un paio di giorni e di cui (temo) ci si scorda altrettanto in fretta.
Consigliato agli amanti della fantascienza e di Dick, per gli altri, prendetelo sapendo cosa state per leggere.
Non è questo il romanzo con cui consiglierei di cominciare a leggere questo autore, ma rappresenta un modo di scrivere fantascienza che si è perso, lo definirei “elegante” o “fantasioso”. Un modo di scrivere e di inserire idee (perfino troppe, come in questo caso) che nei romanzi di fantascienza più odierni si è un po’ lasciato da parte.
VOTO: 6/10
(675)