Ensel e Krete è il secondo libro di Walter Moers ambientato a Zamonia: può essere letto in modo indipendente, anche se ci sono dei riferimenti che può cogliere solo chi ha letto Le tredici vite e mezzo del Capitano Orso Blu.
Titolo | Ensel e Krete – Una Storia di Zamonia |
Autore | Walter Moers |
Data | 2000 |
Pubblicazione italiana | 2002 |
Editore | Salani |
Traduttore | Umberto Gandini |
Titolo originale | Ensel und Krete |
Pagine | 258 |
Reperibilità | Reperibile online e in libreria |
Il libro è la versione zamonica di Hansel e Gretel. Due bambini di Lontandisotto, Ensel e Krete, fanno una vacanza insieme ai genitori ad Alberia, nella Grande Foresta di Zamonia. E niente, a un certo punto decidono di allontanarsi dai sentieri sicuri per inoltrarsi nel profondo della foresta (cosa assolutamente proibita), e si perdono. La storia è abbastanza classica e lineare: non mancano le illustrazioni, né le voci del Dizionario Enciclopedico. Purtroppo, Moers inserisce un’ulteriore interruzione abbastanza frequente… le Divagazioni Sventramitiche.
Nel bel mezzo di una scena d’azione, Idelfonso de’ Sventramitis interviene per raccontare qualcosa: delle volte è inerente a un fatto appena accaduto, altre volte invece è una digressione che non c’entra nulla col resto. Non ho trovato questa scelta molto intelligente: già la storia è banale, già è inframmezzata da note, in più ci aggiungi delle divagazioni spesso noiose… la lettura è così rallentata che mentre leggevo mi ero dimenticato cosa stesse succedendo prima. Non tutte le interruzioni sono noiose: ce ne sono di divertenti chiaramente…
L’ultima parte del libro è una sorta di “mezza” biografia di Idelfonso: la nascita, le sue avventure, le sue conquiste e così via. Sembra una parte un po’ fuori posto, giusto per giustificare una storia che altrimenti sarebbe stata troppo esile, però è divertente da leggere.
Una vespelfa
L’ambientazione è uno dei punti forti di Walter Moers, e in questo libro non delude. La foresta è viva, pulsante, piena di creature particolari e piante strane:
Ensel non aveva mai visto prima alberi e piante di quel genere, neppure nelle illustrazioni dei libri. Tronchi triangolari, cortecce che colavano sangue, scorze maculate come il pelo di certi gatti, grosse escrescenze a forma di botte munite di tentacoli, radici bizzarre e contorte, alberi che assomigliavano a coralli o a budella.
Erano vegetali, quelli, o erano già forme di vita animale… oppure di qualche altro genere? L’intero bosco era in continuo movimento, sbuffava, ansava, rantolava. Gli alberi avevano vene pulsanti sulle superfici dei tronchi, piante rampicanti frustavano l’aria, il suolo vibrava come se le legioni d’insetti sotterranee lo tenessero in ritmico sommovimento. Si vedevano crescere vertiginosamente certe radici, e una specie di bambù rosso spuntava così in fretta come se qualcuno lo spingesse da sottoterra.
E ancora:
Krete, intanto, osservava stupita la vegetazione minore che orlava il bosco. Funghi, piante e fiori di specie davvero strane. Trombe da morto, neri chiodini da bara, ossi di vecchietta, tralci del demonio, alberelli da forca, erba spettrale, muschio dei cimiteri, ginestre diaboliche, felci dalle dita gialle, epistacchi, botoli cadaverici, ciuffi delle streghe: a crete si sarebbero rizzati i capelli in testa se avesse conosciuto le denominazioni di tutte quelle piante.
Mirastelle: I guardiani dell’universo. I custodi della vita eterna. Gli immortali.
La biologia zamonica propone diverse definizioni di ciò che Krete ha chiamato mirastelle, e tutte un po’ pompose. Gli scienziati che si sono dedicati alla ricerca sul campo su questi esseri non hanno purtroppo saputo escogitare qualcosa di più modesto. […] Esistono, per quel che si sa, solo rari mirastelle a Zamonia: un paio nella valle d’Alambricco presso Dullgard e – pare – alcuni singoli esemplari anche nelle valli e sui fianchi delle montagne Oscure. Pescatori di perle riferiscono d’averne visti sui fondali della riviera zamonica. E altri ancora sono nella Grande Foresta, dove si possono sentir gemere di notte. L’origine dei mirastelle è controversa più di ogni altro oggetto su cui si sia concentrata la ricerca scientifica zamonica. […] Noctambulotti suppone che i mirastelle rappresentino il primo tentativo della natura di creare la vita. Una specie di esperimento, di prova generale dell’universo. Sotto il profilo estetico non si può davvero dire che l’esperimento sia molto ben riuscito, basta una prima occhiata: nessuna proporzione armonica, nessun vero e proprio centro del corpo, pelle grossolana e trasandata, niente gambe e decisamente troppi occhi. Però vivono, pensano, hanno sentimenti e sensazioni, e inoltre parlano. Niente male, tutto sommato, per essere un primo tentativo, tanto più considerando che sembrano immortali, cosa che la natura non è riuscita a fare con nessun altro essere vivente. […] Come è emerso dall’analisi della forfora dei mirastelle della valle dell’Alambricco, lo strato esterno della loro pelle è costituito da una componente sorprendentemente alta di sgnacca biologicamente condensata. La quale sgnacca, come tutti sanno, è tempo gassoso altamente concentrato. Ciò rende plausibile la loro immortalità, ma è anche un indizio a favore della tesi secondo cui i mirastelle costituirebbero il punto di partenza della vita sul nostro pianeta, essendo la sgnacca documentabilmente il più antico composto chimico del nostro continente. Si può dunque supporre che i mirastelle si siano formati nello spazio parecchi uzkiliardi d’anni fa (una dimensione di tempo esprimibile solo con gli strumenti della matematica druidica), forse su un piccolo asteroide.
Lo stile è quello classico di Moers; qui inoltre il lessico talvolta è elevato. Qualche metafora è particolarmente ben riuscita (ad esempio una risata come tosse delle meduse).
Oltre i gemellini, nessun personaggio spicca particolarmente (anche perché sono pochissimi); divertente è l’orchidea parlante.
Un esemplare di Lupo Foglioso
Dopo le meraviglie del primo libro, Moers qui delude un po’. Non è all’altezza del precedente, ma non è nemmeno così malvagio: un libro di passaggio, una via di mezzo insomma. Intendiamoci: non mi sono annoiato particolarmente (a parte nella digressione sulla Pagnotta, che ho volontariamente deciso di risparmiarvi), ed è un libro abbastanza breve e si legge rapidamente. È particolarmente adatto a un pubblico più giovane. Se vi piace l’autore, ve lo consiglio; altrimenti meglio orientarsi verso altri suoi titoli più acclamati.
Voto: 7-/10
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