Di sognanti e altri eroi è una raccolta di dieci racconti edita da Plesio editore che rappresenta il culmine di un concorso indetto circa un anno fa. I dieci racconti sono i migliori che sono stati presentati e, tra di essi, ce n’è anche uno scritto dalla nostra Azali, aka Francesca Caizzi. Ho tenuto in naftalina questa recensione per un bel po’, per evitare di farla uscire troppo vicina alla pubblicazione dell’antologia. Il motivo è che non si tratta di un articolo pubblicitario (vista la presenza di una delle nostre amministratrici), ma siamo davanti a un articolo di recensione normalissimo e oggettivo. Visto che si tratta di dieci autori diversi, il solito schema di analisi (Personaggi, stile trama…) sarà sostituito da un paragrafetto per ogni racconto, dove riassumerò un po’ tutti i dettagli utili.
Il primo racconto, che ha fornito in parte il titolo a tutta la raccolta, è il primo classificato al concorso.
Parlare di questo racconto, senza rovinarlo con spoiler o commenti fuori luogo è molto complesso. Posso dirvi che siamo davanti a una trovata originale dove gli incubi prendono vita, letteralmente, ed è compito di alcuni uomini tenerli a bada, nel modo più semplice che si possa immaginare, ma difficilissimo da realizzare. Non vi dico come Dave, il nostro protagonista, tenterà di risolvere la situazione, ma posso dirvi che dalle poche parole di questo racconto, l’autore riesce a far trasparire in maniera interessante come funziona l’aspetto fantasy del suo mondo, e anche un po’ del carattere del protagonista. L’unico difetto che riesco a trovare è la lunghezza. Mi rendo conto che si tratta di un racconto, ma io avrei volentieri letto un intero romanzo con questa ambientazione.
Racconto secondo classificato. Non ho avuto bisogno di leggerlo, in quanto ho assistito alla sua creazione, passo dopo passo. Si tratta di un racconto un po’ dark che ci introduce in un mondo dove i demoni sono nascosti tra gli umani e fanno i comodi loro a ogni occasione. Max è un uomo che a causa di una serie di vicissitudini deve occuparsi di loro e lo fa nel modo peggiore: ridendo e sterminando. Max è un personaggio ambiguo e, sebbene si tratti di un racconto breve, si riesce a carpire il conflitto interiore che vive e la sua anima nera che gioisce ogni qual volta arrechi dolore ai suoi nemici. Max è in realtà il protagonista di un “romanzo nel cassetto” di Francesca e io, personalmente, conosco tutta la sua storia che non viene raccontata in questo specifico avvenimento. Vi posso dire che Il Volto delle Tenebre ci mostra il Max più nero, uno spaccato di una vita tormentata che sta toccando il fondo e ha gettato alle ortiche ogni speranza di redenzione. Gli amanti dell’urban fantasy di qualche anno fa apprezzeranno molto i toni noir di questo racconto.
Il racconto terzo classificato, invece, mi ha colpito. Si tratta di un distopico dove il Cervello, un elaboratore elettronico, assegna punti Karma alle persone e si avvale di impiegati per l’archiviazioni dei dati. Tali impiegati tendono ad agire come marionette controllate dal computer stesso, senza mangiare e dormendo pochissimo. Confesso che l’autrice mi ha fregato. Due colpi di scena uno dietro l’altro che non sono riuscito a prevedere mi hanno lasciato un po’ spiazzato. E questa è un’ottima cosa. Non so cosa altro dire senza anticipare nulla. Dovrete fidarvi del fatto che io stesso sono rimasto positivamente sorpreso.
Racconto quarto classificato. Non riesco a inquadrarlo in un genere specifico. Si tratta di una storia carina che parla di una “creatura magica” imprigionata dagli uomini e tre ragazzi che vogliono conoscere il segreto che si cela in un edificio misterioso in una altrettanto misteriosa centrale elettrica. Il setting ha logica, ma confesso che non mi ha entusiasmato: i tre ragazzini che eludono la sorveglianza di un edificio che contiene una risorsa dal valore inestimabile, mi lascia un tantino pensare. Il racconto però è godibile e sebbene io abbia previsto il finale, mi è piaciuto che la descrizione della “creatura” sia stata diluita in tutto il racconto instillando curiosità nel lettore.
Questo racconto, il quinto, ci trasporta nel bel mezzo della guerra di secessione americana, seguendo due bambini, i figli del generale sudista Lee, appunto, che si trovano nel bel mezzo di una fuga di massa a causa di un attacco dei nordisti alla cittadina dove si erano rifugiati. Fin dall’inizio però, leggendo, mi sono accorto di dettagli che non quadravano nell’ambientazione. L’unico che vi dirò, per non rovinare tutto, è la presenza di lemuri usati come animali da soma al posto dei cavalli. Con l’avanzare del racconto, infatti, compariranno “dettagli fantasy” che daranno un pizzico di originalità alla situazione e che io, personalmente, ho gradito molto. La trama, dal canto suo però non è nulla di esplosivo, ma è comunque interessante immaginare questi due bambini che cercano di fuggire nella calca creatasi a causa della gente che fugge dalla battaglia.
Sesto racconto classificato. Si tratta di una storia che io ho trovato molto dolce. Niente smancerie romantiche, non preoccupatevi, ma piuttosto un viaggio introspettivo di un uomo che, sempre preso dalla frenesia del lavoro, trova finalmente l’occasione, magicamente, di fare pace con una parte del suo passato. Un po’ prevedibile per certi versi e con un paio di cliché sparsi qui e lì, che però non rovinano l’atmosfera di simultanea incredulità e consapevolezza che l’autore ha abilmente creato. Purtroppo anche qui non posso dire altro, altrimenti anticipo troppo.
Questo settimo racconto non mi ha soddisfatto. Parla di una donna, una creatura magica, che attraversa un bosco e deve fronteggiare alcune figure oscure che la seguono. È ben scritto, ma sinceramente, non comprendendo i motivi del viaggio della protagonista e conoscendo solo pochissimi dettagli del mondo in cui si svolge l’azione, mi sembra un racconto che lascia il tempo che trova. Carino, scorrevole ma “senza uno scopo”.
Ottavo piazzamento e si vede che stiamo giungendo alla fine della classifica. Qui parliamo di stregoneria. L’ambientazione non è diversa dal solito villaggio medievaleggiante abitato da bifolchi con a campo un conte. Tutta la trama è lineare e il “colpo di scena” finale ha le virgolette per un motivo: l’estrema prevedibilità. Anche qui un paio di cliché.
Il nono racconto è una parodia. Abbiamo Tredici, un discendente di una famiglia di maghi, che vuole diventare un eroe e segue le improbabili indicazioni di un manuale. Il racconto è impostato sulla comicità e quindi tutti i canoni classici di giudizio cadono. Tra un infodump divertente e l’ingenuità del protagonista che non capisce come facciano i draghi a capire se le donzelle che rapiscono siano vergini, abbiamo anche un paio di “rotture della quarta parete” molto simpatiche.
L’ultimo dei dieci racconti mi ha intrigato forse un po’ di più, a tratti divertente, a tratti con una morale da mettere in mostra. Probabilmente, se avessi dovuto scegliere io la classifica, lo avrei fatto piazzare un po’ più in alto, ma non troppo. Alla fine è un’idea carina ma che non stupisce e non presenta colpi di scena particolarmente indovinati. Alla fine io tifavo per la scimmia.
Termino qui la mia analisi dei dieci racconti che nel complesso sono comunque tutti godibili per passare un paio di ore di lettura (anche meno in realtà). Come avrete capito ce n’è per tutti i gusti in termini di genere e di “serietà” per cui, facendo una media tra tutte le storie, mi sento di dire che si tratta di una antologia adatta a tutti i lettori che apprezzano il fantastico o che desiderano una lettura leggera e scorrevole
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