PRESENTAZIONE
“L’erede del mago” è il nuovo romanzo epic fantasy di Stefano Mancini, edito da Linee Infinite, che dà il via a una nuova trilogia ambientata nelle terre di Mhur. Dopo il successo dell’Età delle Guerre (composta da “Le paludi d’Athakah“, recensito qui; “Il figlio del drago“, recensito qui; e “Il crepuscolo degli dei”, recensito qui), Stefano Mancini riporta il lettore nel suo mondo epico, con elfi, nani e orchi, ma quattromila anni più tardi rispetto ai fatti narrati nella precedente trilogia. E’ importante sottolinearlo in quanto “L’erede del mago” (e la trilogia che va a comporre) è perfettamente leggibile anche da chi non ha letto l’altra trilogia, in quanto tratta una nuova storia, con nuovi personaggi.
Un cadavere e un messaggio incomprensibile. Un misterioso individuo a cui riportarlo. Creature pericolose che si muovono nell’oscurità. E su tutto, l’ombra dei Maghi Anziani di QarashTahn. In che terribile azzardo si sono cacciati gli avventurieri Bronwen, Athrwys, Theroc e Ashe? È quanto dovranno scoprire se vorranno salvare la pelle dalla trame dell’enigmatico Uomo Rosso. Una fatica che però potrebbe non bastare. Perché a est i musogrigio si stanno destando dal loro secolare torpore. E un antichissimo oggetto, da tempo dimenticato, è pronto a riemergere dalle nebbie del tempo.
TRAMA
Sono passati quattromila anni dalla Guerra dell’Orgoglio, il terribile conflitto che ha flagellato il Laomedon, opponendo nani a elfi, amici a fratelli. Oggi il continente è in mano prevalentemente agli uomini, che non sono più i barbari ignoranti intravisti nella precedente trilogia, ma hanno raggiunto un livello di civiltà sufficiente a mantenere il potere, a costruire città fortificate e a spartirsi il dominio della terraferma. Certo, ci sono ancora i nani, che vivono però rintanati nelle loro montagne di Thorgni e sulla Schiena del Drago, e qualche elfo che vive nelle foreste (la maggior parte è tornata sull’isola natale, a Ynis-Eythryn), però le città sono abitate principalmente da uomini. E poi ci sono gli orchi, che lungi dall’essere stati cacciati dal Laomedon si stanno pericolosamente riorganizzando e minacciano di sferrare un potente attacco alla Schiena del Drago, aiutati da una misteriosa figura. Intrighi, complotti e ricerca (proprio la più classica quest) non mancano in questo romanzo, assieme a un misterioso manufatto (che chi ha letto la precedente trilogia ricorderà!) attorno al quale ruota parte della vicenda.
Per un istante gli era tornata in mente Mynid-yr-Gaer. Le strade della sua città natale rivestite di enormi lastre di marmo pregiato e gli svettanti palazzi decorati dai migliori artisti stridevano in maniera quasi dolorosa con lo spettacolo poco edificante che gli aveva offerto Ilus. Il ricordo della città portò con sé altre tristi memorie, che cercò di ricacciare indietro senza troppo successo.
Erano passati così tanti da quando aveva lasciato la sua isola natale che a volte si domandava se fosse ancora là.
Certo che è ancora là. Bella come il giorno che emerse dal mare.
PERSONAGGI
I personaggi principali sono i quattro avventurieri che attraversano il Laomedon:
Bronwen: un uomo di colore, abile guerriero ma non una testa calda. Sa essere saggio e riflessivo, valutare bene le situazioni. A lui si affidano gli altri quando si tratta di prendere una decisione importante, facendone di fatto il leader del gruppo.
Athrwys: elfo. Introverso, chiuso nel suo silenzio, con l’anima che lotta contro un passato che non riesce a dimenticare. Abile combattente, è deciso nelle sue decisioni, spesso tagliente. Nasconde un segreto che scopriremo nel corso del romanzo.
Theroc: nano. Come tutti i nani, è un gran brontolone, deve sempre puntualizzare e dire la sua. E’ affezionato ad Ashe, quasi la considera come una figlia. Battibecca spesso con l’elfo, in virtù dell’antica rivalità tra le loro razze.
Ashe: la ladra. Giovane, agile, sempre attenta a cogliere i segni dei loro nemici e di ciò che li circonda. Nel corpo a corpo non è molto forte, per cui preferisce usare l’arco e le frecce.
Drych: altro elfo. Ma c’è una bella differenza con Athrwys. Eh sì, perché Drych discende dalla linea di sangue che fa capo al Traditore, il cugino di Kalanath che, quattromila anni prima, cospirò contro il re e poi fuggì con un gruppo di fedeli, causando la prima grande frattura tra gli elfi. Lui e Athrwys non vanno decisamente d’accordo.
STILE
Lo stile di Stefano Mancini è impeccabile, come sempre. Ben curato, parole precise, scelte con attenzione. Per quanto la materia sia epica e eroica, non abbonda di paroloni, né crea frasi ampollose che rallentino il ritmo. La trama scorre, forte anche della scelta di concentrarsi prevalentemente sul gruppo di avventurieri, riservando poche scene ad altri personaggi (gli avversari, più che altro).
CONCLUDENDO
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