Dovettero piegarsi e procedere carponi per i primi metri, ricordava perfettamente la prima volta che vi era entrata.
Era terrorizzata che ci fosse qualche animale, un topo, un serpente, una blatta, quindi aveva percorso solo i primi metri dove arrivava la luce. Tornò il giorno dopo, con una lampadina tascabile e qualche panino, pensando che avrebbe trovato l’ingresso per scendere nei meandri della terra come nel romanzo di Jules Verne, incontrando dinosauri e mari sconfinati. Rimase alquanto delusa di trovare le gallerie che costituivano il labirinto che aveva più volte visitato.
Ripensando a quei momenti Valentina sorrise.
Lei apriva la strada, mentre Michele la seguiva d’appresso, dopo una decina di metri il cunicolo sbucò in una grotta abbastanza ampia da poter stare in piedi.
Quando era piccola le era sembrata immensa, mentre ora non poteva essere ampia più di cinque metri.
L’illuminazione che proveniva dall’entrata non era sufficiente per riuscire a distinguere tutto, ma le permetteva di vedere alcuni spuntoni di roccia che ne segnavano i confini. Valentina, rimanendo carponi voltò a destra e rovistò con la mano in un piccolo anfratto dove trovò la torcia tascabile lasciata lì da adolescente, quando aveva smesso di girare per quelle grotte inventando storie con lei protagonista, dove una volta era un famoso pirata alla ricerca di un tesoro e la volta dopo la principessa in fuga dal mago cattivo.
Quando accese la piccola luce le sembrò che le ombre scappassero e si ritrasse andando a sbattere contro Michele.
“Lei è sicura di voler fare questa cosa? Forse è il caso di tornare indietro, non sappiamo se i cunicoli siano sicuri. Potrebbero franare con noi dentro.”
Valentina non era più tanto convinta come lo era stata prima.
Una cosa naturale come entrare in quel passaggio in cui aveva giocato tante volte, ora appariva insidiosa, il luogo che aveva ospitato le sue fantasie era diventato tetro e foriero di pericoli.
Si passò le mani sulle braccia.
“In effetti è stato un po’ avventato, forse sarebbe meglio tornare indietro” disse in un sussurro, come se la sua voce potesse scatenare tutte quelle creature dei suoi incubi che ora sentiva acquattate nell’oscurità.
“Torniamo” disse l’uomo facendole segno di precederlo.
Valentina non ci pensò due volte e si chinò per entrare nello stretto passaggio, ma proprio in quel momento lo sfregamento di pietra contro pietra attirò la sua attenzione sull’entrata del cunicolo che lentamente si stava chiudendo.
“O no, no no no no” disse cercando di percorrere velocemente a quattro zampe lo spazio che la separava dalla luce che man mano diventava sempre di meno.
“No, ti prego, no!” continuava a ripetere, ma quando arrivò al passaggio segreto quello si chiuse con un leggero soffio.
Valentina sbatté il pugno contro la pietra.
“Maledizione, sempre fortunata!”
“Che succede?” chiese Michele che l’aveva seguita.
“Si è chiuso.”
“Ed è normale? C’è una pietra anche da questa parte?”
“No e no. Non si è mai chiuso, ogni volta che lo aprivo rimaneva aperto, si deve chiudere manualmente dall’esterno. Non ho mai cercato una leva da questa parte, non ne ho mai avuto bisogno” la voce cominciava a tremarle.
“Forse è giunto il momento di farlo” disse l’uomo mantenendo un tono leggero che Valentina apprezzò molto.
“Si, ha ragione.” annuì al buio come se potesse vederla.
Prese la torcia e cominciò a perlustrare meticolosamente l’area intorno al passaggio. Dopo più di un quarto d’ora si arrese sbuffando.
“Niente! Maledizione! E l’altra entrata che usavo è crollata, moriremo qui sotto.”
“Ora non esageriamo, sono sicuro che troveremo un passaggio, venga torniamo dove possiamo stare in piedi, ho le gambe atrofizzate.”
Valentina fece la strada a ritroso mugugnando cose a proposito di sfortuna, caso su un milione e roba varia.
“Cerchiamo un’uscita” disse Michele andando avanti.
I tunnel che stavano percorrendo erano in buono stato, nessun segno di cedimento o frana, ma la cosa cambiò quando si diressero verso la vecchia uscita. La luce fioca illuminò le pareti che portavano segni di bruciature molto simili a quelle ritrovate nei giardini del parco.
“Ma cosa …” sussurrò Valentina passando la mano su uno dei segni. “Guarda, è simile a quelli che abbiamo visto fuori.”
L’uomo si avvicinò a guardare.
“Hai ragione, qualsiasi cosa sia stato a fare quelle scie ha iniziato da qui.”
“Non può essere un incendio, avrebbe annerito tutto”
Di colpo vide qualcosa muoversi alla sua destra e vi indirizzò il fascio luminoso senza riuscire a vedere niente.
“Cosa c’è?”
“Mi era sembrato di vedere qualcuno.”
“Forse era un topo.”
“Improbabile, non ce ne sono mai stati. Sono gallerie vuote, non c’è cibo quindi non ci sono animali.”
“Io non vedo niente.”
“Sarà stata la mia immaginazione” disse per minimizzare, ma la sensazione di essere osservata e che ci fosse qualcuno insieme con loro in quell’oscurità era sempre più forte.
L’arcangelo emise un debole sospiro.
Aveva allentato la sua mimetizzazione quel tanto che bastava a tenere a bada quei mostri, ma non sarebbe riuscito a farlo per molto. Le creature prendevano sempre più coraggio, spinti dal potere di Berith e la battaglia sarebbe cominciata di lì a poco.
Non poteva neanche utilizzare i suoi poteri per creare una via di fuga o trovarne una già esistente, in quella forma era molto limitato. Per poterlo fare doveva far cadere il velo, la sua maschera e Valentina si sarebbe ovviamente accorta che lui non era un semplice umano.
Un’ombra riuscì ad avvicinarsi abbastanza al braccio della donna da farla rabbrividire ed emettere un singulto, Michele guardò la creatura così intensamente che quella si ritrasse.
“Hai freddo?” chiese per mantenere l’attenzione della donna puntata su altro.
“Un po’, qui dentro la temperatura è sempre la stessa, sia d’estate che d’inverno.”
“Hai passato molto tempo qui.”
“Si, ci giocavo spesso.”
“A cosa? Non riesco a immaginare cosa possa fare di divertente una bambina in questi cunicoli bui.”
Valentina lo sorprese con una mezza risata.
“Non hai idea di quanti giochi si possano fare qui se hai un minimo di immaginazione. Il mio preferito era quello del pirata.”
“Pirata?”
“Si, facevo finta di essere un pirata, un capitano che con la sua ciurma era approdato su un’isola del tesoro e la mappa diceva che si trovava in questo labirinto di grotte. Facevo anche i vari personaggi della ciurma. Ehi capitano, qui è troppo buio!” proseguì falsando la voce. “Non fare il codardo mezzacoda, io ci vedo benissimo” disse cambiando leggermente voce.
L’arcangelo sorrise.
“Interessante, potresti fare l’attrice.”
Ora Valentina rise di cuore e Michele vide le ombre tremolare e farsi più vicine.
“Come no? Già mi vedo, vicino a quelle stangone tutte labbra e tette rifatte.”
“Beh se son fatte bene non sono niente male.”
“Bleah! Cosa ci trovate voi uomini in quelle cose finte proprio non lo capisco.”
“Io avrei qualche idea” rispose l’arcangelo per stuzzicarla, ma proprio in quel momento Valentina emise un urlo.
La mano di una delle creature era spuntata dal pavimento e le aveva afferrato la caviglia.
“O mio Dio, no!” gridò Valentina, mentre per lo spavento aveva lasciato cadere la torcia che era rotolata alcuni metri lontano da loro.
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