Chi non ama George Martin, di questi tempi?
L’autore si è fatto conoscere con le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, da cui è stata tratta una fortunata serie tv (fatta benissimo, d’altra parte). Sarebbe interessante fare delle recensioni sulle Cronache, ma ce ne sono già a bizzeffe online, per cui preferisco focalizzare l’attenzione su un libro poco noto, Il Pianeta dei Venti. Si tratta di un romanzo abbastanza datato, scritto insieme a Lisa Tuttle, costituito dall’unione di tre racconti.
Titolo | Il Pianeta dei Venti |
Autore | George R. R. Martin & Lisa Tuttle |
Data | 1981 |
Pubblicazione italiana | 2012 |
Editore | Mondadori |
Traduttore | Roberta Rambelli |
Titolo originale | Windhaven |
Pagine | 385 |
Reperibilità | Facilmente reperibile in tutte le librerie |
Sicuramente il punto di forza è lo sfondo su cui sono costruite le storie. Il Pianeta è composto da alcuni arcipelaghi, separati da mari spesso troppo burrascosi perché sia sicuro il viaggio via nave, e una grossa isola fredda, Artellia. Alcuni luoghi verranno solo nominati, ad esempio le Braci e le Isole Esterne, mentre altri saranno teatro delle vicende di Maris, come Amberly Maggiore e Thayos.
L’elemento centrale del libro è la possibilità che hanno alcuni abitanti di volare: utilizzando i rottami delle navi volanti precipitate secoli addietro hanno costruito delle ali che permettono il volo da un’isola all’altra. I volatori rappresentano una classe sociale a sè, stimata e rispettata, in alcuni casi addirittura venerata; solitamente la loro peculiarità viene sfruttata per portare messaggi tra le isole. Le ali, l’oggetto più prezioso che si possa possedere, vengono tramandate di generazione in generazione: questa è la Legge, e tutti devono attenervisi. Questo sarà il punto di partenza della prima storia: Maris, adottata da un volatore, sin da piccola prende le Ali e diventa una volatrice esperta. Tuttavia arriverà il momento in cui dovrà cederle al fratellastro Coll, che però è impacciato nel volare e in realtà vorrebbe diventare un cantore. La Legge infatti prevede che il figlio debba necessariamente ereditare le ali del padre a una certa età, per quanto Maris sia bravissima con le ali e Coll non le voglia. Maris allora invocherà un Consiglio di volatori per cambiare la tradizione, ormai antiquata e poco pratica. Il verdetto avrà risvolti inaspettati…
Gli altri due racconti si basano su altri due periodi della vita di Maris, circa vent’anni e quarant’anni dopo il primo racconto. In particolare mi è piaciuto com’è stato gestito il finale, c’era buona tensione e voglia di arrivare alla fine. Commovente l’epilogo.
Forse il punto debole dei tre racconti. La storia è incentrata su Maris, col suo punto di vista, ma di lei non emerge granché. Sì, è appassionata, energica, e ama volare; ma a parte ciò, non mi ha colpito nulla. Per fortuna nell’ultimo racconto c’è maggiore introspezione. L’unico personaggio che mi ha convinto è stato Val, peccato gli venga dato poco spazio. Le relazioni nel Pianeta dei Venti sono abbastanza diverse dalle nostre: l’amore tra Maris e Dorrel è appena accennato, i due si vedono ben poco e si chiamano ‘amore’ e ‘amico’ alternativamente… Più coinvolgente l’amore tra Maris e Evan.
Il Pianeta dei Venti è una storia di cambiamenti, sia interiori, sia su scala sociale. Non si può non rimanere affascinati dai volatori e i loro voli, dai loro costumi e tradizioni, che saranno sempre messi in discussione nel corso della vita di Maris. Sarebbe stato bello se il tutto fosse stato approfondito: ecco un esempio della descrizione dell’unica vera città, Stormtown.
[…] Si chiamava Stormtown, ed era stata fondata dai marinai delle stelle. Maris la trovava sempre affascinante. Ovunque c’erano mulini a vento, con grandi pale che ruotavano contro il cielo grigio. […] C’erano centinaia di negozi e di chioschi che vendevano merci utili e una quantità di gingilli superflui. Trascorse qualche ora al mercato, curiosando allegramente e ascoltando le chiacchiere, anche se fece pochi acquisti. Poi mangiò pesceluna affumicato e pane nero e bevve un boccale di kivas, il vino speziato che era l’orgoglio delle Shotan’.
Nessun particolare curioso, apparte il vino che viene citato altre volte, nessun dettaglio che mi faccia capire perché questa città sia affascinante…
Lo stile è molto raccontato, ma non mi è pesato. I racconti si leggono bene e sono scorrevoli, non mi sono mai annoiato. Quindi in conclusione sì, lo suggerisco a chi vuole approfondire la produzione di Martin, e a chi vuole leggere un fantasy un po’ leggero e senza troppe pretese.
VOTO: 7-/10
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