Quando vi siete decisi finalmente a scrivere il vostro romanzo, c’è un elemento dello stile di cui dovrete essere certissimi: il tipo di narratore.
“Costui” (che poi sareste voi con una o più maschere, o anche nessuna) è la voce che racconta tutta la vicenda e che, per quanto possa defilarsi dalla trama, decide comunque l’andamento del libro.
Come è noto esistono principalmente due tipologie di narratore: quello in prima e quello in terza persona.
Nel genere fantasy la prima persona è molto rara, o, per meglio dire, quasi tutti i romanzi fantasy che hanno ottenuto grande successo non utilizzano la prima persona. Ciò, forse, è dovuto al fatto che una narrazione in prima persona è molto immediata e non richiama in alcun modo la sensazione “fiabesca” che invece la terza persona dona quasi in modo automatico.
Il narratore, in questo caso, è un personaggio che partecipa alla vicenda, oppure che vi ha partecipato in passato, e che ora la sta raccontando al lettore. La sua particolarità è il non poter fingere di non sapere come andranno a finire le cose (a meno che non racconti al presente).
Il narratore in terza persona è invece la costante del fantasy, e si suddivide in varie possibilità secondarie.
Il narratore in terza persona interno. Questa tipologia era molto utilizzata nei romanzi del passato (non fantasy), ma al giorno d’oggi è pressoché scomparsa. In pratica la storia viene narrata da un personaggio sì interno alla vicenda, ma un po’ defilato: egli ha visto i fatti svolgersi, e forse ne ha anche preso parte, ma solo in modo marginale; in questo modo si aprono due possibilità contemporanee che in tutti gli altri casi invece si escludono a vicenda:
1 – si potranno emettere giudizi e sentenze sui personaggi e gli avvenimenti (come nel caso del narratore in prima persona);
2 – si potrà essere pressoché onniscienti, poiché è sottinteso che il personaggio narrante sappia tutto.
Il narratore in terza persona esterno. Costui in un certo senso è “Dio”: è ovunque, ma non lo si vede mai. È soltanto una voce neutra che racconta ciò che avviene, e non deve mai e poi mai emettere giudizi su quel che accade (a meno che non voglia diventare un narratore metanarrativo che, però, soprattutto nel fantasy, è una possibilità quasi folle).
Qui possiamo fare due ulteriori suddivisioni: il narratore esterno onnisciente e quello non onnisciente.
Nel primo caso la voce che narra sa tutto di tutti: può addirittura saltare da una testa a un’altra, dal pensiero del personaggio A a quello del personaggio B, nell’arco dello stesso dialogo. Con esso voi scrittori non potrete celare informazioni al lettore, poiché la voce sa tutto e, essendo “sovrumana e divina”, non ha ragione di nascondere elementi.
Nel secondo caso invece la voce narrante, pur essendo esterna, non sa tutto di tutti, ma segue un unico personaggio (o un gruppo di personaggi), pertanto le informazioni note al lettore coincidono con quelle del protagonista (o magari sono anche inferiori alle sue). Un tipico esempio di questa possibilità sono i capitoli delle “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” presi singolarmente: il narratore segue il protagonista del capitolo e racconta quello che avviene al singolo personaggio.
Quest’ultimo esempio ci mostra però come all’interno di romanzi vasti le possibilità narrative siano ben più vaste di quelle che vi ho presentato. Miscelando (con intelligenza e bravura) le varie possibilità, si possono creare situazioni interessanti e colpi di scena.
Sta solo a voi, futuri scrittori, trovare una nuova commistione mai sperimentata prima (se ne esistono ancora di intentate).
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Perché un narratore metanarrativo sarebbe un’impresa folle?
Ciao Luca,
all’interno del fantasy questa è una strada che sino a oggi non è stata molto utilizzata. Non parlo della metanarrazione che si potrebbe definire “semplice” (cioè il rivolgersi al lettore o cose del genere), poiché la si può riscontrare in certi casi; essa però accentua molto il lato fiabesco e, dunque, nel fantasy odierno, dai toni sempre più gelidi e verosimili, non ci sta molto bene (infatti la si riscontra sempre meno); nell’articolo mi riferisco piuttosto alla metanarrazione “complessa”, o più moderna, quella che nella narrativa non di genere ha tentato strade molto particolari, con veri e propri romanzi “sperimentali”, molto avanguardistici (Romanzi come, per fare un esempio, “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Calvino). Questi testi altamente “metanarrativi” sono libri che smontano il concetto stesso di narrazione: il loro obiettivo non è proporre una trama, ma destrutturare l’idea stessa di romanzo; hanno insomma uno scopo ben diverso rispetto a quello proprio di un romanzo di genere che, per definizione, è legato alle meccaniche del suo genere.
In questo senso, tentare di scrivere un romanzo moderno metanarrativo di genere fantasy sarebbe qualcosa di estremamente difficile, e riceverebbe ben pochi riscontri dal pubblico che legge abitualmente fantasy (un pubblico che ama molto la trama complessa, ma che non cerca quel tipo di romanzo sperimentale che invece vuole riflettere sul concetto stesso di romanzo).
Essendo quindi questa rubrica indirizzata principalmente a chi desidera cominciare a scrivere un romanzo fantasy, mi sento di sconsigliare di iniziare tentando strade così difficili (letteralmente folli, appunto, per chi fosse alle prime armi).
Poi, come sempre in campo letterario, un autore che volesse tentare nuove strade, può intraprendere anche quella della metanarrazione nel fantasy, ma se riuscirà a farlo con buoni risultati probabilmente egli è già uno scrittore esperto che non necessita più dei consigli di questo articolo.
Capito capito, grazie per la spiegazione. In effetti una cosa del genere sarebbe più “facile” in un fumetto(con tra l’altro ottimi risultati, ad esempio il Multiversity di Morrison uscito qualche anno fa)