Chi di voi non ha mai sognato di cavalcare, o soltanto accarezzare un unicorno?
L’Unicorno, bellissimo stallone bianco con un corno sulla fronte, la cui leggenda diceva che poteva essere catturato solo ponendo una vergine sotto un albero perchè l’animale, sensibile al profumo della verginità, andasse a metterle il capo in grembo.
Creatura che ritroviamo rappresentata nella storia dell’arte sotto diverse spoglie, è un filo conduttore che lega culture e continenti diversi.
Il mito dell’unicorno nacque in India e nel Vicino Oriente, luoghi in cui la mostruosità era un elemento che non sempre simboleggiava le fattezze del male, esso si radicò sucessivamente nell’Occidente durante il Medioevo, consevando i suoi elementi simbolici fondamentali: la scontrosità, le proprietà curative del corno, il rapporto con la vergine e con l’albero, ma in quel periodo l’unicorno a volte era rappresentato come il Cristo, altre volte come il Demonio.
La sua simbologia ambigua fu dovuta al fatto che, inizialmente, l’animale veniva associato erroneamente al rinoceronte, che per la sua stazza e aggressività, non era visto di buon occhio.
La chasse et la licorne, arazzo del museo di Cluny (1480 circa).
L’ignoto autore ha rappresentato la scena con tutti gli elementi usuali in un ordinaria caccia al cervo.
Ai tempi di Shakespeare all’unicorno credevano tutti o quasi: non c’era praticamente sovrano che non possedesse uno dei lunghi corni d’avorio dell’animale nella sua collezione di souvenir esotici provenienti dai diversi viaggi. La polvere di unicorno si vendeva nelle farmacie a peso d’oro, ed era utilizzata contro qualsiasi tipo di veleno.
In realtà questi corni presenti in molte collezioni sparse per il mondo appartengono ad un cetaceo chiamato narvalo.
Diciamo che non possiamo negare che gli unicorni esistano, anche se non hanno il corpo di cavallo, il loro corno non è dotato di speciali virtù terapeutiche e non sembrano aver particolari rapporti con le vergini.
Il tema dell’Unicorno in una serie di disegni del XVII secolo.
Fra XII e XIII secolo, l’unicorno raggiunge il suo aspetto “classico”, quello conosciuto da tutti noi: è ormai un candido cavallo che reca sulla fronte un corno di narvalo. Nei quadri di quel tempo si sottolinea il suo carattere di guaritore, l’animale diventa così un simbolo del candore, del Cristo, ma anche della vergine stessa.
La vergine e l’unicorno in un dipinto di Domenico Zampieri detto il Domenichino (1581-1641)
conservato a palazzo Farnese. L’unicorno era l’emblema della famiglia Farnese.
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