L’arte fantastica non si rifà soltanto a paesaggi irreali, o creature mitologiche, la possiamo trovare anche nella rappresentazione del corpo umano.
Nel tempo si sono sviluppati ben tre metodi di raffigurare l’essere umano: la tendenza realistica, la tendenza idealizzante, e la tendenza espressiva.
La tendenza realistica si basa sulla riproduzione della realtà in modo fedele, essa esprime generalmente l’intenzione di descrivere una particolare realtà sociale e culturale, raggiungendo il massimo livello di fedeltà al vero a partire dagli anni Settanta del Novecento, dagli iperrealisti americani, che hanno realizzato sculture a tutto tondo raffiguranti esseri umani talmente simili al loro modello da risultare sconcertanti.
La tendenza idealizzante, invece si basa sulla rielaborazione delle forme e delle proporzioni delle figure umane al fine di esprimere la loro concezione del mondo, piuttosto che riprodurle in modo fedele, rappresentandole schematizzate, geometrizzate per comunicare attraverso di esse dei contenuti o dei significati simbolici.
Un esempio lampante di questa tendenza è la Venere di Willendorf (23.000-19.000 a.C.)
Si tratta di una è una statuetta di 11 cm d’altezza raffigurante una donna, scolpita in pietra calcarea risalente al Paleolitico. Secondo alcune interpretazioni si tratta di un’idealizzazione del corpo femminile in quanto le proporzioni sono alterate ed esasperate: Il seno e il grembo sono gonfi e molto pronunciati, con l’intento di rappresentare un significato fortemente connesso alla fertilità. Alcuni suggeriscono inoltre che, in una società di cacciatori e raccoglitori, la corpulenza e l’ovvia fertilità della donna rappresentavano un elevato status sociale, sicurezza e successo.
Nella tendenza espressiva, gli artisti indagano sui gesti e sulle espressioni delle figure rappresentate, i corpi vengono allungati, distorti, disintegrati, disarticolati, alterati nelle loro proporzioni. Questa tendenza si è sviluppata soprattutto nel corso del Novecento, quando la realtà soggettiva prese il posto dei canoni classici di bellezza. La realtà cede così il posto ai sentimenti e ai pensieri personali di chi dipinge.
Les demoiselles d’Avignon – Pablo Picasso – 1907
Il quadro mostra cinque prostitute in un bordello di Calle Avignon, a Barcellona.
Il punto di vista dello spettatore è centrale, egli è quasi obbligato ad affrontare la vista delle prostitute dritto di fronte a sé, quasi a rendere l’opera una sorta di meditazione sui pericoli del sesso, data anche dagli spigoli sporgenti sullo sfondo.
Le figure guardano direttamente l’osservatore, dando così l’idea della donna padrona di sé, e che non è presente solo per il piacere maschile.
Autoritratto nudo – Egon Schiele -1910
La mancanza di sfondo fa risaltare i contorni spigolosi della figura, che non è una riproduzione del vero, ma l’espressione dei sentimenti e delle sensazioni dell’artista. Nel 1911 Schiele scrisse in una lettera:
«Quando mi guardo, mi sento costretto a guardarmi anche interiormente e a scoprire che cosa voglio, che cosa
avviene in me».
La Danza -Henri Matisse – 1909
In questo dipinto sono presenti cinque soggetti nudi che, tenendosi per mano, procedono vorticosamente a girotondo. I colori sono solo tre, tutti saturi e nettamente delineati, ovvero il rosa dei corpi, il blu del cielo, e il verde della terra.
Matisse dichiarò riferendosi a questo dipinto:
« Il primo elemento della costruzione fu il ritmo, il secondo una vasta superficie blu scuro (allusione al cielo mediterraneo nel mese di agosto); il terzo un verde scuro (il verde dei pini mediterranei). Partendo da questi elementi, i personaggi non potevano che essere rossi, per ottenere un accordo luminoso. »
Le forme non rispettano esattamente le proporzioni, in quanto l’artista ha favorito l’espressività cromatica utilizzando colori accesi, per rappresentare la gioiosità della danza.
(1949)