L’immenso spazio era circoscritto solo da esili colonne che svettavano nel cielo e di cui non era possibile vedere la fine. L’intero firmamento era visibile alzando lo sguardo, mentre al centro della stanza in una sfera luminosa Azrael seguiva le vicende umane.
Era parecchio corrucciato e le sue ali, normalmente nere come la notte e splendenti come un cielo senza stelle, sembravano opache.
La sfera mandava immagini scomposte, frammezzate, pezzetti di vita di pochi secondi e poi sostituiti con altre. Gli occhi dell’arcangelo si muovevano velocemente, come se riuscissero a seguire quei frantumi di vita fino alla fine.
“Fratello non dovresti essere qui” gli disse quando fu vicina.
Lui sembrò non sentirla, troppo preso dalle immagini che volavano via rincorrendosi.
“Lo so” rispose distrattamente.
“Non riesco a capire cosa stai cercando”
Il bel viso dell’arcangelo di distese e volse i suoi occhi neri e profondi verso la sorella.
“Chamuel è tempo che io la trovi” le disse.
“Siamo quindi a questo punto?” rispose al fratello.
Lo guardò dritto negli occhi, sapendo di potervi leggere qualsiasi cosa, ma non avendone intenzione.
“Siamo sull’orlo dell’Apocalisse, tu avrai molto da fare Angelo della Morte” gli rispose seria chiamandolo con l’appellativo che lo contraddistingueva “il tuo compito è andare a recuperare quelle anime, e tenerti pronto per la battaglia”
Lui continuava a guardarla, era sicura che stesse vedendo la preoccupazione nei suoi occhi dorati.
“Sono nulla senza la mia arma, lo sai bene. E di certo lei non tornerà da me di sua spontanea volontà. Non posso combattere senza di lei” disse semplicemente, non c’era astio nella sua voce o preoccupazione, ma solo constatazione dell’ovvio.
Chamuel sospirò.
“Lo sai che non sa neppure di essere parte di te. La maledizione ha fatto il suo effetto. Ora lei è sulla terra e se tu scendessi a prenderla saresti punito.”
“Da chi?” osò chiederle.
L’arcangelo scosse la testa per poi riprendere a guardare il fratello.
“Ti servirà una mano, e la maledizione riguarda te, non me.”
“E’ troppo pericoloso, non puoi aiutarmi”
“Prova a fermarmi” disse lei ergendosi in tutta la sua statura e con le ali ambrate semi aperte.
“Sei una testa dura sorella, lo sai vero?” disse lui sorridendole.
Chamuel gli sorrise in risposta strizzandogli l’occhio.
“Ora muoviamoci, dobbiamo eludere la sua guardia”
“Ciao io sono Chamy”
Amber sussultò sulla sedia. Era nella biblioteca della Setta da almeno due ore, senza parlare dei giorni precedenti, a cercare informazioni sui vampiri, ed era talmente presa da quello che stava leggendo da non accorgersi della donna che le si era seduta di fronte.
“Ciao, io sono Amber” disse timida spostando una ciocca castana dietro l’orecchio destro.
Ora che aveva alzato gli occhi non riusciva più a distoglierli, quella donna era bellissima e lei era sicura di essere etero, ma era altrettanto sicura che Chamy potesse far cambiare orientamento sessuale a qualsiasi persona.
Aveva gli occhi color dell’ambra e capelli del colore del mogano con riflessi dorati e tutto in lei parlava di perfezione.
“Mi stai fissando” disse lei sorridendo
Amber sembrò riprendersi
“Oh, scusa” si affrettò a dire abbassando lo sguardo “è che sei..” non finì la frase.
Si immobilizzò di colpo, mentre il terrore le attanagliava le budella. Erano passati due mesi dalla sua aggressione nel bosco, dalla sua vita precedente, come aveva finito per chiamarla.
Ormai aveva imparato che sulla terra non camminavano solo gli umani, ma anche creature terrificanti, che nascondevano la loro malvagità dietro la bellezza. I volti dei vampiri alla cena nel maniero, le loro risate, il luccichio in quegli occhi bellissimi e la discesa delle zanne, tutto le ritornò alla mente come se stesse succedendo in quel momento.
Quella donna era troppo perfetta per essere vera e di conseguenza poteva anche essere un vampiro, ne aveva già incontrati due da quando era in quel palazzo e non era andata bene.
“Cosa sei?” chiese con voce gelida
Il sorriso sul volto della donna non si era spento e se era possibile era diventato più dolce, così come il suo sguardo. Sembrava stesse guardando una bambina in difficoltà.
“Oh cara, ti hanno fatto del male?” chiese in un sussurro.
Amber si alzò di scatto, talmente veloce da far cadere la sedia che provocò un rumore che echeggiò in tutta la biblioteca. Svariate teste si girarono nella loro direzione.
Dimenticando qualsiasi cosa Amber decise di darsi alla fuga, era quello che le riusciva meglio, quello che le aveva già salvato una volta la vita, scappare.
Corse con tutte le sue forze, prima nel giardino che si estendeva tra la struttura principale e la biblioteca, poi su per le scale.
Si sentì chiamare per nome un paio di volte, ma non si fermò fin quando non raggiunse la sua stanza e vi si chiuse dentro a chiave.
Si accucciò contro la porta, mentre calde lacrime le scendevano sulle guance.
Dopo qualche minuto sentì dei passi leggeri avvicinarsi.
“Amber, scusa se ti ho spaventata, non sono una di loro. E’ vero non sono umana” si interruppe per qualche minuto come se fosse indecisa su quanto dire “sono un angelo” disse poi in un sussurro.
Amber rimuginò sulla cosa per qualche minuto
“Perché dovrei crederti?” chiese corrugando la fronte.
“Perché non posso dire bugie. Sono venuta per te. Sei molto importante per noi.”
“Sono una semplice umana con la paranoia per i vampiri, come potrei mai esservi utile” disse quasi singhiozzando.
Amber sentì solo silenzio in risposta, tanto che si chiese se se ne fosse andata.
“Sei molto di più piccola mia, molto di più. Quando sarai pronta per parlare con me, vieni a cercarmi”
Detto questo sentì i passi che si allontanavano nel corridoio.
Si alzò da terra e si andò a distendere sul letto.
Da lì poteva vedere il cielo sereno fuori dalla finestra, nella sua mente si rincorsero le parole di Chamy e le immagini dei vampiri. Chiuse gli occhi esausta da quello scontro psicologico che stava avvenendo nel suo cervello.
Il cielo era limpido e sereno, dentro di lei invece imperversava una bufera.
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