La magia (parte 2)

Riprendiamo il discorso da dove l’avevamo lasciato: le ambientazioni colme di magia. Su questo punto ho già dato alcune informazioni in passato, ma non mi sono mai dilungato in modo specifico.
Vi sarà ormai chiaro che se volete creare un mondo in cui la magia fa da padrone, dovrete essere molto attenti a giostrare la logica della vostra ambientazione per non incappare in quegli innumerevoli paradossi di cui vi ho parlato altre volte. L’obiettivo è complesso, ma non impossibile.
Come sempre, inoltre, vi avverto che il metodo illustrato è quello che io ho preferito dopo molti tentativi, perciò non ha alcuna valenza assoluta. Se voi ne avete di migliori vi invito a usarli, e magari possiamo anche confrontarci se volete dirmi quale è il vostro.

Iniziamo ora con le spiegazioni.
In un mondo permeato di magia, innanzitutto ritengo sia bene capire cos’è questa “magia”. Per quale motivo le creature della vostra ambientazione sono in grado di modificare la realtà con il proprio volere? Hanno un legame particolare con le divinità? Oppure è una caratteristica di una particolare razza?
Vi invito a rispondere a queste domande nel modo più personale possibile, così risalterà l’unicità della vostra creazione. Le risposte che troverete saranno i pilastri su cui basare tutto il resto.

Appena avrete compreso il “perché”, dovrete trovare il “come”.
Dovrete porvi una nuova serie di domande che implicheranno l’uso effettivo della magia da parte dei personaggi. Ad esempio: di cosa ha bisogno il mago per scatenare i propri incantesimi? Può farli in continuazione o ha un limite? Può modificare qualsiasi cosa oppure no?
Come avrete notato, se andrete a rispondere minuziosamente a tutte le domande, otterrete un elenco di capacità proprie del vostro personaggio. È più o meno a questo punto che il rischio “gioco di ruolo” è dietro l’angolo. Se prenderete decisioni troppo schematiche, queste risalteranno ogni volta che il personaggio magico agisce e diverrà evidente il suo funzionamento meccanico. Per fare un ulteriore esempio, evitate decisioni del tipo: il mago può lanciare dieci incantesimi al giorno. Questo è qualcosa di decisamente poco “romanzesco e reale” per essere inserito in un libro.
Vi invito invece a decidere elementi come: il mago ha molte energie magiche che si consumano con l’utilizzo o in relazione alla potenza degli incantesimi usati; oppure: per usare la magia ha bisogno di meditare varie ore al giorno; oppure: può usare gli incantesimi solo di giorno, poiché sfrutta l’energia solare; e così via. Insomma, siate fantasiosi, ma non eccessivamente meccanici.

Una volta che avrete deciso tutte queste caratteristiche, arriverà il momento più difficile: dovrete dimenticarle.
Con ciò intendo dire che nella scrittura del romanzo dovrete dare le minori spiegazioni possibili su come funziona la magia. (Questo concetto è fondamentale nella stesura di un romanzo e ve lo ripeterò anche al termine di questa serie di articoli.) Al lettore dovrete dare esclusivamente le informazioni necessarie affinché capisca quel che ha bisogno di capire. È inutile scrivere chilometri di spiegazioni su come il mago immagazzina energie magiche, se ciò non ha alcun peso all’interno della trama. Questi dettagli teneteli per voi, e limitatevi a scrivere invece che il personaggio ha bisogno di immagazzinare energie.
Ogni volta che darete una spiegazione, domandatevi dunque se le frasi appena scritte hanno un’utilità ai fini della trama, o se sono soltanto un approfondimento che non muta la storia. (Questo consiglio vale sempre, anche per ciò che non riguarda la magia e anche se non volete scrivere fantasy.) Cancellate tutto quello che per il lettore è inutile e lasciate solo ciò che non potete esimervi dall’inserire. Dopo che avrete fatto questo minuzioso lavoro, scoprirete comunque che le informazioni necessarie sono moltissime e che la pazienza del lettore sarà già messa a dura prova con esse.

Come si fa a decidere se qualcosa è utile al lettore?
Su questo si potrebbe discutere, ma in linea di principio tutto ciò che lascia la trama invariata può essere messo da parte. È come se scrivendo un giallo iniziereste a spiegare il funzionamento di una pistola: sarebbe una noiosissima descrizione priva di utilità. Se invece nel corso della trama il protagonista deve conoscere il funzionamento di una pistola per risolvere il caso, allora la spiegazione sarà necessaria.

L’ultimo avvertimento che devo darvi è ancora, per l’ennesima volta, quello della logica: fate attenzione alle magie che inserite. Ogni potere deve essere portato alle sue estreme conseguenze e il mondo, e la trama, muteranno di conseguenza.

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Ha scritto il suo primo libro all'età di otto anni (un'orribile copia di Jurassic Park) e da allora non ha più smesso di sprecare inchiostro, nel tentativo di emulare i suoi inarrivabili punti di riferimento. Collabora con alcuni siti di interesse letterario, oltre a questo blog. Ha affrontato i misteri dell'autopubblicazione, alcuni premi letterari e una piccola pubblicazione in cartaceo, ma continua a scrivere continuamente per raggiungere il suo vero obbiettivo: scrivere continuamente.
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3 Comments

  1. avatar Andrew Next ha detto:

    Scena, versione 1 (lettore ignaro)
    La torre dell’orologio suona tre quarti della quarta ora del giorno.
    La riunione del direttivo della gilda dei mercanti si trascina tra una litigata e l’altra per l’approvazione di un bilancio.
    Improvvisamente si delinea sul tavolo un pentacolo luminoso e un terrificante beholder ne emerge.
    Segue strage e abbuffata (del beholder).

    Versione 2 (il lettore sa che c’è una trappola e come funziona… sa pure cosa ne uscirà)
    La torre dell’orologio suona tre quarti della quarta ora del giorno. (Tensione: il lettore sa che in quindici minuti si scatenerà il finimondo).
    La riunione del direttivo della gilda dei mercanti si trascina tra una litigata e l’altra per l’approvazione di un bilancio. (Che ci state a fare tutti li? Scappate via!)
    L’orologio della torre suona la sesta ora (panico: è tardi!)

    Nel primo caso si ha una grossa sorpresa, interesserà una volta e poi, essendo nota, non sarà più una sorpresa. I romanzi di Martin ne son pieni, lui le sa sfruttare bene. Usare la suspence attraverso la consapevolezza del lettore, invece, richiede altre abilità… Hitchcock ci riusciva benissimo. Cosa c’entra il maestro del thriller con il fantasy? Dopo il primo incontro draghi e incantesimi sono sorprese note. Non puoi riutilizzarle se non crei un po di suspence.

  2. avatar Andrea Micalone ha detto:

    Immagino che questo commento sia riferito all’articolo su suspense e colpo di scena (in cui appunto faccio riferimento a Martin e Hitchcock).

    Con i tuoi esempi hai giustamente rielaborato in chiave fantasy l’esempio di Hitchcock della bomba nel locale. Nel primo caso crei una sorpresa improvvisa, nel secondo invece nasce la suspense.
    Per creare i due tipi di emozione occorre un lavoro narrativo ben diverso, e su questa differenza è appunto incentrato l’articolo, quindi siamo d’accordo.

    Cosa c’entra Hitchcock con il fantasy? Nulla, ma nell’articolo affronto le differenze tra colpo di scena e suspense, perciò (in quanto Hitchcock con l’esempio della bomba spiega alla perfezione la suddetta differenza) ho citato il maestro del brivido per raccontare il suo celebre esempio.
    Inoltre, mi sono domandato se un amante della suspense (come era appunto Hitchcock) avrebbe potuto apprezzare un’opera basata invece esclusivamente sul colpo di scena (come quella di Martin). Mi sembrava chiaro dall’articolo, ma con questa spiegazione dovrei aver eliminato ogni tuo dubbio.

  3. avatar Andrew Next ha detto:

    Giusto per dire che uno spettatore consapevole non è necessariamente un male. Una volta che hai stabilito come funziona esattamente la magia l’importante è che una volta stabilito, quelle regole rimangono “scritte nella pietra”. Se in un gioco di ruolo a cambiare una regola per esigenze narrative si rischia il linciaggio da parte degli altri giocatori, in un romanzo c’è la certezza dello sputtanamento e la conseguenza è il dover cambiare mestiere perché il pubblico diventa scettico. Un lettore che non crede a quel che scrivi… smette di leggere e con una magia fumosa, indistinta e poco distinguibile dalla realtà, se non fai di cognome Tolkien, rischia comunque di non essere creduta (e la sospensione dell’incredulità torna a farsi benedire).
    In questi casi il buon Arthur C. Clarke è d’aiuto: “Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”.
    Quando crei un mondo hig-magic quello che lo spettatore chiama magia (ma pure molti personaggi non-maghi) è semplicemente il meglio che la tecnologia offre da quelle parti.

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