La Chimera è una creatura della mitologia greca che sputava fuoco, con il corpo di capra, la testa di leone e con un serpente al posto della coda, il cui morso era velenoso. In alcune raffigurazioni presenta anche una testa di capra sulla schiena o delle ali.
Secondo la leggenda nacque dall’unione tra Tifone ed Echidna, insieme ai suoi fratelli Ortro, l‘Idra di Lerna e Cerbero.
Questa creatura mitologica compare nell’Iliade di Omero, il quale scrive:
“…Era il mostro di origine divina, lion la testa, il petto capra, e drago la coda; e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco: e nondimeno, col favor degli Dei, l’eroe la spense…” (Iliade, VI, 223-226) ;
ma è presente anche nelle opere di Virgilio, Esiodo, Platone e Fedro.
La figura mitologica della Chimera era sinonimo di una somma di vizi: la violenza del leone, la perfidia e l’oscurità del serpente, e la lussuria della capra. Per contro, la virtù era simboleggiata da Bellerofonte che, in sella al suo cavallo alato Pegaso, che aveva prima catturato e poi domato, uccise la Chimera con la lancia.
Altra interpretazione è invece data dagli alchimisti medievali. Questi ultimi spiegavano così la Chimera: il leone era il coraggio, la forza, il sole, il calore e l’estate; il serpente rappresentava il male, la notte, la vecchiaia e l’ inverno; la capra infine era la transizione, il crepuscolo e simboleggiava le stagioni dell’autunno e della primavera. In questo senso, durante il medioevo la Chimera divenne una sorta di simbolo del cambiamento, con un’accezione però negativa.
Nell’arte sicuramente l’opera più rilevante è la Chimera di Arezzo. Si tratta di una statua di bronzo rinvenuta nel 1553 in Toscana, nella città d’Arezzo durante la costruzione di fortificazioni della famiglia de’ Medici alla periferia della cittadina, questi ultimi reclamarono subito la statua per la propria collezione che fu esposta pubblicamente presso il Palazzo Vecchio.
La sua datazione viene fatta risalire ad un periodo compreso tra l’ultimo quarto del V e i primi decenni del IV secolo a.C. Faceva parte di un gruppo di bronzi sepolti nell’antichità per poterli preservare.
La statua inizialmente fu identificata come la rappresentazione di un leone, in quanto la coda fu rinvenuta e ricomposta al resto del corpo successivamente nel XVIII secolo. Il restauro alla coda, però fu eseguito in maniera sbagliata: il serpente doveva avventarsi minacciosamente contro Bellerofonte e non mordere un corno della testa della capra.
Nel 1718 venne poi trasportata nella Galleria degli Uffizi e in seguito fu trasferita nuovamente, presso il Palazzo della Crocetta, dove si trova tuttora, nell’odierno Museo archeologico di Firenze.
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