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Il significato della notte – Eleonor – Sciarada – Parte II

Nonostante non avessi mai smesso di divincolarmi, in realtà in pochi secondi fui ridotta praticamente all’impotenza, con l’unico vantaggio di avere le mani legate davanti e non dietro la schiena. Almeno non avrei rischiato di rompermi l’osso del collo durante quella che sospettavo sarebbe stata una lunga marcia. Era infatti evidente che la combriccola di cui ero entrata mio malgrado a far parte dovesse spostarsi da lì ed anche in fretta, se non altro per evitare che qualcuno potesse vedermi, per quanto la cosa fosse abbastanza improbabile. Fearghal ormai era chissà dove con i suoi amici, e non si sarebbe accorto della mia sparizione se non quando fosse tornato a casa la mattina dopo. Ero completamente sola, visto che anche Aidan mi era stato sottratto.

Smisi di agitarmi e decisi invece di conservare le forze per non negarmi la possibilità di trovare una via di fuga, in qualche modo. Non avevo ancora terminato di raccontare a me stessa questa pietosa bugia quando dal folto del bosco apparve un altro uomo. Sì, questo potevo definirlo davvero così perché era completamente diverso dagli altri due.

“Vedo che finalmente hai smesso di divincolarti. Direi che allora possiamo muoverci.” La sua voce era calma e profonda, suonava gradevole alle orecchie. Il modo di parlare era scorrevole, non privo di una mal celata e divertita ironia riguardo ai miei goffi tentativi, ma comunque non provocatorio. Un toccasana per le mie orecchie che ormai si erano abituate a ricevere solo silenziose risposte.

Al suono di quella voce tutto il mio interesse si rivolse al nuovo arrivato. Schermandomi gli occhi con le mani legate mi fermai un momento ad osservarlo, puntando la mia attenzione sul suo corpo prodigiosamente privo di bruciature ed in netto contrasto con le visioni precedenti. Era alto, snello, decisamente ben vestito considerando la situazione: indossava una casacca che sembrava essergli stata cucita addosso e che fasciava il suo torace ampio, muscoloso, del tutto delineato sotto la stoffa sottile. Le brache, invece, erano di foggia leggermente più ampia e avevano una lunga apertura laterale che arrivava appena sotto la vita, così da rivelare la linea agile delle gambe ad ogni movimento. I capelli erano neri con sfumature bluastre, cresciuti disordinatamente e scendevano in riccioli morbidi  e un po’ arruffati fin quasi a celare gli occhi attenti e brillanti di un colore tra il verde e il grigio, filtrato da ciglia folte e nere. Non fosse stato per quell’aria divertita che comunque gli aleggiava addosso, avrei definito il suo sguardo duro e penetrante come quello di chi si aspetta di non essere mai contraddetto. Il viso era davvero bello, con magnifiche sopracciglia scure arcuate nitidamente, un naso sottile e diritto, una bocca ferma ma decisamente sensuale. Anche la linea della mandibola era forte e snella. Un miracolo di bellezza, nonostante quell’orrida cicatrice che gli attraversava le labbra, disegnando una traccia leggermente più chiara su quel volto dalle proporzioni perfette.

“Quando avrai finito di osservarmi, spero vorrai fare la brava e cominciare a camminare. A proposito…vedi di non fare scherzi”.

Il suoi occhi ridevano di me, ed io ero furiosa con me stessa per averlo permesso. La sua frase mi aveva presa alla sprovvista e violando l’intimità delle mie riflessioni mi aveva colpito in pieno con la violenza di una frustata. L’ultima cosa che volevo era apparirgli come una fanciulla sciocca, pronta ad obbedire ad ogni suo ordine, ma in realtà mi trovavo di fronte all’uomo più bello che avessi mai visto e questo mi faceva sentire le gambe molli. Non era paura, o almeno non solo quella, ma era meglio che lui questo non lo sapesse. Scattai in piedi senza dire una parola, e tenendo lo sguardo basso cominciai a camminare seguita dal resto della compagnia. Per quanto non fossimo semplicemente in due, riuscivo distintamente a percepire lo sguardo dell’uomo perennemente stabile sulla mia nuca, attento a qualsiasi movimento. Andò avanti così fino a sera, fino a quando cioè ci fermammo per la notte. I “mostriciattoli” (così ormai chiamavo tra me gli altri due loschi figuri) si occuparono di tutto: trovarono legna per accendere il fuoco, procurarono cibo e acqua, allestirono dei piccoli giacigli per me e per quell’uomo che sembrava indiscutibilmente essere il loro capo. Mi vergogno ad ammetterlo ma mi addormentai quasi subito, vedendo come ultima cosa due pupille grigie sfumate di verde fisse su di me.

Mi svegliai di soprassalto e precisamente all’alba. Nonostante prima di allora non avessi mai dormito all’addiaccio, mi sentivo rilassata come se avessi riposato tranquillamente nel mio letto e già pronta ad affrontare una nuova giornata di cammino. Durante la notte mi ero evidentemente riappropriata della padronanza di me, quindi decisi di cominciare a porre qualcuna delle tante domande che mi giravano in testa.

“Chi siete? Cosa volete da me? Dove stiamo andando?” dissi rivolta all’uomo.

“Appena sveglia ti si è già sciolta la lingua. Quante domande, troppe. Io obbedisco solo agli ordini, conosco solo quelli.”

“E quali sarebbero questi tuoi ordini?”

“Quelli di condurti sana e salva al cospetto del mio signore e padrone. Non so altro.”

Signore e padrone, aveva detto. Quindi lui, nonostante sembrasse “comandare” quegli altri due era a sua volta un semplice subalterno. Prima notizia.

“E’ ancora molto lontana la dimora del tuo padrone?”

“No. Domani mattina saremo a destinazione. Ma non è detto che lui voglia incontrarti subito. Lo sapremo solo appena giunti.”

Seconda, ottima notizia. Il posto in questione non era molto lontano dal luogo in cui io e Fearghal ci recavamo per allenarci, per cui seguire le tracce non gli sarebbe stato troppo difficile. Con un po’ di fortuna, sarei rimasta in balia di questa gente solo il tempo necessario a mio fratello per riunire una piccolo gruppo di uomini e venirmi a prendere.

“Posso sapere chi è il tuo padrone? Ha un nome, suppongo.”

“Adesso mi hai stancato. Tu parli troppo, pensa a camminare.”

Per tutto il tempo di questa breve conversazione avevo semplicemente sentito la voce dell’uomo arrivare da dietro le mie spalle, ma a questa frase decisi di voltarmi. Colsi così il volto duro di chi, pur non condividendo in pieno le direttive ricevute, ha deciso comunque di portarle a compimento.

“Non ti illudere” – dissi a me stessa. “Farà esattamente quello che gli è stato ordinato, che per tua fortuna prevede la tua incolumità. Almeno per il momento.”

Tornai a camminare in silenzio, sguardo a terra ma mente che viaggiava molto più veloce di tutti noi tre messi insieme. Alla vista degli occhi dell’uomo, infatti, un’idea folle si era fatta largo nella mia mente e adesso volevo ponderarla bene. Non avevo molta esperienza a riguardo, solo pezzi di discorsi rubati qua e là all’insaputa dei miei fratelli, ma dovevo comunque provarci.

I due mostriciattoli adesso procedevano avanti, annusando l’aria come cani alla ricerca di un osso; io ero al centro del gruppo e subito dietro di me, attento e silenzioso, veniva l’uomo dagli occhi grigi. L’occasione era perfetta, bastava solo… Di colpo rallentai il passo fin quasi a farlo aderire alla mia schiena, poi feci finta di mettere un piede in fallo e crollai. Non riuscii nemmeno a toccare terra, tanto fu veloce la sua reazione nell’agguantarmi tra le braccia per evitarmi la caduta.

“Sei proprio bravo a prenderti cura di ciò che interessa il tuo padrone. Continua così.” – dissi a me stessa, sbirciando la sua reazione e lamentandomi per un fantomatico dolore alla caviglia. Lui non fece un fiato e per tutta risposta mi caricò sulle spalle facendomici rimanere a penzoloni, con il mio viso ad osservare da vicino la sua cintura. Aveva le labbra serrate, lo sguardo diretto davanti a sé, come sempre. Ma poi:

“Mi dispiace, non possiamo fermarci. Darò un’occhiata alla tua caviglia appena ci accamperemo per la notte.” – disse lui, allungandomi una sonora sculacciata Non potevo vederlo, ma ero sicura che adesso i suoi occhi se la stessero ridendo di gusto. Inviava segnali contrastanti. Forse quello che stavo facendo non sarebbe servito a niente. O forse invece sì.

Mi tenne in quel modo per tutto il resto del tragitto: il mio peso non sembrava impensierirlo, ma io dal mio privilegiato punto di osservazione potevo vedere i suoi muscoli tendersi, poi rilassarsi e, nello sforzo, affogare in mille rivoletti di sudore. Quando alla fine si decise a mettermi giù, i due mostriciattoli preparavano il fuoco e i suoi abiti erano ormai ridotti a stracci completamente fradici.

Il significato della notte - Sciarada - Lande IncantateMantenni il punto e appena a terra cominciai a lamentarmi di nuovo per la caviglia, sdraiandomi per evitare di dover poggiare il piede. Lui si tolse la casacca e scappò via, tornando poco dopo con una manciata di foglie sulle quali spruzzò dell’acqua, trasformandole in una poltiglia che poi mi spalmò addosso. Le sue mani erano calde e mi massaggiavano il piede, poi salivano a sistemare l’unguento improvvisato, poi arrivavano a toccare il polpaccio frizionandone i muscoli. Il fuoco rischiarava la notte, facendo brillare le ultime gocce di sudore ancora presenti sul suo torace perfettamente liscio, ma i suoi occhi sembravano ardere ancor più delle fiamme. Il momento era propizio, decisi di osare. Mi tirai su a sedere e nel farlo mi sporsi in avanti col busto, accostandomi il più possibile al suo orecchio. Sentivo l’odore della sua pelle, vicinissimo, inebriante. Speravo che il profumo della mia arrivasse ai suoi sensi, ci avrei scommesso, molto più allenati dei miei. Non ero mai stata tanto vicina ad un uomo come con lui oggi, non sapevo cosa attendermi ma speravo che la natura facesse il resto. Sempre guardandolo negli occhi mirai alle labbra, esplorando con le mie la sua cicatrice e riavendone indietro una sensazione morbida, umida, invitante. Nell’istante stesso in cui mi fermai ad aspirare il suo alito la sua lingua arrivò a profanare  la mia bocca, insinuandosi ed esplorando la mia iniziale, virginale ritrosia.

“Dimmi chi sei” , dissi piano, in un sussurro che sapeva di paura, aspettativa, speranza, come succede di solito a chi rischia di rimanere intrappolato nella sua stessa rete. Per tutta risposta lui mi afferrò le spalle, scostandomi bruscamente e proiettandomi ad una distanza praticamente infinita dal suo corpo, che pure era ancora lì accanto al mio.

“Sono colui che obbedirà agli ordini e ti consegnerà a chi ti aspetta con ansia. Non c’è niente altro che tu debba sapere di me.”

Se io dormii poco o nulla quella notte, posso dire senza ombra di dubbio che lui non si coricò affatto. E così, quando il sole del primo mattino finalmente bucò le tenebre, ricacciandole una ad una nell’immenso di una oscurità ormai spenta, non ci fu altro da fare se non riprendere il viaggio. Quel silenzio forzato che cadde tra noi due e che seguì ogni passo non mi meravigliò più di tanto e comunque si rivelò, se tale voleva essere, una breve tortura: non avevamo fatto molta strada che entravamo tutti, uno dietro l’altro, in una profonda grotta alla base di quelle montagne in cui avevo sperato di trovare rifugio e che invece adesso si rivelavano essere, con buona probabilità, la mia tetra prigione.

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Il significato della notte - Daith
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Maeve

Il mistero non ci lascia mai soli, ed io uso le parole come trama e la fantasia come ordito di un personale tappeto magico col quale superare confini e barriere, di questa vita e forse anche dell’altra. C’è un’essenza primigenia da ascoltare, avendo come guida i quattro elementi fondamentali: aria, acqua, fuoco, terra, tornando così alle braccia di quella Madre che aspetta ormai da troppo tempo.

2 Comments

  1. avatar Paolo ha detto:

    Eleonor si e’ innamorata di uno sconosciuto?

  2. avatar maeve ha detto:

    Facciamo il punto della situazione. Eleonor è sola, disarmata, legata e si trova in balia di tre uomini sconosciuti, di cui due non le rispondono nemmeno e a stento si possono definire “umani”. Le possibilità che ha, a questo punto, sono due: colpire o sedurre. La prima è alquanto aleatoria, nel migliore dei casi le farebbe ottenere una bella “ripassata” (per quanto gli ordini siano di non farle del male, ovviamente verrebbe quantomeno percossa, perdendo qualsiasi ulteriore possibilità di movimento). La seconda è fattibile ed è quella più facilmente attuabile. Lei è bellissima, determinata, quindi avvicinare l’uomo più manipolabile è la soluzione più semplice. Amore? O solo un modo incruento di raggiungere il proprio scopo, ossia di prendere tempo? Ed davvero lei a sedurre, oppure è l’uomo che glielo lascia credere? Meditate gente, meditate… 🙂

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