Ho atteso tanto tempo per rileggere il secondo volume delle Cronache del Ghiaccio e del fuoco. Un po’ mi terrorizzava l’idea di iniziare un libro e poi lasciarlo a metà, perché nei miei ricordi… è un libro noioso. Mi sono dovuto ricredere. È eccezionale! Avrei potuto rileggerlo molto prima!
Ho tutte le edizioni economiche delle Cronache. Per cui i due libri divisi che ho letto corrispondono a A Clash of King.
La cometa rossa, splendente, visibile anche di notte, fa da sfondo alla trama. Ogni personaggio si volta a guardarla e a riflettere sul suo significato: ho trovato molto interessante l’interpretazione per ciascuno di loro, che rimando ai paragrafi sui singoli protagonisti. Dopo l’ascesa al Trono di Spade di Joffrey, i Sette Regni entrano in subbuglio. Robb Stark si fa incoronare Re del Nord, mentre i fratelli del defunto Robert avanzano le loro pretese per la successione: da un lato Stannis si prepara alla guerra dalla Rocca del Drago, dall’altro Renly avanza col suo esercito da Capo Tempesta. Parallelamente, i POV di Jon e di Daenerys ci permettono di osservare le cose, rispettivamente, aldilà della Barriera e a Oriente.
Mi piace molto lo stile di Martin. In particolare lui eccelle nei dialoghi, mentre a volte si perde un po’ in infodump secondo la formula “Personaggio X arriva in X posto, parte la storia di quel posto”. Metterò un esempio dell’uno e dell’altro.
Riporto qui un dialogo, sotto spoiler per la lunghezza, tra Tyrion e Lancel. Viene rivelata una cosa ma nulla di preoccupante o troppo spoileroso.
Tyrion e Lancel discutono a proposito di un’ordinanza di Cersei. Lancel si infervora perché il Folletto lo ha chiamato “ragazzino” e sfiora l’elsa della spada.
“Oh, tirala pure fuori quella spada… Una sola da parte mia e Shagga verrà qui dentro ad ucciderti. E non con un’otre di vino, ma con un’ascia.”
Lancel divenne color porpora. Era davvero cretino al punto di pensare che la sua complicità nella morte di Robert fosse passata inosservata? “Io sono un cavaliere…”
“Certo, certo. Ma dimmi, ser… il cavalierato Cersei te lo ha concesso prima o dopo averti portato a letto?”
Il lampo negli occhi di Lancel fu la conferma di cui Tyrion aveva bisogno. […] Be’, quanto meno non si potrà mai dire che la mia cara sorellina non ami la sua famiglia. “Non hai più niente da dire, ser? Nessun altro avvertimento da darmi?”
“Tu ritirerai queste luride accuse, Folletto, o io…”
“O tu cosa, giovane imbecille? Hai una sia pur vaga idea di che cosa re Joffrey potrebbe fare se io gli dicessi che hai assassinato suo padre per giacere con sua madre?”
“No!” protestò Lancel, inorridendo. “Non è affatto andata così!”
“E allora com’è andata?”
“È stata la regina! Mi ha dato lei il vino liquoroso! E tuo padre in persona, lord Tywin, quando sono stato investito cavaliere, mi ha ordinato di obbedirla in ogni suo desiderio.”
“Ti ha anche ordinato di chiavartela?” Ma tu guardalo… non è poi cos’ alto, non ha lineamenti raffinati, i capelli sono come sabbia e non come oro fino, eppure… per Cersei, anche una scadente copia di Jaime è sempre meglio di un letto vuoto, immagino. “No, quello non credo te lo abbia ordinato.”
“Io non ho mai voluto… Ho solo fatto come mi è stato ordinato, io…”
“Hai di sicuro odiato ogni istante di quell’arduo dovere, è questo che vorresti farmi credere? Un alto posto a corte, il cavalierato, mia sorella a gambe aperte ogni notte, oh, me l’immagino, quale terribile esperienza dev’essere stata per te.” Tyrion si alzò. “Aspetta qui, ser. Sua maestà il re ha diritto di saperlo.”
Improvvisamente, tutta la sicumera di ser Lancel era venuta meno. Il giovane cavaliere crollò in ginocchio piagnucolando, da quel ragazzino terrorizzato che in realtà era: “Pietà, mio lord, t’imploro”.
“Risparmiatele per Joffrey, le tue implorazioni. Lui le adora.”
“Mio lord, è stato il volere di tua sorella, la regina, proprio come tu dici, ma sua maestà Joffrey… lui non capirebbe mai…”
“Sono sconvolto!” Tyrion dovette compiere uno sforzo per non ridergli in faccia. “Ora vorresti che io celassi una simile turpe verità al nostro sovrano!”
Tyrion a questo punto costringe Lancel a fare il doppio gioco, rivelandogli tutti i piani di Cersei.
“Un’ultima cosa. Con re Robert nella tomba, sarebbe quanto mai imbarazzante se la sua inconsolabile vedova si ritrovasse tutto d’un colpo gravida.”
“Mio lord, ecco, io… noi… Ecco, la regina mi ha ordinato di non…”
Le orecchie di Lancel divennero del color porpora dei Lannister.
“Io verso il mio seme sul suo ventre, mio lord…”
“E quale grazioso ventre è il suo, senza dubbio. Annaffialo pure tutte le volte che vuoi… ma assicurati che la rugiada non vada a cadere nei posti sbagliati. Non voglio altri nipoti, sono stato chiaro?”
Ser Lancel fece un rigido inchino e si dileguò.
Le ballate narravano che Capo Tempesta era state eretta in tempi antichi da Durran, il primo dei re della tempesta, il quale aveva conquistato il cuore della bella Elenei, figlia del dio del mare e del dio del vento. La notte delle loro nozze, nel cedere la sua purezza all’amore di un comune mortale, Elenei aveva condannato se stessa a un’identica morte. Ottenebrati dalla sofferenza, i suoi genitori avevano scatenato il loro furore: onde gigantesche e venti ciclonici si erano abbattuti sul castello di Durran. Gli amici, i fratelli, gli ospiti del re perirono tutti nel crollo delle mura della fortezza, oppure vennero spazzati via nelle profondità del mare. Elenei però protesse Durran con il suo abbraccio e lui sopravvisse. Alla fine della tempesta, quando l’alba tornò, Durran dichiarò guerra agli dei e giurò di ricostruire.
Costruì cinque altri castelli, ognuno più massiccio e più possente di quello su cui risorgeva, ma solo per vederli tutti e cinque spazzati via dai terribili venti che soffiavano dal golfo dei Naufragi, spingendo ondate simili a muraglie a flagellare la costa. I suoi lord lo implorarono di costruire nell’entroterra, i suoi sacerdoti gli dissero che doveva placare gli dei restituendo Elenei al mare, perfino la sua gente lo scongiurò di cedere. Durran fu sordo a qualsiasi invocazione. Costruì il settimo castello, il più massiccio di tutti. Si dice che furono i figli della foresta ad aiutare a costruirlo, configurando le pietre con i loro incantesimi; altri dicono che fu un bambino a dirgli come doveva fare, un bambino che crebbe e diventò Bran il Costruttore. Quale sia la versione veritiera, la conclusione fu la stessa: gli dei infuriati lanciarono contro la fortezza temposta dopo tempesta, ma il settimo castello li sconfisse tutte. Così, Durran Dolore degli dei e la bella Elenei vissero insieme in quel castello fino alla fine dei loro giorni.
Gli dei però non dimenticarono: venti ciclonici continuavano a dilagare dal mare Stretto, eppure, nei secoli, nelle decine di secoli dalla sua costruzione, Capo Tempesta aveva resistito come nessun’altra fortezza dell’Occidente. Le sue immani mura esterne s’innalzavano fino all’altezza di cento piedi, prive di qualsiasi apertura, prive addirittura di qualsiasi feritoia per gli arcieri. Muraglie arrotondate, ricurve, levigate, le cui pietre s’innestavano le une nelle altre in modo talmente perfetto da non creare la benché minima fessura, il benché minimo angolo, la benché minima apertura nella quale il vento potesse penetrare. Si diceva che quelle muraglie fossero spesse quaranta piedi nel loro punto più stretto, e quasi ottanta sul lato rivolto al mare, conformate con un doppio strato di pietre a racchiudere un nucleo interno di sabbia e ghiaia grossa. All’interno di quelle poderose mura, cucine, stalle e cortili erano protetti dalla furia dei venti e delle onde. Esisteva un’unica torre, a Capo Tempesta, una colossale torre a forma di tamburo, senza finestre da parte del mare, talmente enorme da alloggiare tutto al suo interno: granai, baraccamenti, la sala dei banchetti, gli alloggi del lord. Sulla sommità, massicce merlature la facevano apparire da lontano come un pugno irto di rostri al termine di un braccio proteso verso l’alto.
A dispetto di una ambientazione generica e medievaleggiante, Martin è molto accurato nella descrizione di vestiario, cibo e stemmi. È vero: in alcuni casi tutto ciò rallenta la narrazione… ma per gli amanti dei dettagli come me, è un’ottima cosa. Vi faccio qualche esempio…
I servitori cominciarono a portare il cibo. Bran non ne aveva mai visto tanto, portata dopo portata, al punto che non riuscì ad assaggiarne più di un paio di morsi di ciascuna. C’erano grandi tranci di uri arrostiti con porri; sformati di cacciagione serviti con carote, pancetta e funghi; costolette di montone in salsa di miele e chiodi di garofano; e poi anatra marinata, cinghiale al pepe, oca arrosto, spiedini di piccione e cappone, stufato di manzo all’orzo, zuppa fredda di frutta. Da Porto Bianco, lord Wyman aveva portato venti casse di pesce conservato con sale e alghe: salmone e chiocciole di mare, granchi e calamari, cozze, canocchie, aringhe, aragoste, lamprede. C’erano pane nero e tortelli al miele e biscotti d’avena; c’erano rape rosse, rape bianche, piselli, zucche ed enormi cipolle rosse; c’erano mele cotte e paste di bacche e pere al liquore. Forme di formaggio bianco vennero servite a ogni tavolo, insieme al sale e al pepe. Caraffe di vino speziato caldo e di birra d’autunno ghiacciata vennero fatte circolare a volontà.
Tralasciamo Bran che non aveva mai visto tanto cibo: da Stark di Grande Inverno la cosa è alquanto improbabile…
Di cibo ce n’era in quantità. La guerra non aveva intaccato la leggendaria abbondanza di Alto Giardino. Mentre i cantanti cantavano e i saltimbanchi saltavano, il banchetto iniziò con pere annegate nel vino, per continuare a base di piccole e croccanti aguglie fritte con capponi ripieni di cipolle e funghi. C’erano grandi forme di pane nero, montagne di rape, pannocchie dolci e fave. E poi giganteschi prosciutti cotti, anatra arrosto, enormi taglieri di legno colmi di cacciagione stufata in birra e orzo. Come dolce, dalle cucine del castello i servitori di lord Caswell portarono vassoi di pasticceria: cigni di crema e unicorni di zucchero caramellato, tortelli al limone in forma di rose, biscotti al miele speziato, cannoli ai mirtilli, paste di mele e forme di formaggio burroso.
Quella notte, giacque sulla dura terra, avvolta in una sottile coperta, lo sguardo fisso sulla grande cometa rossa. Era una visione splendida, e al tempo stesso paurosa. La Spada rossa, l’aveva chiamata il Toro. Secondo lui, aveva l’aspetto di una spada, la lama ancora incandescente come se fosse appena uscita dalla forgia. Osservandola in diagonale, anche Arya poté vedere la forma della spada. Solo che non si trattava di una spada appena forgiata: era Ghiaccio, la lunga spada appartenuta a suo padre, la lama di perfetto acciaio di Valyria. E il colore rosso era il sangue di lord Eddard sulla lama dopo che ser Ilyn, il giustiziere del re, lo aveva decapitato. Yoren l’aveva costretta a non guardare quando era accaduto, eppure ad Arya la cometa continuava ad apparire come Ghiaccio nell’istante successivo all’esecuzione.
Arya, soprannominata Bitorzolo, girovaga per i Sette Regni in questo capitolo. Ovviamente ho amato i suoi capitoli.
Il giorno del compleanno di re Joffrey spuntò sereno e ventoso, la lunga chioma della grande cometa rossa visibile tra le nubi che scivolavano rapide nel cielo. Sansa Stark la stava osservando dalla finestra della torre quando ser Arys Oakheart arrivò a prenderla per scortarla fino al campo del torneo.
“Quale pensi che sia il suo significato?” gli domandò.
“Gloria al tuo promesso sposo.” Non ci fu la minima esitazione nella risposta di ser Arys. “Non vedi come si distende attraverso il cielo, proprio oggi che è il compleanno di sua maestà? Sembra quasi che gli dei abbiano deciso di innalzare un vessillo in suo onore. Il popolino l’ha chiamata Cometa di re Joffrey.”
Questo era quanto dovevano aver detto a Joffrey, era chiaro, ma Sansa non era affatto sicura che fosse davvero così: “Ho sentito i servi chiamarla Coda del drago“.
“Re Joffrey siede dove un tempo sedeva Aegon il Drago, nel castello costruito da suo figlio” spiegò ser Arys. “È Joffrey l’erede del drago. E porpora è il colore della Casa Lannister, un altro segno. La cometa è stata inviata per salutare l’ascesa al trono di Joffrey, non ho alcun dubbio. E il su significato è che lui trionferà sui suoi nemici.”
La Sansa che ritroviamo è in qualche modo più adulta, più matura… consapevole di dover recitare la sua parte ad Approdo del Re.
[…] “Hai visto la cometa?”
“Sono piccolo, Varys, non cieco” rispose Tyrion. Sulla strada del Re, la cometa pareva invadere metà del cielo, addirittura più luminosa della luna crescente.
“I popolani la chiamano il Messaggero rosso” spiegò Varys. “Dicono che sia l’araldo che precede il re, un avvertimento di fuoco e di sangue a venire.”
Tyrion si conferma il personaggio migliore di Martin. L’unico che si possa fregiare del titolo ‘devo piacere a tutti i costi’, risultando effettivamente amato da tutti. I suoi dialoghi sono tra i più arguti e intelligenti: rimando alla sezione stile per un approfondimento.
Per maestro Luwin i lupi ululano alla cometa. Per Osha rappresenta un richiamo al sangue e al fuoco. E inoltre…
Bran aveva chiesto della cometa anche a septon Chayle mentre entrambi stavano occupandosi di alcune antiche pergamene salvate a stento dall’incendio della biblioteca del castello. “È la spada che taglia le stagioni” aveva ribadito lui e, poco dopo, dalla Cittadella di Vecchia Città era giunto il corvo bianco che portava l’annuncio dell’autunno. […] Ma la vecchia Nan non era dello stesso avviso, e lei aveva vissuto molto più a lungo di tutti quanti loro. “Draghi” aveva risposto, sollevando il capo e annusando l’aria. Era pressoché cieca (ma quando è diventata cieca?), la vecchia Nan, quindi non era in grado di vedere la cometa, eppure sosteneva di poterne fiutare l’odore. “Questi sono draghi, ragazzo” aveva insistito.
Il povero Bran, storpio, è confinato a Grande Inverno e deve comportarsi da principe. I primi capitoli sono un po’ noiosi, pieni di descrizioni di lord e genealogie varie; ma quando arrivano i Reed le cose si animano. Il piccolo Jojen infatti fa dei sogni premonitori, e conosce i sogni che turbano le notti di Bran. È intrigante la connessione uomo-lupo che si sviluppa pian piano.
Esili nubi grigie striavano il cielo del mattino ma, dietro di esse, s’intravedeva sempre la pallida linea rossa. I confratelli in nero avevano chiamato l’astro vagabondo la Torcia di Mormont, affermando, un po’ per scherzo e un po’ no, che gli dei l’avevano inviato per guidare il Vecchio orso nei meandri della foresta stregata.
“La cometa è talmente luminosa da essere visibile anche di giorno, adesso” commentò Sam continuando a osservarla, usando i libri come una visiera sugli occhi.
Jon mi piace ben poco. E mi piacciono ancora meno i capitoli dedicati a lui: lunghi, tediosi e poco interessanti. Nello specifico, Jon parte in missione con un gruppo di Guardiani della Notte, tra cui Samwell, capeggiati dal Vecchio Orso. L’obiettivo è verificare cosa stia succedendo aldilà della Barriera.
Catelyn lo seguì sulla veranda, una balconata di pietra a forma triangolare che si protendeva dal solarium come la prora di una nave. Brynden alzò lo sguardo al cielo, accigliandosi.
“Ora è visibile anche di giorno. I miei uomini la chiamano il Messaggero rosso… ma qual è il messaggio?”
Anche Catelyn seguì con lo sguardo la debole linea rossa che la chioma della cometa tracciava attraverso i cieli. Pareva un lungo graffio sul volto di un dio.
“Grande Jon ha detto a Robb che gli antichi dei hanno dispiegato il vessillo rosso della vendetta per Ned. Edmure pensa che sia un presagio di vittoria per Delta delle Acque: vi vede un pesce con una lunga coda, nei colori dei Tully, rosso in campo blu.” Catelyn sospirò. “Vorrei avere la loro fede. Il porpora è il colore dei Lannister.”
“Quell’astro non è porpora” ribatté ser Brynden. “E non è nemmeno del rosso dei Tully, il colore del fango dei fiumi. Quello è il rosso del sangue, piccola mia, sparso nel più alto dei cieli.”
“Il loro sangue… o il nostro?”
Catelyn funge da messaggera per Robb in questo libro, sballottata da un posto all’altro… assiste anche a un avvenimento importante:
Theon non aveva mai visto uno scenario tanto impressionante. Nel cielo dietro il castello, oltre esili veli di nubi, era visibile la leggiadra chioma rossa della cometa. Per l’intera durata del viaggio da Delta delle Acque a Seagard, i Mallister non avevano mai cessato d’interrogarsi su quale fosse il suo significato. “È la mia cometa.” Theon lo ripeté a se stesso […]
Theon è uno dei personaggi più complessi creati di Martin. Ho avuto modo di apprezzarlo molto nei (pochi) capitoli a lui dedicati. Preso come ostaggio a Grande Inverno, Theon non si troverà mai accolto in famiglia dagli Stark, eccetto forse da Robb, che considera un fratello. Di contro, il suo ritorno alle Isole di Ferro non si prospetta caloroso, anzi: quasi nessuno lo riconosce, il padre gli va spesso contro preferendo la sorella, e Theon ha un bisogno disperato di dimostrare qualcosa alla sua gente.
Shierak qiya, la “Stella che sanguina”: era così che i Dothraki chiamavano la grande cometa rossa. I vecchi mormoravano che si trattava di un presagio oscuro, ma Daenerys Targaryen l’aveva vista per la prima volta la notte in cui aveva bruciato khal Drogo, la notte stessa in cui i draghi si erano svegliati. “È l’araldo della mia venuta” disse fra sé, alzando lo sguardo al cielo notturno, il cuore pieno di meraviglia. “Gli dei l’hanno inviata per indicarmi la via da seguire”.
Il personaggio di Dany è uno dei più amati. In questo capitolo anche lei vaga di luogo in luogo, alla ricerca dei mezzi che le permettano di riconquistare l’occidente. Attraverso il suo POV scopriamo la magica città di Qarth. Che altro posso dire sulla Madre dei Draghi? Adoro le parti dedicate a lei.
Potrei parlare anche di tanti altri personaggi. Ma non lo farò, questa recensione è già troppo lunga. Davos si prende dei capitoli tutti per sé, giusto per illustrare la situazione dal punto di vista di Stannis. Melisandre è una figura abbastanza misteriosa (ed è una delle poche che performa addirittura una magia), Brienne invece è chiara e limpida come i suoi occhi.
Vi lascio la lista del numero di capitoli dedicato a ciascun personaggio. Ci avevate mai fatto caso?
Tyrion 15
Arya 10
Sansa/Jon 8
Bran 7
Catelyn/Theon 6
Dany 5
Davos 3
Martin ha creato anche questa volta un libro all’altezza delle aspettative. Purtroppo non ha il dono della sintesi: ci ho messo un po’ a finirlo, a causa di troppi POV a mio parere poco interessanti. Ma nel complesso una storia bella e coinvolgente.
Voto: 7.5/10
Clicca qui per leggere la recensione del primo libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.
Clicca qui per leggere la recensione del secondo libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.
Per andare all’indice delle mie recensioni, clicca qui.
(735)