La rilettura di questo libro è stata davvero pesante. Penso sia il peggiore della saga, senza mezzi termini. La storia è banalissima, i personaggi scialbi, lo stile è… il solito. Me lo sono goduto poco, anzi, sono andato avanti solo perché in futuro possa leggere il Viaggio del Veliero. Che nei miei ricordi è un capolavoro assoluto.
Locandina del film
Quattro bambini, a causa della guerra, si ritrovano a vivere in una magione di un vecchio professore. Giocando vengono a conoscenza di un certo armadio (vedi la recensione su Il Nipote del Mago), che connette il mondo reale con Narnia. Da qui le loro avventure nel mondo magico. La trama è abbastanza lineare e soporifera. Compare persino Babbo Natale (!), che consegna dei doni ai bambini, tutti oggetti che gli saranno utili guardacaso al momento giusto.
La lotta Bene™ vs Male™ è resa nel modo più infantile possibile: i kattivi sono terribili, terrificanti, demoniaci (il lupo, ad esempio, non è un semplice lupo: è un lupaccio); i buoni sono carini, dolci, luminosi e così via. Indovinate come finisce la battaglia?
Affinché si adempia la Profezia™, devono sedere quattro umani al trono: allora perché la strega semplicemente non uccide Edmund quando può? Il bello è che lei stessa ne è a conoscenza!
“Quattro troni in Cair Paravel” mormorò la strega. “Cosa importa se tre sono già occupati? Non basta questo a realizzare la profezia.”
Nell’ultima battaglia poi, Edmure riesce a disarmarla e inizia così una battaglia corpo a corpo. Mi viene in mente di quando giocavo a Icewind Dale e accerchiavo un mago che, finiti gli incantesimi, era costretto a usare il classico Pugnale +1.
Come suggerisce una recensione ben fatta, how did someone that incompetent take over in the first place?
Lo stile è quello a cui ci ha abituato Lewis sin da Il Nipote del Mago. L’inizio è da manuale col C’era una volta. L’autore fa abuso di aggettivi come splendido, bello, magnifico, incantevole. Per farvi un’idea delle descrizioni, eccovi quella di Babbo Natale.
Babbo Natale aveva un’espressione dolce, buona e affettuosa, ma al tempo stesso solenne e che incuteva rispetto. Non aveva assolutamente niente di buffo (come capita a volte qui da noi) e solo a guardarlo ci si sentiva invadere da una strana sensazione di gioia, da una pace intima e solenne e, come ho già detto, da un senso di profondo rispetto.
Il nano si affrettò ad obbedire. Slacciò la camicia del ragazzo, rovesciò il colletto all’indietro, afferrò Edmund per i capelli e lo costrinse a sollevare il mento.
Nel frattempo si sentiva un rumore strano, un vzzz-vzzz-vzzz che dapprima Edmund non riuscì a definire. Poi capì: la strega stava affilando un coltello.
In quel momento altri rumori vennero da tutte le parti: grida confuse, rimbombare di zoccoli come cavalli al galoppo, un gran sbattere d’ali nell’aria buia. La strega gettò un urlo, ci fu un attimo di trambusto e ed Edmund si trovò libero.
Qualcuno lo sostenne; mentre cadeva in una specie di ovattato dormiveglia, voci gentili dissero a pochi passi dal suo orecchio:”Mettiamolo giù piano”.
Come potete vedere, da il narratore onniscente all’inizio descrive la scena dall’esterno, poi balza dentro Edmund. Molto comodo quando non si sa come gestire una scena simile…
[…] Edmund era tornato e in quel momento si trovava a colloquio con Aslan. In effetti, quando uscirono dalla grande tenda di seta gialla videro Edmund e il leone che passeggiavano fianco a fianco sull’erba umida di rugiada, un po’ isolati dal resto della corte. Non è necessario che vi ripeta quello che Aslan rivelò al ragazzo (e del resto nessuno l’ha mai saputo): basterà concludere che Edmund non dimenticò mai più quella conversazione.
Perché il narratore dovrebbe evitare così una conversazione potenzialmente interessante?
Ci viene dato qualche dettaglio in più su Narnia: per lo più boschi, spiagge o paesaggi di vario tipo. Il castello della strega è giustamente tetro e oscuro, quello di Cair Paravel bellissimo e maestoso. Vi riporto qui la descrizione della casetta del fauno, abbastanza classica ma il dettaglio sui libri è simpatico.
Lucy pensò di non aver mai visto un posto così carino. L’interno della caverna era di roccia rossa, sul pavimento si allargava un bel tappeto sul quale poggiavano due poltroncine (“Una per me e una per l’ospite” aveva detto il fauno); c’era anche una tavola, naturalmente, e una credenza poggiata alla parete di fondo. Il camino aveva la sua brava mensola e sopra si vedeva un quadro che rappresentava un vecchio fauno con la barba grigia. In un angolo si vedeva una poltroncina che, secondo Lucy, doveva portare nella camera da letto del signor Tumnus. Un’altra parete era coperta di scaffali pieni di libri, e mentre il fauno si dava da fare con il tè, Lucy diede un’occhiata ai titoli: Vita e lettere del fauno Sileno, Le ninfe e le loro abitudini, Gli uomini, eremiti e guardiacaccia: uno studio sulle leggende popolari e ancora L’uomo è un mito? Roba così, insomma.
I personaggi sono talmente irrilevanti che non ricordo quasi nulla. Ci sono Peter, Susan, Edmund, Lucy, Aslan, la strega cattiva, il signor e la signora Castoro… mi vengono in mente solo come elenco.
Lucy e il signor Tumnus
Vi cito solo un esempio, che penso che basti e avanzi.
Quando Lucy fu libera di tornare da Edmund, lo trovò in piedi: non solo era guarito dalle ferite, ma sembrava più che mai in buona salute. Inoltre aveva un’aria dolce e serena, da persona buona.
Perché i bambini meritano descrizioni simili?
Questo episodio è semplicemente un passo necessario per andare avanti nella lettura delle Cronache. Troppo noioso e banale in molti punti. Non vedo l’ora di proseguire con gli altri libri della serie.
VOTO: 3/10
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