La cosiddetta fantasia eroica altro non è che una delle molte modalità assunte in questo secolo dalla
letteratura fantasy, in tempi fra l’altro relativamente recenti. Essa si identifica con quelli che gli anglosassoni definiscono assai appropriatamente sword and sorcery (che non è a sua volta un sub-sub-genere, come qualcuno erroneamente pensa).
[…] La caratteristica saliente della fantasia eroica è quella di avocare alla lontana temi e soprattutto ambientazioni appartenenti alla fantasy di genere (guerrieri, castelli, principesse, maghi e negromanti, incantesimi, eserciti in armatura, divinità di vario genere e disposizione, tesori perduti, civiltà esotiche e misteriose), ma di affrontarli con un taglio eminentemente avventuroso ed emozionale.
Alex Voglino nella Prefazione
Il Grande Libro della Heroic Fantasy è un’antologia di racconti, un viaggio che si propone di mostrare la lunga storia della Fantasy moderna attraverso le sue opere più significative. Il volume è curato da Alex Voglino ed edito da Editrice Nord nel 1998.
La lunga e affascinante storia della fantasy moderna e in modo particolare di quella sua branca che va sotto il nome di “fantasia eroica” – quel genere esotico e avventuroso pieno di barbari giganteschi e senza paura, splendide donne discinte e sinistri negromanti che ha in Conan il suo simbolo e il suo eroe più popolare – ruota intorno a una rivista da pochi soldi: un pulp come si dice in gergo, creato nel 1923 da un editore coraggioso e lungimirante, Clack Henneberg. La testata che oggi possiamo ben definire “leggendaria” senza timore d’esagerare, è Weird Tales. Sulle sue pagine di carta dozzinale, nell’arco di trent’anni (soprattutto fra il 1930 e i primi anni ’40) vennero alla luce praticamente tutti i maggiori talenti della letteratura fantastica del primo dopoguerra: H.P. Lovecraft e Abraham Merritt, Robert Howard e Clark Asthon Smith, Seabury Quinn e Henry Kuttner, Lester Del Rey e August
Derleth. Perfino un futuro genio del teatro come Tennessee Williams iniziò la sua carriera sulle pagine di Weird Tales. Grazie alla geniale intuizione e alle doti di talent scout del suo più celebre direttore, Farnsworth Wright, Weird Tales ha ineluttabilmente legato il suo nome al genere Heroic Fantasy e alla evoluzione della letteratura fantastica in generale. Questo volume è dedicato soprattutto, ma non solo, all’Età d’Oro dell’Heroic Fantasy. Il suo scopo, infatti, è di far rivivere al lettore il percorso compiuto da questo genere letterario nell’arco di un ventennio cruciale, sulle pagine di Weird Tales e più in generale durante il periodo del suo massimo splendore. Da Conan a Cormac Mac Art, a Matt Carsc, a Elak di Atlantide, a Jirel di Joiry, il lettore rivivrà le più straordinarie avventure dei grandi eroi della fantasy eroica.
Particolarità di questa antologia sull’Heroic Fantasy è che apre con un racconto che sembrerebbe di fantascienza. Una svista, un cambiamento di rotta? Più che altro è la logica conseguenza di un approccio sì rigoroso, ma non miope al genere, anzi al sottogenere della Heroic Fanatsy. I connotati tipici della fantasia eroica ( l’Eroe, la Magia, la Donna – potendo principessa e indifesa – l’ambientazione esotica e meravigliosa), latitano a lungo dopo l’uscita dei primi pulp. Grazie alle scelte fatte da “Pearson’s Magazine” e da “Argosy” alla fine del 1800, possiamo ricordare giusto i racconti Lost Continent di Hyne e A Queen of Atlantis di Frank Aubrey, più che altro per il fatto di essere ambientati nel perduto continente di Atlantide, che diventerà uno degli sfondi preferiti di tanta fantasia eroica (valga per tutti il caso di Elak di Atlantide, eroe creato da Henry Kuttner, presente in questa antologia con il racconto Thunder in the Dawn). Per il resto occorrerà aspettare fino al 1912 perché accada qualcosa di rivoluzionario nella letteratura popolare – avventurosa. Quel qualcosa è la pubblicazione a puntate sul pulp “All Story” del romanzo Under the Moon of Mars, dell’esordiente (e sconosciuto) Edgar Rice Burroughs. La storia del terrestre John Carter – che per effetto di un accadimento fra magico e il sovrannaturale che l’autore non si prende la briga di spiegare finisce sul pianeta Marte, fra razze esotiche e guerriere, maghi, assedi, duelli, fughe, intrighi e che riesce a salvare e sposare la bella principessa Deja Thorris, diventando re – rappresenta un modello che sarà apertamente imitato per decenni, ma che in un certo senso non verrà mai più meno. Lo spunto specifico del terrestre che finisce per caso su altro pianeta (o in un’altra dimensione) e che deve confrontarsi con un mondo in parte medioevale, in parte mitologico e in parte fiabesco, finirà per esaurirsi, ma l’impianto di fondo del romanzo di Burroughs non verrà più meno nel contesto dell’Heroic Fanatsy. Come ha saggiamente scritto Jacques Sadoul nella sua “Storia della Fantascienza” edita anche in Italia da Garzanti nel 1975, “… Tutta la corrente chiamata fantasia eroica (Heroic Fanatsy), deve considerarsi influenzata dall’opera di Burroughs”. Già mentre Burroughs evolve le sue avventure marziane in una autentica saga pubblicando romanzi a ripetizione, crea il personaggio di Tarzan, inventa il regno di Pellucidar nel cuore del nostro pianeta e dà vita a un secondo John Carter – Carson Nepier – stavolta su Venere, vedono la luce storie di proto-fantasia eroica chiaramente influenzate dal suo spunto originario. Tra gli autori influenzati da Burroughs, dal suo “spunto originario”, ci sono Victor Rousseau con il racconto The Eye of Balamok, pubblicato da “All Story Weekly” nel 1920 e Abraham
Merritt con The Face in the Abyss pubblicato da “Argosy – All Story Weekly” nel 1923, The Ship of Ishtar apparso su “Argosy” nel 1924 e Dwellers in the Mirage anch’esso uscito su “Argosy” ma nel 1932. Da qui in avanti i richiami allo “spunto originario” di Burroughs si diradano, ma una fantasia eroica di ambientazione spaziale e dai toni spiccatamente e gioiosamente avventurosi non verrà mai meno.
L’Heroic Fantasy nasce dunque fra il 1932 e il 1934, per merito soprattutto di Robert Howard, Clark Ashton Smith e di Catherine Lucille Moore. Proprio la Moore alla fine del 1934 affianca a Northwest Smith (protagonista del racconto La Polvere del Dio contenuto in questa antologia) un altro personaggio fondamentale nella letteratura fantastica, più immediatamente iscrivibile alla Heroic Fantasy; si tratta di Jirel di Joiry, una eroina pseudomedievale che fa la sua prima apparizione su “Weird Tales” con il racconto Il Bacio del Dio Nero ( anch’esso contenuto in questa antologia).
Il genere, ovviamente, non si è estinto. Ha generato un ampio stuolo di imitatori di alterne capacità – dai modesti Sprague de Camp, Lin Carter, John Jakes agli assai più originali ed efficaci Barbara Hambly e Karl Edward Wagner – è indissolubile il legame fra la lezione burroughsiana e quella di Howard ha generato almeno un nuovo maestro quale Jack Vance, specie pensando a Dragon Masters, a Big Planet e alla saga del pianeta Tschai ma resta il fatto che la grande stagione della Heroic Fanatsy, quella veramente memorabile che ha contribuito a modificare l’immaginario moderno, è tutta racchiusa in un fazzoletto di anni a cavallo fra le due guerre. Soprattutto per merito di una rivista stampata su carta dozzinale che oggi è per tutti un monumento: Weird Tales.
La raccolta è composta da sedici racconti:
Catherine Lucille Moore
(Incipit)
– Passami il whisky – disse Yarol il venusiano. Smith agitò in aria la nera bottiglia di whisky segir venusiano e allungò sul bicchiere dell’amico. Sotto lo sguardo attento del venusiano versò tutto quello che la bottiglia conteneva: esattamente la metà del bicchiere. Non era davvero molto. Yarol guardò il bicchiere con espressione desolata. – È finito ancora – disse sconsolato – e io sono assetato.
(Incipit)
Selvaggia e stupenda nell’abito ingemmato che fasciava il suo corpo flessuoso, la Regina Nirone, ultima della dinastia di Krall e sovrana di Ygoth, sedeva sul trono di diorite. Stava un po’ piegata in avanti, con un gomito sul ginocchio e i mento poggiato sul dorso della mano, e con occhi stretti come fessure scintillanti studiava lo straniero che le avevano portato innanzi.
Clark Ashton Smith
(Incipit)
La corona del re di Ustaim era stata fatta esclusivamente con i materiali più pregiati che esistessero al mondo. L’oro magicamente intarsiato del cerchio era stato estratto da un’immensa meteora che era precipitata sull’isola meridionale di Cyntrom, squassandola da una parte all’altra con un calamitoso terremoto. Si trattava di un oro così duro e brillante che sulla Terra non era possibile trovarne uguale, e mutava colore passando dal rosso fiamma al giallo della luna nuova.
(Incipit)
Per tutto il giorno la Santa Ysabel aveva bordeggiato a vele spiegate verso nord, fra le raffiche di vento che spazzavano La Manica. Il ponte di coperta e le sovrastrutture erano pesantemente danneggiati e ovunque giacevano i feriti. Ora mentre il crepuscolo già scuriva il cielo, i galeoni di quella che all’inizio era stata la Grande Armada si preparavano ad un altro scontro con le navi inglesi.
(Incipit)
L’alto comandante di Jory venne costretto a entrare dai due armigeri che tenevano saldamente in mano le corde avvolte intorno alla sua armatura e a nulla valsero i suo disperati per opporsi. Avanzavano in mezzo ai mucchi di cadaveri disseminati lungo il salone, diretti verso il trono sul quale era assiso il vincitore, e per ben due volte scivolarono sul sangue che bagnava il pavimento.
(Incipit)
Zothique, l’ultimo continente della Terra, non era più rischiarato dal sole con la lucentezza di un tempo, ma era offuscato e contaminato da un vapore sanguigno. Il cielo si era riempito di nuove stelle e le ombre dell’infinito si erano fatte più vicine. Da quelle ombre avevano fatto ritorno gli dèi più antichi, dimenticati dopo Hyperborea, Mu e Poseidone. I loro nomi erano mutati, ma gli attributi erano rimasti gli stessi. E insieme alle divinità erano tornati anche i demoni del passato, prosperando nei fumi di perversi sacrifici e alimentando nuovamente le primordiali forme di stregoneria.
(Incipit)
L’alta figura ammantata di bianco si voltò di scatto e imprecò sottovoce, portando la mano sull’elsa della scimitarra. Gli uomini non si aggiravano alla leggera di notte per le vie di Asgalun, capitale della shemita Pelishtia. In quell’oscuro vicolo tortuoso del malfamato quartiere in riva al fiume poteva accadere di tutto.
– Perché mi segui, cane? – La voce era aspra, e impastava le gutturali shemite con l’accento dell’Hyrkania.
Dalle ombre uscì una seconda figura imponente, avvolta come la prima in un mantello di seta bianca, ma senza l’elmo a cupola.
Robert E. Howard
(Incipit)
Gli zoccoli tambureggiarono sulla strada che scendeva ai moli. La gente che si disperse gridando ebbe soltanto la fuggevole visione di una figura rivestita di maglia d’acciaio su uno stallone nero, con un ampio mantello scarlatto che ondeggiava al vento. Da dietro di lui giunsero le grida dell’inseguimento, ma il cavaliere non si guardò alle spalle. Sbucò sui moli e spinse il cavallo ad arrestarsi con un’impennata al limitare di una banchina. I marinai lo guardarono a bocca aperta mentre alzavano i lunghi remi e scioglievano la vela di una galea dalla prua alta e dalla tolda ampia.
(Incipit)
Arriva anche per i re il tempo della noia. L’oro del trono diventa ottone, le sete del palazzo sono come canovacci. Le gemme della corona splendono tristemente come ghiaccio nei mari grigi; la parola degli uomini è chiacchiera vuota come i sonagli di un giullare e si ha la sensazione che ogni cosa sia irreale; persino il sole è rame, nel cielo, e la brezza degli oceani verdi non è più fresca. Kull sedeva sul trono di Valusia e l’ora della noia era giunta anche per lui.
(Incipit)
La taverna era scarsamente illuminata e piena di fumo, e le pareti riecheggiavano per le imprecazioni e le risate arrochite dei clienti. Dalla porta aperta entrava un forte vento gelido che portava l’odore salmastro del mare agitato del porto di Poseidonia. Un ometto grasso seduto in disparte parlottava da solo mentre tracannava il vino che l’oste gli aveva portato e osservava l’ampio locale senza lasciarsi sfuggire nemmeno il particolare più insignificante.
Lycon, così si chiamava l’ometto, era alquanto impaurito e questo gli impediva di bere smodatamente come al solito. Stava aspettando Elak, il suo compagno di avventure, che era in ritardo di parecchie ore all’appuntamento.
(Incipit)
Affascinato dalla prospettiva dell’oro, Brent partì alla volta dell’Altopiano dei Venti, nel cuore del Turkistan. Una antica leggenda voleva che in quel luogo sperduto e quasi sconosciuto si trovassero filoni di ricchezza incomparabile.
Brent sapeva che quel luogo si trovava più di cento miglia ad ovest del piccolo villaggio di Yurgan; fu questa perciò la sua prima meta, dove cercò di noleggiare cammelli e guide per attraversare il deserto. Al villaggio però comprese che non sarebbe stato facile raggiungere l’altopiano.
(Incipit)
C’era stata una rissa nel locale di Madam Kan, sul Canale Inferiore di Jekkara. Un piccolo marziano in caccia di gloria s’era inebriato troppo di thil, e ben presto i tirapugni chiodati che si usano da quelle parti cominciarono a balenare, e fu così che il piccolo marziano azionò per l’ultima volta la valvola d’alimentazione. Gettarono ciò che restava di lui sulle pietre della banchina, quasi ai miei piedi. Fu per questo che mi fermai, credo… dovevo fermarmi, o gli sarei inciampato addosso. E poi sbarrai gli occhi.
(Incipit)
Sei mesi e tre giorni dopo la firma della pace di Shanghai, con la quale un mondo ormai allo stremo pose fine alla grande Guerra del 1965-1970, un giovane sedeva rannicchiato sulla panchina di un parco di New York, fissando con aria affranta la ghiaia sotto le sue scarpe consunte. Era stato addestrato per occupare il sedile di pilota nella carlinga di un caccia e non sapeva fare altro. Ricostruirsi una vita da civile gli era costata la salute e tutte le sue ambizioni.
(Incipit)
– Quello che eravate è dimenticato… – cantarono le sacerdotesse, tre figure scure sbalzate dall’ombra, la femminea oscurità dell’anima. – Ciò che sarete è ancora ignoto… – riecheggiarono le loro voci sotto le arcuate pareti della caverna che gli uomini chiamavano il Grembo di Sharteyn, come se gli spiriti di tutti coloro che si erano votati alle dee del Tempio si unissero a loro. Shanna rabbrividì, ma non per l’aria fredda. Il peso della roccia sopra di lei, il peso degli anni durante i quali questo luogo era stato consacrato al popolo di Sharteyn, il peso di ciò che ci si aspettava da una figlia della casa reale, tutto questo la opprimeva e nessuna voce santa si levava per liberarla.
(Incipit)
Narriman aveva dieci anni quando il cavaliere nero arrivò a Wadi al Hamamah. Cavalcava eretto e con volto arrogante su di un destriero tanto bianco quanto la sua djellaba era nera. Guardava dritto avanti a sé passando in mezzo alle tende. I vecchi sputarono sugli zoccoli del suo cavallo. I bambini e i cani gemettero e fuggirono. L’asino di Makram ragliò in modo orribile. Narriman non era spaventata, solo confusa. Chi era questo straniero? Perché la sua gente era spaventata? Forse perché vestiva di nero? Nessuna delle tribù che lei conosceva vestiva di nero. Il nero era il colore di ifrits e djinn, dei Maestri di Jebal al Alf Dhulquameni, la montagna alta e scura che torreggiava su Wadi al Hamamah e il luogo sacro di al Muburak.
(Incipit)
La donna si muoveva come se stesse danzando. I suoi piedi smuovevano la sabbia tiepida e la pelle nuda, venendo a contatto con la grana fine, quasi polverosa, della rena produceva un sussurro seducente. Sbuffi di polvere si alzavano e rimanevano sospesi nell’aria per un momento prima di ricadere; la polvere si depositava sui nostri corpi come un sudario opaco e ruvido di colore bronzo-ocra, o terra d’ombra, o bruno-grigiastro. Parlare di sudari, pensai, non era affatto fuori luogo: la donna avrebbe potuto ucciderci tutti. La guardavo muoversi, e guardavo gli altri fare lo stesso. Erano tutti uomini. Qui, non venivano donne, non in circostanze come queste; mai. Tranne Del.
Il Grande Libro della Heroic Fantasy a cura di Alex Voglino, Editrice Nord, collana Narrativa Nord.
Poiché non ci sono edizioni recenti di questo volume, può essere reperito usato negli store di libri dedicati ad edizioni non molto recenti.
( Nota articolista: Io stessa l’ho preso usato su Ebay)
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