Oggi vi voglio parlare di un libro assolutamente delizioso. Lo comprai da piccolo, quando andavo con mio padre in libreria per fare incetta di libri per ragazzi. Lo lessi ai tempi, e mi piacque. L’ho riletto da poco, e mi è piaciuto molto. La quarta di copertina lo definisce thriller per ragazzi, però è presente un elemento fantastico. Ecco perché lo recensisco qui.
Durante la vigilia del giorno dei Morti, Zamiel, il Demone Cacciatore, viene a reclamare le sue vittime. Le piccole Lucy e Charlotte devono salvarsi in qualche modo: infatti il Conte Karlstein vuole sacrificarle a causa di un non meglio specificato contratto.
La storia non ha alcuna pretesa di epicità, caratteristica comune ai fantasy indirizzati ai bambini; è un racconto abbastanza semplice e molto godibile. Il finale è abbastanza intuibile, tuttavia ci sono dei risvolti interessanti e non banali.
Lo stile de Il Conte Karlstein mi piace. Il POV è fissato nei personaggi che fungono da narratori: principalmente la domestica Hildi, ma anche altri personaggi. La cosa divertente è che il registro cambia in base al personaggio: quando è Max a raccontare, si notano le sue continue divagazioni; quando sono le bambine invece a raccontare, si percepisce la loro educazione e i loro modi cortesi.
Varrebbe la pena di leggere il libro solo per il rapporto di polizia… lo riporterei per intero, ma meglio non rovinarvi la sorpresa!
L’educatrice Davenport è uno spasso: colta e intelligente, fa spesso riferimento ai suoi viaggi in luoghi improbabili. Ecco uno stralcio che mi fa ridere:
Un giorno, senza dubbio, sarà pratica comune istruire tutte le giovanette nelle arti di accendere un fuoco, catturare animali selvatici, scuoiarli e cuocerli come adesso si insegna loro a dipingere d’acquerello e a gorgheggiare melodiose ariette accompagnandosi al pianoforte. Sono entrambe cose che eseguono decisamente male, lo dico per esperienza. Nella mia Accademia di Cheltenham ho cercato di instillare un briciolo di senso di avventura e intrapendenza nelle mie ragazze, temo tuttavia con scarso successo. Chi può vincere contro la Moda? Di questi tempi va di moda che le ragazze fingano di essere fragili, languiscano, si sdilinquiscano, emettano brevi gridolini flautati di estasi quando sono compiaciute e perdano del tutto conoscenza quando non lo sono. È impresa improba immaginare spettacolo più ridicolo di quello di robuste ragazzotte rubizze di quindici o sedici anni che si sforzano di sembrare fragili eroine romantiche. Tuttavia ci provano comunque: nulla riesce a persuaderle di quanto risultino assurde; non si è in grado di convincerle, perché quella è la Moda. Aspetto, con tutta la pazienza che riesco a esercitare, che la Moda, come il vento, cambi e soffi da un altro quadrante. Quando arriverà tale giorno, possa Augusta Davenport essere ancora qui, a salutare la sua alba!
Cito due pezzi che ho amato: la storia della salsiccia e del pisello secco…
“E la tua bella carrozza, Max! Ce l’hai ancora? Sei arrivato qui con quella?”
“No, amore mio: ho avuto un incidente a Ginevra. È stata tutta colpa di un piatto di salsicce…” […] “Un piatto di salsicce?” domandò Eliza.
“Esattamente” confermò Max con mestizia. “Dopo che ho lasciato te e Miss Davenport a Ginevra, sono andato in una taverna per mangiare un piatto di salsicce e bere un po’ di birra, per alleviare il dolore di essermi separato da te. Be’, avevo con me il moschetto e l’ho appoggiato sul pavimento di fianco al tavolo, per sicurezza, capisci? Quando però è arrivata la cameriera con le salsicce, mi si è incastrato il piede nel grilletto, e il fucile era carico, solo che me ne ero dimenticato: è partito uno sparo che ha spezzato la zampa della sedia di un anziano gentiluomo”.
“No!”
“E quello è caduto indietro, si è aggrappato alla tavola, sai, e mi ha fatto scivolare il piatto… e una salsiccia fumante è volata in aria ed è atterrata nella scollatura della cameriera! Quella, quindi, ha fatto cadere la candela che teneva in mano… e ha dato fuoco ai miei calzoni…”
“Oh, Maxie!”
“Restava quindi una sola cosa da fare: sono scappato fuori, gridando da una parte e in fiamme dall’altra, e mi sono lanciato nell’abbeveratoio in cui stava bevendo la vecchia Jenny. Immagino che lei non mi abbia riconosciuto come il suo padrone, dato il momento incandescente, ed è partita al galoppo lungo la piazza del mercato, rovesciando bancarelle e spargendo uova e mele ovunque… per andare a buttarsi diritta nel lago, poverina, con la carrozza e tutto il resto”.
“Oh, povera vecchia Jenny! Si è salvata?”
“Sì, l’hanno tirata fuori, ma è stata la fine per la carrozza. Ed eccomi lì, seduto nell’abbeveratoio con l’anziano signore e il proprietario della taverna che mi davano tutti addosso. Io mi sono alzato per difendermi e a quel punto… è stato allora che mi hanno arrestato”.
“Arrestato? E perché?”
“Be’, quando mi sono alzato, ho scoperto che i miei calzoni si erano completamente bruciati. Sono molto severi riguardo ai calzoni, a Ginevra. Ho dovuto vendere la povera vecchia Jenny e anche il moschetto per riparare i danni procurati al mercato, e sono stato condannato a trenta giorni di prigione per essere apparso in pubblico senza calzoni”.
“Oh, povero vecchio Max!”
***
“Oh!” esclamò all’improvviso Max. “Chiedo scusa, signora, non avrebbe per caso qualcosa di simile a un pisello secco?”
Quella richiesta ruppe la tensione e ci fece scoppiare a ridere; la mamma risposte che ovviamente e aveva: quanti ne voleva? Lui rispose che gliene bastava uno, grazie mille, cosa che suonò ancora più ridicola. Lei andò a prenderlo, e lui cercò di pagarlo, ma lei non accettò: come si può chiedere del denaro per un pisello secco?
Pullman fa ampio uso di metafore e similitudini abbastanza insolite. Ve ne metto qualcuna:
Peter era chino sopra il fuoco e muoveva i tizzoni, e le scintille sciamavano verso l’alto come folletti sulle rocciose pareti dell’inferno.
***
Versai loro il vino e quindi entrarono le bambine; Meister Heifisch si inchinò e strinse loro la mano, chiedendo come stessero, e nella sua espressione trapelò del calore. Sembrava secco come la polvere e non più gentile di un calamaio d’argento, ma cortese e attento verso le due ragazzine, come se fossero state la duchessa di Savoia e la sua sorella gemella.
***
Stavano approfittando al massimo di quell’incontro casuale, sempre che lo fosse, perché si tenevano abbracciati e si baciavano come se il bacio fosse stato appena inventato e fosse stato loro chiesto di collaudarlo.
***
Aspettai e trattenni il fiato, quindi corsi verso il camino e accesi la mia candela; mi portai velocemente sotto l’arcata in pietra che conduceva alla torre e salii le scale fino allo studio, schermando la fiammella dagli spifferi che sventolavano come bandiere fantasma da ogni fessura della parete.
La storia è ambientata in Svizzera; viene nominata l’Inghilterra, l’Italia e addirittura la Sicilia! L’atmosfera fiabesca dei paesini immersi nella neve è resa sapientemente. Ci sono tantissimi dettagli, poco rilevanti per la storia, ma comici oppure che danno profondità all’ambientazione. Tra le trovate divertenti segnalo l’Ordine della Banana d’Oro e l’Almanacco Tropicale delle Gentildonne. Segnalo qui anche un elenco di oggetti, precisamente roba stipata nel ripostiglio del castello.
Gli unici utensili a disposizione, tuttavia, sembravano fatti di porcellana. Uno era una pastorella e l’altro un cane, entrambi rotti. Frugai ulteriormente e trovai: un telescopio deformato, un fermacarte di vetro, una statuetta di una specie di divinità indiana, con una tacca, una scatola contenente esemplari di farfalle morte, fissate con uno spillone a una tavoletta, un decantatore sbeccato con un fondo di liquido appiccicoso e dolciastro. (Lo assaggiai: era troppo dolce e, proprio mentre lo toccavo con la lingua, pensai al veleno e rischiai di soffocare.) C’erano parecchi vecchi abiti, molto impolverati, pieno di tarme; una lente d’ingrandimento rotta; il ritratto di una grassona; il ritratto di un ragazzino e una ragazzina, entrambi grassi e molto sgradevoli e di un grosso cane, ancora peggio di loro; un cupo paesaggio stile olandese, dipinto a olio, senza cornice; una brutta cornice scorticata senza quadro; una parrucca da uomo con i capelli lunghi sulla nuca, infestata dalle tarme, le cugine di quelle che albergavano nei vestiti: il ramo maschile della famiglia, indubbiamente; e… orrenda scoperta!… una testa umana!
Gran parte della narrazione è affidata a Hildi, una ragazza di 14 anni che lavora alla locanda della madre e al castello di Karlstein. Alcuni personaggi sono decisamente cliché, ad esempio la governante arcigna Frau Muller, o lo stesso conte Karlstein. Eppure, ci sono personaggi decisamente brillanti, come miss Augusta Davenport, di cui ho messo un estratto nella storia stile, Max Grindoff, il tizio dei piselli e delle salsicce e il Dottor Cadaverezzi, che mette su uno spettacolo simpatico. Le due bambine, Charlotte e Lucy, sono molto gradevoli e carine. Nel complesso, un ottimo cast.
Vale decisamente la pena leggere il Conte Karlstein. È breve, è autoconclusivo e vi strapperà più volte una risata. Consigliato. Il libro non è più disponibile in cartaceo (a parte usato su Ebay), ma potete comprare l’ebook su Amazon
Voto: 8/10.
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