Ogni eccesso è peccaminoso: perfino un dolore in origine lodevole si trasforma in una passione ingiusta
ed egoista se vi indulgiamo a spese dei nostri doveri, intendendo per tali quanto dobbiamo a noi stessi non meno che agli altri’
‘Che significa tutto ciò, Annette?’ chiese quando la raggiunse ‘Che cos’hai sentito dire di quel quadro per rifiutarti di restare quando io te lo ordino?’ ‘Non so cosa significhi, mademoiselle né so altro su quel quadro. Ho solo sentito dire che c’è qualcosa di terribile che lo riguarda e che da allora è sempre stato velato di nero e.. Nessuno lo guarda da anni. È in qualche modo collegato con il precedente proprietario del castello..’
‘Mia cara Emily non permettete alla madre badessa di contaminare la vostra mente con queste fantasie. Vi insegnerà ad aspettarvi che uno spettro faccia la sua comparsa in ogni stanza buia. Ma credetemi l’apparizione dei defunti non si verifica per motivi futili o scherzosi, per terrorizzare o sbalordire i pavidi’
I Misteri di Udolpho è un romanzo di Ann Radcliffe, il quarto e quello di maggior successo, pubblicato a Londra nel 1794.
Sull’apparente struttura del racconto di formazione femminile, Ann Radcliffe modella un percorso attraverso gli spazi sublimi del terrore, nei quali l’eroina si smarrisce in una vertigine noir che la conduce oltre i limiti della ragione e della natura. Nella Francia del 1584 la giovane e sensibile Emily St. Aubert, rimasta orfana di entrambi i genitori, viene rinchiusa dalla zia Madame Cheron e dal suo compagno, il perverso zio Montoni, nel tenebroso castello di Udolpho, sugli Appennini. Solo dopo una convulsa serie di avvenimenti agghiaccianti Emily riesce a riacquistare la libertà e a ricongiungersi con il suo innamorato, Valencourt.
I Misteri di Udolpho, Bur Biblioteca, collana classici moderni.
I Misteri di Udolpho contiene tutti gli elementi del romanzo gotico: situazioni di terrore fisico e psicologico, eventi apparentemente soprannaturali, castelli remoti e in rovina, la presenza di un nemico e di un’eroina perseguitata. Radcliffe presenta numerose descrizioni di paesaggi esotici nei Pirenei e negli Appennini.
Innocenza e colpa, bontà e cattiveria, generosità ed egoismo, estremi inconciliabili in serrata lotta tra loro, sono le categorie morali e (incarnate in altrettanti caratteri) i personaggi che animano I misteri di Udolpho di Ann Radcliffe, il lavoro più noto e di maggior successo della scrittrice inglese, pubblicato nel 1794. Ambientato nel XVI secolo tra Francia e Italia, il romanzo racconta le peripezie della giovane Emily St. Aubert, ragazza di specchiata virtù amatissima dai genitori (in special modo dal padre, uomo in tutto e per tutto “rousseauiano”, le cui convinzioni, così come il modo di vita, sono in larga parte sovrapponibili alle tesi esposte dal pensatore francese nell’Emilio). Prematuramente strappata alla quiete della sua vita in campagna dalla morte prima della madre e poco tempo dopo del padre, Emily viene affidata alle cure della zia, che vive a Tolosa e ha nell’accumulo indiscriminato di ricchezze e nella ricerca di frivoli piaceri mondani i suoi unici interessi. Nel lusso inutilmente esibito della splendida dimora cittadina della zia, Emily – che nelle ultime settimane di vita del padre aveva accompagnato il genitore in un viaggio nel corso del quale aveva conosciuto il cavaliere Valencourt, di cui si era innamorata (e che a sua volta era rimasto conquistato da lei) – già straziata dal ricordo della recente perdita, sperimenta la durezza di carattere della sua tutrice, che non perde occasione per rimproverare quella che considera debolezza (e che in realtà è solo sensibilità e bontà d’animo) e, incurante della fragilità della ragazza, la costringe a partecipare agli incontri e alle feste organizzate dalla buona società cittadina, in massima parte frequentate da approfittatori senza scrupoli. Lusingata da uno di loro, l’italiano Montoni, la zia di Emily cede al corteggiamento accettando di sposarlo.
È da questa affrettata, incauta decisione che I misteri di Udolpho – che fino a quel momento aveva alternato scene di familiare dolcezza e naturale splendore all’annuncio dei mali futuri, minacciati, come lo è un temporale dall’accumularsi di nubi all’orizzonte, dal progredire della malattia dell’uomo – scivola nell’ombra; Montoni, infatti, che si è sposato solo per poter spogliare delle sue ricchezze la zia di Emily, dopo una breve parentesi a Venezia conduce le due donne nel proprio tetro castello di Udolpho, roccaforte situata negli Appennini toscani. Qui, tra immense, desolate e buie gallerie dove ogni rumore fa temere un agguato, e nell’abbandono di stanze un tempo grandiose, dove sopravvivono solo memorie di dolori trascorsi e di innominabili peccati, la zia di Emily pagherà a carissimo prezzo la propria stoltezza ed Emily dovrà fare appello a tutto il proprio coraggio per resistere alla brutale tirannia di Montoni, convinto di poter disporre di lei come meglio crede. La prosa della Radcliffe, ricca, ridondante e nello stesso tempo trattenuta, in qualche misura addirittura esitante perché spettatrice dell’indicibile, corre nervosa nel chiaroscuro dei sensi continuamente eccitati di Emily, riflette la tensione colma di pena e d’orrore della sua insonnia, si specchia in ogni suo timore e dilata, rendendolo quasi insostenibile, un tangibile senso d’oppressione che solo lo scioglimento finale del racconto riuscirà a dissipare. Impetuoso romanzo d’atmosfera, colmo allo stesso modo d’orrore e di romanticismo, di sogno e d’incubo, I misteri di Udolpho è una lettura affascinante ma impegnativa, in special modo per lo stile, farraginoso in più di un passaggio e spesso gravato da ripetizioni non necessarie. Ma l’autrice sa evocare con maestria paure profonde; sa guardare con acutezza nell’animo umano e disegnarne, pietosamente, colpe e meriti.
Il romanzo I Misteri di Udolpho ebbe molta influenza in campo letterario, nell’Abbazia di Northanger di Jane Austen ha un ruolo predominante, viene citato da Herman Melville in Billy Budd e da Fëdor Dostoevskyij in I fratelli Karamàzov
Scrittrice inglese, nata il 9 luglio 1764 a Londra, dove morì il 7 febbraio 1823. È la rappresentante maggiore e più nota del cosiddetto romanzo nero o terrifico.
Esordì nel 1789 col romanzo The Castles of Athlin and Dunbayne, goffo nello sviluppo, puerile negli espedienti, privo di caratteri e incongruente nella mescolanza di colore locale e di verosimiglianza storica. Appena migliore riuscì A Sicilian Romance (1790), dove comincia a delinearsi il tema che doveva poi ripetersi monotono in tutti i suoi libri: quello dell’eroina perseguitata che finalmente trionfa. Già appare in questi due romanzi il tipico scenario di castelli diroccati, trabocchetti, indizî di delitti atroci, investigazioni, ecc. Questo macchinario raggiunge il pieno sviluppo nei tre successivi romanzi, che sono i principali della R.: The Romance of the Forest (1791), che è forse il più spontaneo dei suoi libri; The Misteries of Udolpho (1794), che offre l’esempio più caratteristico per lo stile della R.; The Italian (1797), che dei suoi romanzi è il più vario, quello d’intreccio meno meccanico e indubbiamente il migliore anche per la consistenza dei caratteri, tra i quali il personaggio di Schedoni ispirò direttamente il noto eroe di Byron. Anche queste opere ingenerano tuttavia la delusione derivante dal fatto che la R. mette in moto un grande apparato d’incidenti, complicazioni, ecc. per giungere a risultati tanto esigui da essere inconcludenti. Ciò soprattutto perché la scrittrice finisce sempre col dare spiegazioni, non di rado banalmente realistiche, di tutto l’elemento soprannaturale da lei stessa accumulato. Tali spiegazioni, in libri che nacquero ed ebbero grande successo in clima rivoluzionario, rappresentano in parte un omaggio alla declinante mentalità razionalistica e in parte nascono dal timore che la R., convinta protestante, aveva di ciò che si consideravano le superstizioni cattoliche. Tuttavia la sua capacità di suggestione è innegabile e sotto ai trucchi scenici la R. dimostra di saper creare artisticamente un ambiente. Un ultimo romanzo, Gaston de Blondeville, pubblicato postumo nel 1826, nulla aggiunge ai meriti della scrittrice. I quali sono costituiti da ingegnosità e abilità e soprattutto da un vivo amore per la natura, espresso nelle descrizioni dei suoi romantici scenarî (ai quali non fu insensibile W. Scott), anche se posti in paesi che, come l’Italia, la R. non vide mai, ma intuì felicemente. Questo amore precorre il senso della natura dei poeti laghisti e trovò espressione anche nelle belle pagine descrittive di A Journey made in the Summer of 1794 through Holland and the Western Frontier of Germany (1795).
Fonti
(3394)