Finalmente arriva in Italia uno dei capolavori di China Miéville: Embassytown. Attendevo da tempo il momento in cui avrei letto questo libro, in quanto Ursula K. Le Guin ne ha fatto una recensione molto positiva. La mia scrittrice preferita che recensisce uno dei miei scrittori preferiti: potrei chiedere di meglio?
Titolo | Embassytown |
Autore | China Miéville |
Data | 2011 |
Pubblicazione italiana | 2016 |
Editore | Fanucci |
Traduttore | Federico Pio Gentile |
Titolo originale | Embassytown |
Pagine | 439 |
Reperibilità | Reperibile online e in libreria |
La trama per metà libro si organizza su due livelli temporali differenti: Avice Benner Cho ci racconta la sua storia, intrecciando presente e passato. Questa prima parte è piuttosto lenta: non capisco perché Miéville ci si sia soffermato così tanto. Devo essere onesto: in molti punti mi sfuggiva il senso sul perché ci raccontasse certe cose. Per fortuna, dalla metà il libro si dispiega in tutte le sue potenzialità, trascinandoci in un potente climax che mi ha portato a divorarlo in poco tempo. Cosa succederebbe se un popolo di alieni diventasse improvvisamente drogato di parole? Per potervi parlare dei risvolti di Embassytown, devo introdurre qualche concetto chiave prima.
Gli Ariekei sono il popolo originario di un pianeta ai confini dell’universo, colonizzato da un pianeta chiamato Bremen. È difficile trovare nel libro una singola descrizione degli Ospiti, visto che le informazioni sono distribuite qua e là, ma penso che l’illustrazione renda un po’ l’idea. Ogni Ospite porta con sé una zella, una bestia biomeccanica a batteria che assomiglia a una larva.
Il modo di comunicare degli Ariekei è assolutamente peculiare, e di fatto la comunicazione è il nodo centrale di tutta l’opera. La Lingua, per loro, coincide col mondo stesso; non c’è modo di mentire, perché è inconcepibile affermare qualcosa che non corrisponda al vero. Per questo gli Ospiti sono veramente affascinati dal fatto che gli umani possano dire bugie… al punto che si fonda un Festival della Bugia. L’aspetto relativo al mentire quindi costituirà un fattore determinante nella trama.
Gli Ariekei parlano con due voci contemporaneamente: non c’è modo di comunicare con loro altrimenti, non prestano attenzioni alle “normali” voci umani (idem se le due voci vengono riprodotte artificialmente).
Gli Ospiti non sono i soli esoterriani polivocali. A quanto pare, esistono altre razze che per parlare emettono un numero indefinito di suoni simultanei. Gli Ariekei sono individui relativamente semplici. I loro discorsi sono un intreccio di due sole voci, troppo complesse e variegate per essere classificate come toni bassi o acuti. Sono due suoni inestricabili provocati dalla coevoluzione di una bocca finalizzata all’ingestione e all’articolazione di parole, e quello che un tempo, con tutta probabilità, era un organo di allarme specializzato. Questi esseri non sono capaci di scindere le voci e parlare utilizzandone una sola.
Alcuni esseri umani vengono scelti per diventare delle similitudini: il processo viene descritto dalla protagonista stessa che, sebbene non possa parlare la Lingua, ne è parte. Una espressione, per essere considerata parte del linguaggio, deve corrispondere al vero; per questo necessitano delle similitudini, per comparare e comprendere cose che non si trovano davanti ma di cui hanno bisogno di parlare. Quindi, affinché possano usare una similitudine, qualcuno deve prima metterla in pratica. Non potrebbero dire “è come cercare un ago in un pagliaio”, senza sapere che qualcuno abbia davvero cercato un ago in un pagliaio. La similitudine di Avice è ‘la ragazza umana che, sofferente, mangiò ciò che le venne offerto nella vecchia sala da pranzo in cui nessuno mangiava da tempo’; altri esempi di similitudine sono: ‘Darius, che indossò attrezzi al posto dei gioielli’, ‘Shanita, che fu tenuta sveglia e al buio per tre notti’, ‘Valdik, che nuota con i pesci ogni settimana’.
E la comunicazione tra umani e Ariekei come avviene? Tramite gli Ambasciatori.
su Arieka i rappresentanti dei coloni non erano mai stati gemelli, ma solo doppi, cloni. Era l’unica via praticabile. Venivano generati in coppia negli allevamenti degli Ambasciatori e modificati per accentuare determinate qualità psicologiche. […] Due individui distinti potevano essere istruiti su come condividere una parte della propria empatia o essere sottoposti a cicli di farmaci e tecnologie connettivi in grado di appaiarli, ma non era abbastanza. Gli Ambasciatori erano stati creati e allevati per esistere come dei singoli dalle menti unificate. Disponevano tutti dello stesso codice genetico, il codice che educava i loro cervelli, così che gli ospiti potessero comprenderli. Se tirati su nel modo corretto, abituati a pensare a se stessi come due metà simbiotiche, e collegati a dovere, questi potevano parlare la Lingua in modo abbastanza buono da farsi intendere dagli Ariekei.
È una parte che mi ha inquietato parecchio, se devo essere sincero.
Una parte del libro viene dedicata alla vita di Avice in quanto immergente (è una questione di importanza marginale per la trama). Cos’è l’immer? Il libro fornisce spiegazioni frammentarie, sparse qua e là. Non è un concetto di facile comprensione, almeno per me. Si può dire che l’universo ordinario è il manchmal, nel quale valgono le leggi della fisica ordinaria (ad esempio il limite della velocità della luce). L’immer è una sorta di altro mondo, sempre esistito (più antico dell’universo), e ha caratteristiche differenti (ad esempio, permette il viaggio ultraluce). Il lavoro di immergente è particolare, non adatto a tutti: i più rimangono storditi. Gli immergenti invece possono rimanere coscienti nell’immer, formando così l’equipaggio per le navi interstellari. Nell’immer i luoghi sono molto più vicini tra loro che nella realtà “normale”, per questo il pianeta di Arieka può essere raggiunto solo tramite l’immer.
Bene, dopo avervi illustrato le parole-chiave di Embassytown, posso spiegarvi la domanda fatta nell’introduzione. Quando Avice torna al suo paese natale (dopo vari anni trascorsi in giro per lo spazio lavorando come immergente) insieme al marito Scile, la città si prepara all’arrivo di un Ambasciatore cresciuto su Bremen (il paese colonizzatore). Questa situazione è sicuramente una novità, in quanto gli Ambasciatori sono sempre stati allevati direttamente ad Embassytown. Quando il nuovo Ambasciatore, EzRa, fa il suo primo discorso in fronte agli Ariekei, succede qualcosa che nessuno poteva prevedere: le sue parole rendono dipendenti gli Ospiti. EzRa diventa così il dio narcotico, i cui discorsi sono una droga per il popolo alieno. Come poter risolvere la situazione, considerando che l’assuefazione richiede sempre nuovi discorsi (quelli già ascoltati non sortiscono più effetto), e che Ez e Ra hanno un rapporto conflittuale? Da qui in poi, il romanzo vi terrà incollati alla lettura fino alla fine, ve lo garantisco.
La fantasia di Miéville non si rivela solo nella Lingua, negli Ospiti e negli Ambasciatori: il mondo stesso di Arieka è pieno di curiosità e caratteristiche peculiari. Ad esempio il trunc, un animale che si separa in due quando subisce un attacco; la coda allontana i cacciatori, mentre la testa fugge e prova ad accoppiarsi per l’ultima volta. Ci sono anche bestie ruminanti dalle cui feci si ricava carburante e componenti. Poi esistono le biomacchine, che non vengono mai spiegate nel dettaglio, ma di cui sappiamo alcune funzioni: ci sono quelle che per esempio immettono aria respirabile (l’atmosfera di Arieka non è adatta agli umani, che in Embassytown vivono sotto una cupola, altrimenti si muovono con dei respiratori portatili); sono progettate per durare in eterno.
Sapete già che amo lo stile di Miéville. Nel caso di Embassytown, alcune scelte stilistiche possono non rendere chiari alcuni concetti e alcune situazioni. Se in Perdido Street Station l’infodump era frequente e rilevante, in Embassytown è rarissimo. Questo significa che le informazioni sull’immer, sugli Ospiti e sulla Lingua sono centellinate, distribuite lungo tutto il libro; pertanto non è immediato cogliere al volo certi concetti. A parte questo, e una certa lentezza ad inizio libro, non ci sono particolari problemi.
Avice Benner Cho, nativa di Embassytown e immergente, è la protagonista di questo libro. Al suo ritorno in patria si ritrova coinvolta nelle vicende che ho sopra descritto; ha avuto due ex mariti e una ex moglie. L’attuale marito è Scile; la loro storia viene messa a dura prova ad Embassytown. Mentre si allontanano sempre di più, lei ha modo di frequentare altre persone: interessante è la sua relazione con l’Ambasciatore CalVin, che implica una sorta di storia a tre. Altri Ambasciatori importanti sono il già citato EzRa, MagDa e YlSib. Ehrsul, la migliore amica automa di Avice, è un personaggio con del potenziale. Infine, alcuni Ospiti hanno un ruolo cruciale nella trama, come Ballerina Spagnola e surl | tesh echer, il primo che riesce a mentire.
Embassytown è un libro fantastico. Miéville ha scritto un’opera creativa e originale, che trascina dentro una storia imprevedibile e dai risvolti epici. Ve lo raccomando assolutamente!
Voto: 8.5/10
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Sembra un romanzo piuttosto complesso, ma credo che con questa recensione tu sia riuscito a spiegarlo bene e di sicuro sarò meno confusa e più motivata a continuare quando lo leggerò. Perché naturalmente lo leggerò. Alieni e parole? Conquistata subito.