Tanta tanta ironia e tanta tanta cattiveria.
Dosate, si spera, in giuste dosi.
Troverete questo nell’elenco.
Come sempre però, e oggi più che mai, si scherza!
(O forse no?)
AVVERTENZA: Le frasi citate, seppur modificate un poco per renderle anonime, sono tutte reali.
1 – “Io scrivo e so di essere bravissimo, ma non mi propongo agli editori perché una volta mi hanno rifiutato. E sai perché mi hanno rifiutato? Perché il mondo editoriale è dominato dall’Oscuro Signore della Mafia dei Libri, che pubblica solo i suoi amici, i raccomandati, i calciatori, le veline, i politici e i figli di tutti questi potenti.”
Va bene. Come in ogni ambiente, anche in quello editoriale ci sono i raccomandati, non si può negare. Essi però costituiscono una fetta molto meno rilevante di quel che si crede.
In realtà, pensare che l’editoria campi solo di raccomandati è l’indizio primo per riconoscere coloro che dell’editoria non sanno praticamente nulla; le case editrici, al contrario, fanno di tutto per scovare nuovi autori veramente bravi e giovani, ma il problema è che trovarli è molto difficile. Se vi hanno rifiutato un testo, è perché avete scritto qualcosa di mediocre (le possibilità che siate il nuovo genio della letteratura che nessuno ha ancora riconosciuto sono molto risicate; e se lo siete davvero, prima o poi qualcuno se ne accorgerà, perciò state sereni). Se invece siete capaci di scrivere qualcosa di discreto, anche se non eccezionale, dovete solo aver pazienza: qualcuno vi noterà sicuramente.
Per riprendere gli esempi calcistici: immaginate il mondo editoriale come la Serie A. Entrarci è difficile, e qualche raccomandato c’è per davvero, ma alla fine solo coloro davvero bravi riescono a farsi un nome; quando è il momento di vedere i risultati tutti gli altri discorsi vanno a farsi friggere.
L’unica differenza è che gli scrittori vengono pagati un “pochino” di meno dei calciatori. Dovrete abituarvici.
2 – “Ho conosciuto un amico di mio zio che lavora nell’ambiente: mi farà pubblicare. È fatta.”
Discorso che si riconnette al punto 1.
No, se avete conosciuto qualcuno che vi farà pubblicare perché avete un legame con lui (in altre parole, se siete voi i raccomandati), non vuol dire che è fatta. Vuol dire solo, nel migliore dei casi, che pubblicherete un libro.
Ma pubblicare un libro è una cosa, essere scrittori (cioè vivere di scrittura, o quantomeno vivere di qualcosa di affine alla scrittura, e avere anche possibilità di pubblicare perché si ha un discreto valore) è un’altra.
Di nuovo: c’è qui la stessa differenza tra il farsi una stagione in serie A come panchinari perché si è raccomandati, o essere i titolari di una squadra (che magari è ultima in classifica, ma che comunque vi fa giocare perché avete un po’ di talento).
3 – “Ho conosciuto una persona che lavora nell’ambiente. Ha letto il mio libro e lo farà pubblicare. È fatta.”
Ci riconnettiamo ai punti 1 e 2.
Sicuramente questa è una situazione migliore delle precedenti (perché si è stati scelti da una persona dell’ambiente per le qualità del libro, e non per dei legami), ma non è ancora detta l’ultima parola. Significa soltanto che il vostro libro arriverà nelle mani di qualche lettore.
Sarà poi quel lettore a decidere se è fatta. Non resta che incrociare le dita.
4 – “Non puoi fare lo scrittore se non hai studiato latino a scuola.”
Giuro che l’ho sentito dire.
Persone autenticamente convinte di questo fatto.
Persone, però, che in vita loro non hanno mai aperto un libro né di latino, né di carta in generale (lo dico senza cattiveria: prendetela come una constatazione simpatica).
5 – “Non puoi fare lo scrittore se non sei laureato.”
Vedi punto 4.
6 – “Io ho pensato tutta la storia, ma non so come scriverla. Mi mancano le tecniche e non so da dove cominciare.”
Non esistono tecniche segrete celate in chissà quali volumi occulti dello “Scrittore Iniziato”; ci sono tecniche per strutturare meglio una narrazione, questo sì, ma possono essere apprese da chiunque con un po’ d’impegno. E poi, in realtà, tutti noi (occidentali ben abbienti) abbiamo visto e letto nel corso della vita già un discreto numero di storie colme di queste tecniche; perciò, seppur a livello intuitivo, siamo già dotati di un buon bagaglio di conoscenze.
Per cominciare, dunque, non serve altro che informarsi a fondo sull’argomento che si vuole affrontare e poi, appunto, cominciare.
7 – “Ho pubblicato un libro. Ho incontrato il mio collega Stephen King.”
Per carità, no!
Se avete pubblicato un romanzo con l’editore “Bassotti Truffaldini” di Serramonacesca, o anche con “I Fratelli Labbufala” di San Valentino In Abruzzo Citeriore, potete gioire per il vostro risultato, ma per carità: non cominciate a chiamare gli scrittori famosi “colleghi” e a parlarne come se ci pranzaste assieme ogni domenica.
8 – “Ho vinto il Premio di Poesia di San Rabarbaro a Prosciuttonia. Mi hanno dato una targa e un piatto di amatriciana. Ora sto leggendo il mio collega Ungaretti.”
Vedi punto 7.
Ma questa è molto peggio del punto 7.
I finti poeti vincitori di finti premi infatti non solo a volte sono presuntuosi (per fortuna non sempre), ma non si rendono conto che sono dentro il mondo editoriale tanto quanto un bambino con la palla immagina di essere ai mondiali.
9 – “Ho pubblicato a pagamento. Tanto ormai pagano tutti, e anche tanti grandi autori del passato hanno dovuto pagare, come ad esempio (segue elenco di scrittori vissuti tra seicento e ottocento).”
No.
Niente scuse.
Non pagate per pubblicare.
Ci sono milioni di motivi per non farlo. E gli editori che chiedono soldi non sono editori, ma tipografi della peggior specie (e chiedo pubblicamente scusa alla categoria dei Veri Tipografi per averli accomunati a quella gente).
10 – “Sì, ma allora come si fa a diventare scrittori?”
Scrivendo, senza cercare scorciatoie (perché non esistono).
E, soprattutto, evitando di diventare persone che pensano (e addirittura dicono) le frasi di cui sopra.
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