Per un romanziere, che sia un esordiente o un famoso navigato in quest’arte, la tempestività è un fattore decisamente importante. Secondo Stephen King, re indiscusso della letteratura horror americana, un buon romanzo deve rimanere in gestazione per non più di tre mesi, periodo oltre il quale il lavoro diventa un boccone troppo trito da inghiottire. E’ chiaro, dopo i fatidici tre mesi non avremmo il romanzo bell’e pronto alla pubblicazione ma una bozza che richiede d’essere corretta e ricorretta. Un tempo che, a meno che non si prepari un opera monumentale, pare ragionevole. È uscito recentemente, però, un articolo sul blog del celebre Huffington Post in cui si dichiara che per un buon libro, o meglio per la bozza di un buon libro, appena trenta giorni sono sufficienti.
Trenta giorni? Sul serio? Un mese sembra troppo poco per cacciar fuori le parole adatte per far vivere su carta i nostri personaggi, non c’è il tempo materiale per descrivere in modo appropriato ciò di cui vogliamo parlare; sia che si tratti di una semplice bozza sia, chiaramente, che si tratti della stesura definitiva della propria opera.
Ciò di cui parla il giornalista dell’Huffinghton è, almeno ai miei occhi, un prodigio della letteratura all’opera che si accinge a scrivere un’opera che, probabilmente, non verrà giudicata dai posteri un gran capolavoro. E’ indubbio che molti grandi della letteratura abbiano bisogno anche di meno tempo che completare un buon romanzo, ma spesso guardiamo il dito che indica la luna e non la luna in sè.
Quando si scrive, non parlo del tweet o del messaggio quotidiano ma di un qualcosa di meditato che si vuole venga bene, spesso si buttano giù appena un paio di righe e poi si torna indietro per rileggere ciò che si ha scritto. Questo, in effetti, potrebbe rappresentare un problema, una sorta di scoglio facilmente valicabile dal punto di vista qualitativo ma difficilmente da quello quantitativo. Se infatti ci si è posti una data di scadenza, magari quella di un concorso o simili, allora questo metodo potrebbe essere un problema in quanto a lungo andare fa perdere molto tempo. Più facile è mettersi davanti al computer e scrivere tutto quello che passa per la testa, creare le frasi che ci sembrano più azzeccate sul momento senza alcun filtro. Così facendo scriveremo di più in meno tempo e avremo tutto il tempo di ricontrollare quel che abbiamo creato in seguito. Tornando indietro si rischia di interrompere il processo creativo, una sorta di flusso che si apre come un rubinetto e che viene chiuso dalle cesoie della grammatica a ogni correzione. Andando avanti a ruota libera, invece, accade l’esatto contrario e sebbene ne risenta la forma, che può essere rivista più avanti, ne beneficia il contenuto, difficilmente modificabile in meglio.
Un punto di vista condivisibile e, perché no, un metodo che, in apparenza, sembra ottimo. In sostanza, bisognerebbe scrivere tutto quello che si vuole, senza alcun blocco, filtro o controllo, bisognerebbe buttar giù le prime idee che si hanno senza tornare sui propri passi finché il romanzo è completo. A me, però, pare un modo di procedere disordinato, disorganico, schizzoide, oserei dire. Perché non andare per gradi? Così da avere il lavoro sotto controllo e al contempo, magari, portarsi avanti in modo ordinato e continuo? Sarebbe il caso, perlomeno, di tracciare su un quaderno il profilo dei personaggi, il riassunto dei capitoli e tutte le note e annotazioni del caso. Poi, quando si è convinti della storia, si potrebbe cominciare a scrivere senza dar troppo peso alla grammatica e, a fine di ogni capitolo, fermarsi un paio d’ore per controllare quello che si ha scritto.
Così facendo si avrà un lavoro pulito, organico e ben organizzato in un tempo moderatamente veloce.
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D’accordissimo con l’articolo.
Scrivere bene è più questione di disciplina che di velocità. In 30 giorni si può stendere un’ottima scaletta, più approfondita in alcuni punti, con i dialoghi o momenti topici annotati accanto.
Gli altri 60 giorni preventivati da King saranno ben spesi su aggiustamenti e ampliamenti, fino ad arrivare ad una struttura più complessa e definita, pronta per le revisioni.
Dalle notizie che ho, il completamento di un libro richiede da 12-18 mesi, a seconda se è “già venduto” all’editore o l’autore scrive come primo mestiere, piuttosto che per hobby o secondo lavoro.
Hai espresso quel che volevo dire nell’articolo in appena qualche riga 🙂 D’accordissimo con te!