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1. Alla base di ogni storia

Questa rubrica si prefigge di trattare nel modo più semplice ed operativo possibile i tanti aspetti che concorrono nella realizzazione di una buona storia. Vista la mia presunta attitudine all’insegnamento, e dico presunta in quanto fondata solo sull’oggettivissimo parere di amici e parenti, ho deciso di strutturare tutta la rubrica come un corso diviso in varie lezioni. In ognuna di esse tratterò un argomento diverso e, dalla quarta in poi, la rubrica assumerà dei tratti presi in prestito dai tutorial che si trovano in giro per internet. Vorrei sottolineare che tutto quello che scriverò in questo e negli articoli seguenti è frutto del mio parere personale e della mia esperienza, quindi passibile di critiche d’ogni genere. Spero che apprezzerete i miei consigli di scrittura e mi piacerebbe che partecipiate attivamente commentando gli articoli.

Dopo avervi tediato abbastanza con questa prefazione dalla dubbia utilità e quindi per non rendere vano il tempo che avete speso per leggere fino a qui, vorrei partire subito introducendo i due aspetti che, secondo me, sono i pilastri portanti di qualunque narrazione.

Essi prescindono dal mondo del fantasy, sono applicabili a quasi tutti i tipi di opere, cartacee o meno e ci accompagneranno sempre e comunque durante tutti gli appuntamenti, saltando fuori di tanto in tanto. Sto parlando della logica e della verosimiglianza.

Per favore, presto, qualcuno soccora la signorina vestita di rosa lì in fondo che, aspettandosi che almeno uno dei due pilastri fosse la storia d’amore, s’è fatta prendere dalle convulsioni.

Parliamoci chiaro, tutti da bambini abbiamo raccontato qualche bugia e molti lo fanno anche da adulti. Chiediamoci: qual è la caratteristica che una bugia deve avere per convincere il nostro interlocutore? Può essere più o meno articolata, che ispiri sentimenti di comprensione o che cerchi di spostare l’attenzione su altri fatti, ma per funzionare deve essere verosimile! Più la nostra menzogna sarà vicina alla realtà, meno persone saranno propense a metterla in dubbio.

Sembra strano sentirselo dire, ma una storia, nella quasi totalità dei casi, altro non è che una bugia, un’invenzione del nostro intelletto che non ha riscontri effettivi nella realtà. Ecco il motivo per cui ritengo che una buon racconto debba essere prima di tutto verosimile.

Sì, lo so che tu al secondo banco, pallido come un cencio e coi denti aguzzi, vorresti scrivere un romanzo con i vampiri e ti stai chiedendo come rendere verosimili personaggi e situazioni che in realtà non esistono.

In effetti la parola “fantasy” porta insita nel suo significato il fatto che si ha a che fare con situazioni frutto della fantasia, talvolta così esageratamente inventate che sembra impossibile renderle simili alla realtà. In questo caso ci viene in aiuto la logica. Non sto intendendo il significato in senso stretto del termine, ma sto abbracciando in questa parola tutta quella serie di ragionamenti coerenti al contesto che si possono attribuire alla nostra storia.

I lettori sono propensi ad accettare gran parte delle stranezze e dei fatti impossibili del nostro racconto senza batter ciglio in quanto, in fin dei conti, sono pienamente coscienti di star leggendo una storia fantastica, ma una volta comprese le regole e le meccaniche che noi stessi abbiamo pensato per l’universo di cui vogliamo narrare le vicende, sarà molto più difficile far accettare loro situazioni inverosimili. Cominceranno a porsi delle domande e se le risposte non saranno in linea con la logica da noi imposta, avremo creato dei validi presupposti per la loro delusione.

I modi in cui la logica contribuisce a migliorare una storia sono molteplici ma sono tutti riconducibili ad un’unica domanda che deve sempre trovare risposta nella mente dei lettori: “Perché?

Nel momento in cui un lettore si chiede il motivo alla base delle scelte di un personaggio oppure la causa di un determinato effetto naturale e non riesce a darsi una riposta coerente, dovrebbe accendersi non una spia rossa d’allarme, ma un’insegna al neon alta sei metri.

È pur vero che determinate informazioni devono essere celate al lettore per permetterci poi di dispensare colpi di scena e creare eventi interessanti, ma possiamo dire che prima o poi tutti i “perché” devono trovare una risposta valida. Non è concesso abusare della posizione divina che occupa l’autore per spiegare tutto con un bel “perché l’ho deciso io”.

In un contesto dove ogni azione ha una logica conseguenza è possibile inserire elementi fantastici come la magia, i draghi, i vampiri o i conigli mannari facendoli risultare così ben integrati al contesto che agli occhi del lettore essi appaiono come reali.

Per fugare ogni dubbio, eccovi il classico esempio di azione illogica tratto dai racconti horror di infima categoria.

“Siamo in quattro in una casa infestata…Bene! Dividiamoci!”

Ma perché? Capisco che far dividere i personaggi serva ai fini della narrazione, ma è la mossa più stupida che possano fare. Quale lettore, nella loro stessa situazione agirebbe nello stesso modo? Nessuno. Se però forniamo una spiegazione logica per cui i nostri personaggi sono costretti a dividersi, allora la storia assume più spessore. Tanto per riportare una soluzione un po’ scontata, ma efficace, basterebbe far slogare una caviglia ad uno dei quattro, in modo che un amico rimanga con lui, mentre gli altri due si recano altrove a cercare qualcosa per medicarlo.

Facciamo un altro esempio per accontentare la signorina vestita di rosa che intanto si è ripresa: una situazione tipicamente illogica legata all’amore.

Sono un principe che come migliore amico ha un drago, partirò per una missione suicida in solitaria per salvare la mia amata che è stata rapita da non ho capito quale nemico del mio regno.

Perché mai dovresti fare una cosa del genere? Sei un principe, hai dei soldati, magari degli amici e cavalchi pure un drago, eppure parti da solo per affrontare mille avversità solo perché il tuo autore vuole mostrare al mondo quanto sei innamorato?

Sarebbe più opportuno, qualora si volesse davvero spedire il povero principe in solitaria, creare una serie di situazioni per cui non possa avvalersi del suo drago o del suo esercito. Una soluzione si trova sempre ed in questo caso, volendo proprio evitare di spremere le meningi, basterebbe spiegare che è richiesta un’azione in incognito e quindi il buon principe è costretto a non poter fare affidamento sulle sue risorse. Meglio ancora sarebbe far partire il protagonista accompagnato e poi far accadere una serie di eventi per cui è costretto a rimanere da solo, ovviamente senza esagerare con la sfortuna, altrimenti alcuni lettori potrebbero soprannominarlo “Ragionier Principe Fantozzi”.

Lasciandoci alle spalle l’applicazione della logica in maniera diretta, ci sono molti casi in cui essa trova tacito utilizzo nei comportamenti generici dei personaggi.

In un mondo pieno di magia, per esempio, gli abitanti tendono a non meravigliarsi quando assistono ad un incantesimo di categoria medio-bassa in quanto sono avvezzi a simili pratiche, oppure nel 3578 anche il nonno novantenne del protagonista saprà come interagire con l’interfaccia olografica della sua vettura volante in quanto si tratta di tecnologie d’uso comune.

Eccoci arrivati alla fine di questo primo appuntamento. Non siamo scesi molto nei particolari, come era giusto che fosse per il nostro incontro iniziale, ma spero di avervi incuriosito abbastanza da rivedervi tutti qui la prossima volta. L’argomento di cui tratteremo sarà la lingua italiana ed i modi in cui è possibile utilizzarla, riallacciandoci ai concetti di logica e verosimiglianza che, come detto, ci accompagneranno per tutte le lezioni. Sarei felice di leggere qui sotto i vostri commenti in merito a questi consigli di scrittura, al mio modo di scrivere e soprattutto interventi e spunti di discussione sugli argomenti trattati.

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2. La lingua italiana
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Alessandro Zuddas

Alto, bello, forte, intelligente, affascinante, carismatico, sposta gli oggetti con il pensiero, sa volare, parla la lingua comune intergalattica ed è così dannatamente fantasioso che qualche volta confonde cioè che immagina con la realtà… diciamo spesso… anzi no! Praticamente sempre! A pensarci bene non è che sia così tanto alto, affascinante o tutte le altre doti prima esposte, ma a chi importa? Quando si possiede la capacità di creare un mondo perfetto o perfettamente sbagliato oppure ancora così realistico da poterlo sovrapporre alla realtà, perde di senso chi si è veramente e conta solo chi si desidera essere.

7 Comments

  1. avatar Lestblue ha detto:

    Un articolo utilissimo che espone i principali problemi, alla frase

    “Siamo in quattro in una casa infestata…Bene! Dividiamoci!”

    ho pensato alla miriade di film horror dove i protagonisti inevitabilmente hanno quest’idea e tutte le volte mi son ripetuto quanto fosse stupida!
    Well done!!!

    • avatar Alessandro Zuddas ha detto:

      Grazie mille!

      L’esempio degli amici che si dividono nella casa infestata mi è parso il più calzante per sottolineare la stupidità di certi personaggi. Ce ne sarebbero stati molti altri ma li conservo per le prossime puntate.

  2. avatar Reyvolution ha detto:

    Mi è piaciuto molto il paragone tra il creare una storia e inventare una bugia, realizzare che per entrambe le cose lo scopo stia nel far credere che la propria storia sia la verità non mi era mai passato per la testa. Eppure incredibilmente gli intenti sono praticamente gli stessi! Però mettendola così la vedo da un punto di vista diverso.
    Questa guida risulta proprio facile da leggere, simpatica e per niente noiosa (pericolo sempre in agguato solitamente per le guide!) quindi complimenti!
    P.s. Il mio vestito rosa si è sgualcito dallo shock, andrò a cercare un ferro da stiro in quella cantina buia senza accendere la luce, grazie per i consigli!

  3. avatar Arwen Elfa ha detto:

    Sicuramente ottima prima puntata.

    Come non essere d’accordo sul fatto che per un Buon Fantasy sia necessaria di base anche la logica e la verosimiglianza.
    Senza queste due qualità nessun lettore si potrebbe appassionare ad una storia sicuramente per molti versi già molto irreale!
    E’ questo il suo bello – Io trovo che debba essere irreale ma debba richiamare qualcosa che è noto e conosciuto a tutti. Qualcosa con cui tutti noi abbiamo sempre a che fare – la nostra vita reale. Ci deve essere un collegamento per permettere al lettore di essere coinvolto ben bene !

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