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Capitolo 7.2 – Grigia Londra

Sottofondo musicale

Peter scruta Trilli sulla mia spalla, un po’ serio: “Devi nasconderti”, io trattengo giusto in tempo la fatina e le porgo di nuovo un pochino di nuvola. Lui annuisce, grato alla mia premura: “Giusto, è meglio se non senti cosa dicono gli adulti” Il suo sguardo è sinceramente preoccupato mentre fissa la sua fatina eseguire senza alcuna replica. Forse che i suoi pensieri tornano agli ultimi attimi di Wendy sull’Isola-che-non-c’è. A quanto contraria Trilli fosse alla presenza di Wendy, mentre adesso lo aiuta persino a ritrovarla.

Aveva tradito. Aveva portato Peter Pan in trappola, sulla nave pirata e rinchiuso Trilli in una lanterna in modo che non ci potesse avvisare. Quando Trilli era riuscita a liberarsi e noi a raggiungere Peter, lui era già stato legato ad un’ancora, in modo che niente e nessuno potesse permettergli di sollevarsi da terra. Johnnie e Michael stavano legati in un angolo, Wendy li stringeva a se, con una spada puntata sulla propria gola. Piangeva.

“Peter!”, urlai.

Lui non alzò neppure lo sguardo. Non avrebbe saputo volare, nemmeno se lo avessi davvero liberato e ciò portò a terra anche me. E dietro me gli altri bambini. Fummo tutti rinchiusi in uno sgabuzzino, finché Trilli non riuscì ad aprirci. Lei si era nascosta. In seguito ci avrebbe spiegato che Wendy aveva rubato la chiave a uno dei pirati e l’aveva data a lei per liberare i suoi bambini. Quando uscii, avevo dentro di me una grande rabbia in corpo, e con un urlo attaccai i pirati. Peter era stato liberato dall’ancora, anche ciò era avvenuto su insistenza di Wendy. Apparentemente aveva detto al capitano di voler solo abbracciare “il suo bambino” prima di dovergli dire addio per salvare i fratelli. E il capitano gli aveva creduto.

E lei in qualche modo riuscì a fargli trovare la gioia che era in lui, ma era legato e issato alla griglia sotto di lui. Il capitano aveva deciso di ucciderlo prima di darlo in pasto al coccodrillo. Ero quasi lì. Potevo aiutare Peter, lo avevo quasi raggiunto, ma l’uncino si stava muovendo più velocemente di quanto io corressi. Trilli aveva fatto volare via Michael e Morbido, in modo che raggiungessero gli indiani. Lì sarebbero stati al sicuro, comunque fosse andata a finire la battaglia.

Ma la battaglia finì molto prima. Wendy aveva recuperato il pugnale di Peter e parato il colpo: “Ho disonorato la mia parola. Ch’io muoia perché ho protetto Peter Pan”, disse al capitano.

Raggiunsi Peter in quell’istante che la ragazza era riuscita a ritagliarmi e lo liberai. Lui per prima cosa afferrò Wendy e le tolse il pugnale di mano: “Il capitano è mio”, sibilò.

Lei si mise da parte, lo guardò solo negli occhi. Mi vide ora, con un pirata alle spalle, che indicò: “Passami un pugnale!”

“Non a una traditrice”, ribadii, furioso, difendendomi da solo.

Credo che lei si sentii inutile. La persi di vista per pochi istanti che furono decisivi.

Me lo raccontarono i Gemelli: Wendy seguì Peter e il capitano per tutto il loro duello, senza intervenire. Peter diede la sua parola, accusato di essere un imbroglione, che non avrebbe usato alcun trucco, e che lo avrebbe sconfitto così, persino con una mano dietro la schiena.

Finirono sull’asse. Peter combatteva, il capitano, vigliacco, aveva fissato la spada al posto dell’uncino, per ingannare Peter. In realtà con la mano libera tolse la sicura dalla sua pistola, nascosta dentro alla sua giacca rossa quanto i suoi occhi traboccanti di malvagità.

Wendy riconobbe il pericolo. Arrivò da dietro, abbracciò Peter, lo costrinse in una giravolta a voltare le spalle al capitano e lo spinse all’interno della nave. Fu lei la vittima di quello sparo mortale, anche se tentò di sfuggirvi gettandosi con Peter di lato. Io li vidi solo cadere dall’asse e Peter prenderla in braccio.

Johnnie intervenne e diede un colpo con il piede destro, deciso e forte, all’asse. Il capitano perse l’equilibrio e rimase appeso all’asse con il suo uncino, chiamò la ciurma ad aiutarlo.

Peter volò via, capii subito dov’era diretto. Io radunai i bimbi sperduti, Trilli fece giusto in tempo a raggiungerci a prua. Trilli seguiva Peter ovunque, ma se capiva che noi bambini eravamo in pericolo, piuttosto che lasciarci soli si faceva calpestare sotto i piedi dei pirati. Le ordinai di riempirci di polvere di fata, fu giusto in tempo per fuggire e ritrovarci tutti dagli indiani, che da sempre si occupano delle nostre ferite, quelle “vere”.

Ma Johnnie sapeva già che non c’era altra via per Wendy.

Trilli ha tappato le orecchie e ora sta nascosta nel taschino di Peter. Io non resisto: “Fa male vederla così”, affermo.

Peter scuote la testa, combattendo seriamente fra il suo sguardo spavaldo di sempre e la cupidigia che gli vedevo tornare sempre per la stessa causa: “Non farmici pensare, ti prego”

“Cosa ha detto prima Trilli?”

“Ha fatto finta di essere Wendy”, risponde lui con semplicità.

Io non riesco a capirlo: “E così cosa siamo qui a fare?”

“A chiedere del suo libro”

“A chiedere del suo cosa?”, domando sorpreso.

Lui, che sta già sbirciando oltre l’angolo, torna nell’ombra da me: “Devo sempre spiegarti tutto, Ricciolo?”, sospira.

Io annuisco e lo lodo. E’ il modo più semplice per fargli tornare il buonumore. Di cattivo umore non lo sopporto: “Non ce ne sono brillanti come te. Spiegami”

Alla fin fine il suo comportamento, per quanto poco logico sia, è anche prevedibile, a patto che lo si conosca bene come me. Lui si inorgoglisce e si siede a mezz’aria all’altezza della mia testa: “Ricordi cosa diceva di voler fare da grande Wendy?” Rifletto. Ci metto un attimo. A dire il vero realizzo di non saperlo proprio e lui me lo legge nello sguardo, quindi si gonfia ancora di più e risponde da solo: “Voleva scrivere delle sue avventure. Noi siamo stati la sua avventura!”, mi fa notare; “E se Johnnie crede che le abbiamo rovinato la vita, dev’essere perché lei non è una grande normale. Deve aver scritto il libro”, aggiunge.

La cosa non è poi tanto fantasiosa, come idea: “Quindi adesso cerchiamo il libro di Wendy?”, domando. E’ già tanto dire che sappiamo leggere, tutti e due messi insieme. Chi ricorda una lettera e chi ricorda la seconda.

Lui scuote la testa, cercando di essere paziente: “No, non finiremmo più. Chiediamo a chi vende” Logico. Davvero non ce ne sono brillanti come lui. Con ciò torna con i piedi a terra e mi afferra la mano, iniziando a correre: “Dobbiamo scoprire da dove viene il libro per sapere dov’è Wendy”

Non sono mai stato dove vendono libri, non ne ho mai visti tanti. Per un istante resto senza parole, Peter invece non si lascia sorprendere da nessuno, salvo che se stesso, per cui chiama a gran voce: “Signore?”, chiede; “Signore!”

Un anziano signore si affaccia da dietro a uno scaffale, sta seduto con una scatola piena di libri poggiata sul tavolo, probabilmente piena di libri da mettere in ordine: “Cosa ci fanno due ragazzini a quest’ora nel mio negozio?”

Peter sorride, come per sfidarlo: “Cosa ci fa un vecchio dietro a libri e polvere?”

“Vive altre vite”, risponde il vecchio con un sospiro.

Peter inclina la testa: “Cioè?”

“I libri mi fanno vivere avventure che questa vita non mi ha concesso. Non è mai male la curiosità, ragazzo, neppure la sfacciataggine, ma perché non dovrei chiamare la polizia per farvi portare a scuola?”, chiede lui.

Sentendo puzza di guai intervengo: “Io… io e Peter abbiamo lezioni private”, ti prego, fa che se la beva, penso.

Peter si affretta a confermare: “Esatto. E il maestro è ammalato”

“Per questo due figli di un ricco signore, in assenza del maestro, si presentano vestiti come due orfanelli nella mia libreria”, replica lui e si avvicina a noi; “Sembrereste alla ricerca di un’avventura”

“Esattamente!”, gioisce Peter, lo abbraccio giusto in tempo per impedirgli di sollevarsi per aria.

Cerco di deviare l’attenzione su di me, anche se mi costerà l’arrabbiatura di Peter: “Cerchiamo un libro, ma non lo deve sapere nessuno. Per questo ci siamo vestiti come orfanelli”, dichiaro.

Peter sembra ragionare. Forse ha capito che è meglio non entusiasmarsi troppo, oppure si cala nella parte per fare finta. Qualsiasi sia la ragione, è la migliore cosa che possa fare adesso. “Non vendo libri contrabbandati, tantomeno quelli sulla lista nera”

“Non credo sia l’uno o l’altro”, replico.

Peter riprende slancio: “Sono le avventure di Wendy”

“Wendy?”, ripete il signore, incerto.

Lui si sgancia da me e fa qualche passo in avanti, perplesso dall’espressione dell’uomo: “Sì, le avventure di Wendy e dei suoi fratelli, su un’Isola lontana, ci si arriva solo volando. Li porta lì un bambino che non crescerà mai”, è nervoso, parla a valanga; “Ha… ha una fata, Trilli. O Campanellino, lei la chiama così, non vanno molto d’accordo”

L’uomo sorride e scuote la testa, divertito: “Ah, ecco perché il vostro papà non deve sapere che cercate questo libro…”

“Vi prego, signore, ditemi!”, lo prega Peter. Io resto dietro di lui, come paralizzato. Ho un terribile presentimento, il presentimento che non torneremo molto presto all’Isola.

Il vecchio si mette a cercare e trova un libro: “Ecco qui, te guarda, se non me lo chiedevate non me ne accorgevo neanche che ne è rimasto solo uno…”

“Quindi sono famoso?”

“Oh sì, il signor Barrie è diventato famoso eccome, con quella sua favola per bambini”, afferma il signore, chiaramente non ha sentito bene la domanda di Peter, il che è un bene. Ci sorride, ignaro che quanto ci ha rivelato per via di questo piccolo errore ci sconvolge.

Peter lascia cadere il libro che gli ha messo in mano il vecchio e corre via. Io improvviso una risposta, cercando di non prendere troppo tempo: “Aveva scommesso che il libro era di Wendy Darling”, dico e corro dietro a Peter, preoccupato. Se adesso vola via, io non posso più raggiungerlo, Trilli è con lui. “Torniamo!”, dico ancora, prendendo il libro. Penso di averglielo detto, al vecchio, che torniamo. In qualsiasi caso, non grida al ladro, il che è un gran bene.

Svolto l’angolo, torno nell’ombra del vicolo cieco. Per fortuna è qui.

No, fermi… per fortuna?

“Perché doveva scrivere un altro la nostra storia?”, mi chiede Peter.

Faccio spallucce e gli passo il libro: “E’ l’unica traccia che abbiamo. Vogliamo continuare o torniamo a casa?”

“Io non mi arrendo mai!”, sbotta lui e si alza in piedi, scalcia, afferro al volo il libro.

“Ho dato la mia parola che gli riportiamo il libro”, gli faccio sapere.

Peter scuote la testa: “Wendy ha dato la sua parola, ha detto che se cresceva, avrebbe raccontato la mia storia! Perché l’ha scritta un altro?”

Rifletto: “Magari… magari racconta davvero la tua storia, Peter”, penso.

La odio per aver tradito Peter. Ma non riesco a credere che anche lei si sia dimenticata di lui, o che vuole fare finta che lui non sia mai esistito. Penso di nuovo alle sue parole da mamma, sulle stelle, e poi al fatto che è quasi morta per Peter. Se non si intrometteva lei, il capitano avrebbe ucciso il mio migliore amico.

Non so quale pensiero sia il peggiore: quello che il mio amico sarebbe morto o lei che mi ha tradito, e lei lo ha fatto davvero. Tradendo Peter ha tradito anche me.

Peter mi squadra: “Cosa vuol dire, Ricciolo?”

“Forse… forse racconta la tua storia. E qualcuno l’ha sentita, l’ha trovata una bella storia, e ha fatto finta che fosse la sua storia”, indico l’iniziale del nome dell’autore; “Vedi? – E’ una J, se non sbaglio, come Jockie”, faccio notare.

Peter scatta in aria. Ha già dimenticato la sua tristezza, di essa non vi è neppure più l’ombra sul suo viso: “John! Qualcuno ha fatto finta di essere John per raccontare la storia e farla passare per sua!”

Faccio spallucce: “Forse. Possiamo chiedere al signore se sa dove trovare questo signor Barrie”, propongo, cauto.

Lui sorride: “Sono un genio! Lo sapevo che il vecchio barbone poteva aiutarci!”

“Allora torna a terra, genio, o salta per aria tutta la missione segreta”, gli dico, divertito.

Lui torna a terra: “Mi sembra giusto”, prende in mano il libro e corre di nuovo dietro l’angolo. Sospiro e tengo il passo. Siamo di nuovo dal vecchio che ci fissa stralunato.

“Avete letto in fretta”

“Ci… ci servono solo due informazioni”, improvviso io.

Peter fa chiaramente fatica a tenere i piedi a terra, io lo abbraccio di nuovo e gli faccio segno di porgere il libro al vecchio: “Forza, Peter. Abbiamo promesso di ridarglielo”

Lui esegue. Lo fisso stralunato io, stavolta. Lui che segue un mio ordine? – La cosa si fa grave. Dobbiamo rimettere a posto le cose il prima possibile e se Peter dice che Wendy può risolvere l’enigma, allora Wendy salverà l’Isola. “Signore, sa per caso dove possiamo ritrovare il signor… J. Barrie?”

“John”, aggiunge Peter.

“James Matthew Barrie”, lo corregge il vecchio; “Siete proprio fuori dal mondo dello spettacolo ragazzi, eppure così vicini da voler scoprire tutto… su una favola?”

“Dobbiamo capire perché l’ha scritta lui”, spiega Peter.

“Perché ha scritto lui il pezzo del teatro, la storia l’ha inventata lui, è un suo diritto farne un romanzo”, si indigna il vecchio e scuote la testa; “Perbacco, ragazzi, ma cosa state cercando, davvero?”

“Quello che ha scritto il libro. Tutto lì”, taglio corto io.

“E cosa farete, se io lo sapessi?”

Peter fa spallucce: “Gli tagliamo la mano destra?”, scherza; “No, ma dai, avete la mia parola, buon vecchio, non gli faremo alcun male”

“Oh santo cielo, ci manca questo!”, sospira il vecchio.

Intervengo: “Davvero non sa come possiamo raggiungere il signor Barrie? – Per Peter è molto importante”

“Immagino lo sia per tutti i bambini di nome Peter”, annuisce il vecchio e ci sorride di nuovo, più tranquillo; “Mi sembra giusto, ma non tutti possono parlare con l’autore. Avete provato a scrivergli una lettera?”

“Nostro padre lo vieta”, improvviso. Peter annuisce e abbassa lo sguardo. Strano. Per non dover dire altro, la cosa è davvero strana. Guardo il vecchio: “La prego, dobbiamo parlargli di persona”

“Cosa volete chiedergli? – Perché ha scelto proprio quel nome? – Si è ispirato a uno dei suoi protetti, è diventato tutore di una figliata mentre scriveva per il teatro”, osserva il vecchio; “Cosa gli chiederete?”

“Cosa vi importa?”, sbotta ora Peter; “Voi sapete cosa significa per me quel libro?”

Lo trattengo: “Calma. Calma, ti prego, Peter. Il signore è solo un po’ perplesso. Non siamo a casa, non decidiamo noi, qui”, sottolineo.

Lui scuote la testa: “E guarda cosa fanno del loro mondo, i grandi!”

“Ti fidi di me, Peter?”, lo prego.

Il vecchio inarca un sopracciglio, squadrandomi: “Quindi… un puer aeternus..?”, bisbiglia quasi, rivolto a me; “Sicuro che conoscere Barrie lo farà crescere?”

Peter è una furia: “Io non crescerò mai!”

Il vecchio mi fissa intensamente: “E sia… so che i suoi due protetti più giovani vivono a Londra, ma lui è sempre preso dal teatro. Quindi lo troverete lì”

“A teatro?”, ripete Peter.

“Generalmente al Duke of York’s”, annuisce il vecchio e ci saluta. Prima che io esca dietro a Peter, mi poggia una mano sulla spalla: “Tieni d’occhio tuo fratello. Ne ha proprio bisogno”

“Comunque vada, sarò sempre al suo fianco”, gli sorrido. E’ la sola verità che gli abbiamo presentato da quando lo abbiamo incrociato. Esco e raggiungo Peter dietro all’angolo.

E’ furioso: “Vuole che io diventi uno come lui, come quegli adulti che rubano tutto ai bambini? La loro fantasia, i loro sogni? Vuole che io cresca e diventi come i pirati?”

“Gli indiani sono adulti gentili”, gli faccio notare; “Ma gli hai fatto paura. Ci ha detto subito dove potremmo trovare quel signore, quando ti sei arrabbiato, hai visto?”

Peter ride di gusto e si leva in aria: “Allora facciamo vedere a quel pallone gonfiato che ha scritto la storia di Wendy di quante più cose è capace il vero Peter Pan!”

“PETER, LA POLVERE!”, gli grido dietro.

Lui estrae Trilli dalla tasca e fa cadere della polvere fatata su di me, poi mi lancia la mia giacca: “Prendimi, se ci riesci!”, mi sfida, mentre Trilli toglie di nuovo i batuffoli di nuvola dalle orecchie e vola da sola, con quell’espressione tranquilla e beata sul viso.

Ecco di cos’ho bisogno: del mio buon vecchio amico Peter.

Schizzo via dietro di lui.

Non lo supererò mai.

Non ce ne sono altri come Peter Pan.

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Capitolo 7.1 - Grigia Londra
Capitolo 8 - Fratelli
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SaraIE

Passa il tempo libero fra libri, carte e penna, suona in una piccola orchestra e ama tenersi impegnata giorno e notte. Studentessa sognatrice, 18enne, vive in Svizzera con la sua famiglia, le piace interpretare le voci quando legge e non ha mai abbandonato le storie di fantasia, anzi, semmai si è irrevocabilmente persa fra i boschi degli elfi, le caverne dei nani, i cieli delle fate e gli abissi delle sirene. Ma, secondo la sua filosofia, prima di fare ordine ci deve essere il caos e prima del sapersi orientare non si può fare a meno di perdersi. Non preoccupatevi se vi sembra strano quello che scrive... Proseguite che alla fine vi ritroverete 😉
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