“Peter, non andare così veloce!”, lo supplico e mi volto a fissare Trilli. Ci segue senza fare storie, il che è assurdo, soprattutto perché sa qual è la nostra meta.
Lui si gira, fa un giro attorno a me e ride spavaldo, come sempre: “Perché no? – E poi, più tempo passa, più Wendy potrebbe essere cresciuta”
Vorrei fargli notare che ormai dovrebbe essere già adulta, ma mi trattengo. Lui è troppo felice al pensiero di rivedere la mamma dei bimbi sperduti. Ho cercato di fargli ricordare le avventure vissute all’epoca con il capitano dei pirati, ma lui non ricorda più nulla, per lui sarebbe come se gli raccontargli una storia inventata di sana pianta. Ricorda solo Wendy, la sua ninnananna, i suoi due fratelli. Come dirgli che quella ragazzina potrebbe persino essere morta, dopo che già ci aveva tradito tutti?
Se solo Trilli fosse in sé – gliele canterebbe di tutti i colori, a Peter, fino a farlo impazzire, piuttosto che lasciarlo andare di nuovo da Wendy. Negli ultimi anni l’aveva persino trattenuto dall’andare a cercare nuovi bimbi sperduti.
Muovo le braccia come un uccello nel tentativo di accelerare.
“PETER!”
“SEI UNA LUMACA, RICCIOLO!”, mi riprende lui divertito.
“MOSCERINO DEI MIEI STIVALI!”, lo riprendo io, scuotendo la testa divertito allo stesso modo. È per questo che vale la pena restare al fianco di Peter – ha un’ironia contagiosa.
Lui si ferma e mi squadra, finalmente lo raggiungo: “Tu non hai gli stivali, Ricciolo!”, mi fa notare, mentre io mi aggrappo al suo piede.
“Adesso, se vuoi correre, mi dovrai tirare, Peter Pan!”, dichiaro io.
Trilli si aggancia al mio colletto. Peter la scruta un attimo e sospira: “Capisci perché dobbiamo fare presto?”
Non lo contraddico. Trilli ci sta seguendo solo perché Peter glielo ha chiesto, perché io altrimenti non posso volare avanti e indietro da Londra. È assurdo. Fino a qualche tempo fa avrebbe dichiarato guerra a chiunque seguisse Peter fino a Londra al di fuori di lei stessa, adesso invece ha accettato la mia proposta come se avessi chiesto di andare a trovare gli indiani.
Finalmente fra le nuvole compaiono le fioche luci di Londra. Riconosco l’orologio, i ponti, le strade. Non volentieri, ma riconosco tutto. L’unica cosa che non ho mai visto è forse la casa della famiglia Darling. “Sicuro di ricordare la casa?”, chiedo.
Peter sbuffa: “Fino a quando vuoi chiedermelo?”
Sospiro. Non c’è modo per dissuaderlo, l’unica cosa che posso fare è continuare a seguirlo e ad aiutarlo, qualsiasi cosa ci aspetti. Peter si tuffa per le strade ed entra, senza esitazione, al secondo piano di una casa a schiera, segnata con il numero 14. La finestra credo non fosse aperta, ma lui non si lascia intimidire da niente e nessuno. Quand’è chiuso, apre e se trova aperto, chiude. È impossibile convincerlo a fare cose logiche. Se dovesse iniziare a farlo, saprei che è impazzito davvero. Per me è più pazzoide pensare a un Peter logico e con una memoria di ferro che a una Wendy adulta.
Rimango dietro alla finestra e trattengo Trilli dall’entrare. Non si sa mai cosa può succedere, prendo due batuffoli di nuvola che ho tenuto da parte e glieli porgo: “Tappati le orecchie”
Una fata certe frasi degli adulti non le sopportano. Specialmente quando si tratta di rispondere alla domanda se credono nelle fate. Una fata non può difendersi, se sentisse una frase simile, morirebbe subito. Peter è partito proprio per riaverla com’era prima: gelosa, attenta e intraprendente.
Trilli ha un gran brutto caratteraccio, o almeno lo aveva. Io sono sempre stato contento di non aver imparato la sua lingua, solo Peter sa cosa dice. Ho sempre pensato che se non sapesse parlare, Trilli farebbe un grande favore a tutti, ma ora che è fuori di testa, che è assente (ho imparato questa parola da Orso), è quasi più snervante.
Senza fare una piega per le mie parole, Trilli si mette un pezzettino minuscolo del batuffolo nell’orecchio e un altro pezzettino nell’altro. Me la poggio sulla spalla. Questo per lei significa che deve seguirmi, qualsiasi cosa avvenga, qualsiasi cosa io faccia.
Lei non sente nulla, o quasi, dovrà fidarsi di quanto le riferisco, e non le dirò quello che può farle male. Ammesso che sia ancora capace di ferirsi in quel senso. Assente com’è il suo sguardo, immagino che qualsiasi parola non la sgraffierà neanche, non oserei però mai rischiare, mi ci sono troppo affezionato a quella burbera e gelosa fatina. Però c’è anche Peter… dimentica facilmente qualsiasi cosa, ma impiega anni e secoli a perdonare. Non vorrei mai che si arrabbiasse con me.
Peter sta già cercando Wendy nella camera. Mi siedo sulla cornice della finestra e guardo il cielo. L’alba è già passata, il cielo è del suo classico grigio, un grigio che ricordo di non aver rimpianto. “Wendy?”, lui solleva il tappeto, io sorrido. Cerca Wendy nel mondo degli adulti come fosse una bambina sull’Isola-che-non-c’è.
Il silenzio segue il richiamo di Peter. “Ricciolo, aiutami!”, pretende; “Volevi aiutarmi, no, che fai con le mani in mano?”
Sbuffo ed entro nella stanza con un balzo. Sento un cane iniziare ad abbaiare, così corro a chiudere la porta della stanza a chiave. È una camera tipicamente da femmina, pareti rosa e mobili di legno dipinti di bianco, intagliati ed elaborati con cura. Preferisco di gran lunga le radici dell’Albero dell’Impiccato come letto. “Sicuro che dorme qui?”
“Lo aveva detto che sarebbe stata in una camera da sola, da grande. E questa è una camera da femmina, sicuro”, ragiona Peter ad alta voce. Sta davvero ricordando? – Lascio calare il silenzio, mentre lui riflette. Magari ricorda cos’è successo, tutta la storia dall’inizio alla fine! Finiremmo con questa follia!
Ma niente, sarebbe stato troppo bello per essere vero. Lui torna a sorridere: “Beh, è ancora più sicuro che è qui, no? – Wendy?”, la chiama di nuovo.
Io, dietro le sue spalle, mi passo una mano sul viso. Trilli mi imita… apatica (questa parola invece ricordo che l’ha detta Johnnie… significa che lo fa senza un motivo, nemmeno perché vuole fare ridere o imitare qualcuno).
Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo per non arrabbiarmi con Trilli, non ha nemmeno senso perché non lo capisce più. Inizio a non sapere cosa aspettarmi, a non sapere cosa fare. Se a Peter viene in testa di andare a cercarla in tutta la casa, siamo nei guai. Dubito che i genitori di Wendy saranno contenti di conoscere Peter Pan. Nessun adulto è contento di incontrare Peter Pan… Il capitano è la prova vivente sull’Isola. O lo era.
Anche il capitano non è più davvero se stesso. Peter ha iniziato a cercare una spiegazione a quello che succede sull’Isola quando ha cominciato ad annoiarsi con il capitano, diventava troppo prevedibile, troppo poco spietato. Per me andava anche bene che il capitano ci lasciasse in pace, gli indiani hanno abbastanza problemi così.
Peter mi guarda: “Dici che..?”, si interrompe e corre di nuovo a guardare dentro l’armadio, sposta tutti i vestiti, li lancia in giro, nervoso; “No, non può essersene andata, ha promesso di aspettarmi!”, grida quasi; “WENDY!”
La porta emette dei rumori, qualcuno vuole entrare e la sta forzando, io nel frattempo cerco di poggiare i vestiti sul letto in modo più ordinato. La maniglia inizia a smuoversi. L’abbaiare del cane si fa più insistente e una voce adulta, di un uomo, ci ordina di aprire la porta. Il viso di Peter si illumina e si solleva da terra, restando sospeso a mezz’aria: “Finalmente un po’ d’azione!”, esclama. Ovviamente non apre la porta.
Io scuoto la testa: “È meglio se ce ne andiamo, Peter”
Peter scuote la testa: “Vorrai scherzare? – Sapremo dov’è Wendy!”, soggiunge.
La chiave cade a terra come per magia, la porta si apre, l’uomo deve essere riuscito a usare un’altra chiave per entrare. Appena ci vede, si allunga verso Peter, io devo saltare molto meno all’occhio, nonostante la fata sulla spalla. “Ancora tu!”, urla.
Corrugo la fronte e fisso Peter, poi di nuovo l’uomo. Somiglia in tutto e per tutto a Johnnie, certamente molto più grande, ma è lui. Solo… la sua voce… è… ecco cos’è! Sembra la voce del capitano!
Peter sorride ignaro e si mette a testa in giù: “Ehilà! Certo che sono io, non ce ne sono più brillanti di me!”
“Vattene, se non vuoi che ti costringa a crescere una volta per tutte!”, minaccia Johnnie e gli afferra l’ombra, ma si ritrova a volare aggrappato ad essa, così la lascia andare, cade per terra con un tonfo.
Peter non si lascia scoraggiare, nonostante la minaccia non gli sia indifferente: “Non puoi togliermi l’ombra, me l’ha cucita Wendy”
“Non osare tirarla in ballo!”, grida Johnnie e ora mi vede; “Che diamine ci fate qui?”, mi fissa; “Tu chi sei?”
Mi sento ferito da queste parole. Davvero quando si diventa grandi si dimentica, anche le persone cui si vuole bene da piccoli? “Sono Ricciolo”, la mia voce non ha alcuna sfumatura, sono senza parole. Tengo in ordine il suo letto e quello di Wendy da anni, per ricordarmi quanto gli voglio bene. E lui non sa più nemmeno chi sono.
“Cosa volete ancora da noi?”, sbotta lui; “Non vi è bastato che avete quasi ucciso Wendy? – Nostro padre è morto per l’angoscia e mamma tiene duro a stento, non siete i benvenuti in questa casa!”, urla ancora; “Non rovinerete di nuovo la nostra vita!”
Io non resisto, devo sfogarmi per forza da qualche parte: “Veramente Wendy ci ha traditi e a restarci secco sarebbe stato Peter!”, dichiaro; “Quindi smettila di fare lo stoccafisso, o ti faccio ripetere la lezione!”
Il cane che abbaiava è scomparso. Chissà dov’è andato, di certo non lo sento da quando si è aperta la porta. Johnnie resta immobile, scuote la testa: “Fuori da casa mia”
“Questa è la stanza di Wendy, decide lei”, replica Peter, spavaldo.
“Sono l’uomo di casa e decido io chi entra”, dichiara Johnnie, puntando il dito contro Peter; “Lei è cresciuta. È adulta, Peter. È più alta di me, se questo ti dà un’idea. Fra qualche anno, Dio lo voglia, sarà sposata. Lasciala in pace”
“Dov’è Wendy?”, Peter tiene gli occhi sulla palla, come si dice.
Johnnie scuote la testa, un sorriso malvagio di trionfo, che non gli appartiene di certo, gli si dipinge sul volto: “Se n’è andata”
Peter scuote la testa e torna a terra: “Non può essere”
“La gente cresce, qui”, sottolinea Johnnie; “Finisce la scuola, inizia a lavorare, si innamora, si sposa e diventa genitore”, elenca.
Peter non è disposto a sentire una parola in più e si precipita fuori dalla finestra. Johnnie cerca di trattenermi: “Perché lo segui? È un egoista”
“Forse. Ma prima dei suoi difetti vengono i suoi sorrisi, e sono i migliori”, rispondo e mi arrampico sopra la finestra. Grido, in modo che Trilli mi senta nonostante i batuffoli di nuvola: “LA POLVERE, TRILLI!”
Mi lancio fuori e riprendo l’equilibrio in aria. Mi ci vuole un attimo per sollevarmi più su, trovando di nuovo un ricordo felice cui aggrapparmi.
“…Non finirò mai di contare le stelle”, obiettai, riflettendo; “Non so nemmeno quanti numeri esistono”, ragionai.
Mamma Wendy mi sorrise con bontà: “Allora saprai che non ti avrò mai dimenticato, perché non hai ancora finito di contare le stelle”, e con ciò mi diede un bacio sulla guancia.
Mi guardo in giro e trovo Peter. Si è rannicchiato sul tetto, dietro alla sporgenza sotto la quale si trova la finestra di Wendy. Ha gli occhi lucidi. Mi affianco a lui e lo abbraccio in silenzio, cerco di sorridergli. Lui si asciuga la lacrima con la manica e mi guarda: “Lo hai detto solo per far male a Johnnie come lui faceva male a me?”, mi chiede.
Annuisco. Sì, l’ho detto solo per questo, non perché è la verità. Volevo che Johnnie capisse che la colpa per quello che è successo non è di Peter.
Peter scuote la testa: “Bugiardo” Non gli rispondo, lui continua: “Lo ricordo. Adesso lo ricordo”
“Cosa vuoi fare?”, gli domando quindi. Lo seguirò, qualsiasi cosa decida, anche se spero per una volta che scelga la cosa più semplice.
“Johnnie lo ha detto solo per farmi male. Wendy… e se se ne fosse andata per colpa sua? Per fuggire da lui?”, ragiona Peter. La cosa sembra una buona idea anche a me.
“Dove la troviamo, allora?”, faccio un gesto grande con la mano mentre parlo; “Londra è grande. Ancora più grande è l’Inghilterra. E non parliamo del mondo”, aggiungo; “Peter, potrebbe essere ovunque”, osservo.
Lui sospira e ci pensa su: “L’Isola deve tornare ad essere quella che era. Sono sicuro che Wendy sa come. Lei sa la fine di tutte le storie”
Scuoto la testa: “Per l’Isola forse Wendy è la chiave. Io non lo so, mi fido di te”, gli faccio notare e sottolineo quanto ho già detto; “Johnnie non ci aiuterà a trovare Wendy e non rischierei di parlare con Michael. Fra l’altro era troppo piccolo, quindi non ci riconoscerà tutti e due”, cerco di trovare una soluzione, ma io non sono uno che trova le risposte, sono una spalla, uno che le risposte le conferma.
Peter si alza e mi porge la mano. Mi rialzo anch’io e lo guardo in quei suoi occhi scuri e biricchini: “Fai finta di essere Wendy”, mi ordina”.
Non ha alcuna logica, specialmente se davvero la sua soluzione per l’Isola si limiterà al mio facciamo-finta. So però che Peter non ama essere contraddetto, non dai suoi protetti, categoria in cui io rientro, così devo cercare di immaginarmi una Wendy adulta. La rivedo a rimboccarmi le coperte, mentre le chiedevo di tornare per noi bambini quando sarebbe diventata una vera mamma, per poter essere davvero anche la nostra. “Buongiorno Peter”, improvviso.
Lui mi corregge: “Ricciolo, lei ha la voce… più da femmina”
Ci riprovo: “Ciao Peter”, ripeto, provando a dare davvero del mio meglio; “Hai dormito bene?”
Sembra soddisfatto del mio risultato e quindi fa un inchino: “Certamente, mamma. I bimbi sperduti aspettano la colazione, essendo il loro papà, sono venuto a vedere cosa faceva la loro mamma, se è pronta”
Io rifletto. Wendy aveva mai parlato di cosa avrebbe fatto da grande? Ricordo solo a sprazzi. Neppure tutto. È Trilli che interviene d’un tratto. Deve essersi tolta i batuffoli di nuvola mentre vedeva Peter triste. È una delle poche cose che Trilli non sopporta persino adesso, nel suo stato strano. Qualsiasi cosa dica, non la capisco.
Peter la guarda: “Davvero?”, esclama entusiasta; “Ma è fantastico!”
Trilli risuona di nuovo come mille campanelli.
Il mio amico di sempre sorride: “Voglio leggerlo tutto!”
Ancora Trilli.
“E cosa sto aspettando?”, Peter scatta via.
Sospiro e fisso Trilli che sta a testa in giù, ruota nel vortice d’aria creata dallo scatto di Peter. “Trilli… la polvere”, la prego e mi do la spinta più forte che mi riesce, correndo mentre lei mi riempie di polvere di fata. Raggiungo faticando quel briccone e lo trovo che si guarda in giro, poggiando lentamente i suoi piedi a terra. Sembra stia tendendo un agguato a qualcuno. O che si aspetti di essere scoperto.
Mi scruta un attimo: “Che aspetto ho, Ricciolo?”
Inclino il capo: “Scusa?”
“Posso camminare tranquillo per Londra ed entrare dove vendono i libri?”, chiede. Lo osservo un attimo, poi mi tolgo la mia giacca e gliela metto: “Ora sì, Peter Pan”
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