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Capitolo 45.2 – Occhi di ghiaccio

Sottofondo musicale
Raggiungo in un batter d’occhio i miei ragazzi e mi frappongo fra Peter e loro.
“Wendy, vattene”, mi sussurra Leprotto, poggiandomi una mano sulle spalle; “Lo facciamo sfogare, ci siamo abituati. Si calmerà”
45.2 Wendy - L'angelo nero - Lande IncantateIo scuoto la testa e mi scrollo la sua mano di dosso con un movimento della spalla. Allargo le braccia: “Non gli farai del male”
“Sono un pericolo per l’Isola, e io devo proteggerla”
“Dovrai uccidermi”, dichiaro, immobile.
“Wendy, vattene”, ordina Peter, sui suoi occhi sembra calata un’ombra voluta né da lui, né dal fatto che è il protettore dell’Isola, come lui si proclama.
Scuoto la testa decisa: “Da qui non mi sposto”
“Se mi fermi, ti farò male”, dichiara Peter. Da queste parole vedo finalmente qualcosa, nei suoi occhi. Qualcosa che assomiglia tanto al bambino cui voglio bene e sta lottando.
Sta lottando per cosa? Per sconfiggermi o per salvarmi? Non sono in grado di capirlo e quindi resto immobile e impassibile. Non ho l’intenzione di lasciare spazio a una sola emozione. Che sia paura o una folle soluzione a questo schieramento cui vorrei ribellarmi per stringere forte a me il mio bambino, non posso provare nulla, o scatenerò il finimondo. Basta già il vento e il ghiaccio di prima, che mi ha scompigliato i capelli e sciolto la coda che mi ero fatta prima. “Credi ancora di essere più forte di me?”, gli domando; “Sono cresciuta”
“NON E’ VERO!”, urla lui, le ombre sembrano avere quasi una volontà loro. Quello scintillio che ho visto prima sembra svanire, come ingoiato dalle ombre.
Adesso guardo meglio Campanellino e capisco. Peter sta combattendo con lei, la fata più forte dell’Isola, erede al trono della Città Nascosta delle Luci. Le fate gestiscono la polvere fatata dell’Isola, che sia fantasia o paura.
Peter è la fantasia in persona.
Campanellino sta gestendo tutta la fantasia che c’è in lui per sconfiggere quello che lei vede come un pericolo. Me. I fratelli Lucky, Red. Leprotto.
Capisco che se voglio riavere il mio bambino devo costringerlo a combattere con tutta la forza di volontà che ha in corpo. Io sono certa che ne ha molta. Così tanta che le fate hanno voluto averla a loro completa disposizione, ma non hanno fatto un calcolo. Non hanno pensato che gli umani hanno più di un’emozione alla volta e loro questo non impareranno mai a gestirlo.
Devo provocare la marionetta ad attaccarmi per costringere Peter a dominare sul proprio corpo.
La mia lotta è contro Campanellino, non contro Peter Pan.

Lui si ripete con altre parole, di nuovo vedo quel guizzo di luce negli occhi: “NON SEI CAMBIATA!”
“Prova a dimostrarlo, Peter Pan”, abbasso leggermente lo sguardo, quel tanto che basta per fissarci negli occhi. Tutto o niente. I ragazzi dietro di me sono pietrificati dalla scena, non sanno che dire, non sanno cosa fare. Sentono che il vento fra noi non è naturale e sanno di avere il potere di intervenire, fare uno sgambetto a Peter e portarmi lontana. Ma faticano ancora a capire cosa ci vuole.
La verità è che bastano i sentimenti.
Con un sentimento prendi e con lo stesso sentimento puoi dare quello che hai ricevuto. Anche centuplicato. E’ questo il potere di un mangiatore. Rischia la vita con ogni respiro, ma può dare la vita all’Isola-che-non-c’è.

Peter estrae la sua spada dal fodero, Leprotto vuole lanciare il suo pugnale per difendermi, ma gli devio la mano e il colpo va a finire nel soffice verde scuro del prato.
Il verde della speranza. E’ iniziato tutto con quel colore, il giorno del mio compleanno.
E con quel verde sento che finirà tutto.

Ad un tratto le ombre scompaiono e l’eterno ragazzino getta a terra la sua arma, con rabbia indicibile: “IO NON UCCIDO LA MIA MAMMA!”, grida, e cade in ginocchio.

Io faccio lo stesso, distrutta. Ho di nuovo il mio bambino, ma per farlo stare bene, devo abbandonarlo senza neppure un abbraccio. Ricciolo l’ha spiegato: Peter in presenza di un mangiatore non può star bene.
Lande IncantateCampanellino tintinna di una luce strana, fra il nero e il rosso, sembra più un piccolo diavolo che una fata e Peter l’afferra con tutta la sua ira: “Questi non sono i patti”, sibila quasi; “Ne riparliamo sull’Isola”, decide e poi aggiunge; “Se vuoi vivere, vattene adesso e ci rivediamo davanti al re e alla regina” Campanellino sembra contrariata, mi si avvicina con coloratissimi vocaboli nella sua lingua argentina e per la prima volta nella vita mi sento tranquilla e serena al pensiero di non capirne un’acca.

Cala il silenzio più assoluto. Tobias dopo un attimo lo rompe, sento il suo bastone tastare il terreno: “Io… noi stiamo più in là… alla statua”, propone. Sento gli altri ragazzini allontanarsi.
Per Peter il tempo che se ne vanno è già quasi al limite delle sue forze: “Non voglio dirti addio”, afferma e tossisce lieve, coprendosi la bocca con la mano.
“Non… non dobbiamo farlo, se non ci piace”, osservo.
Lui scuote la testa, triste: “Cosa farò senza la mia mamma?”
“Sarai il grande eroe dell’Isola-che-non-c’è”
Per un attimo l’orgoglio lo gonfia e i suoi occhi si riempiono di entusiasmo all’idea dell’avventura: “E tu, Wendy?”
Ci penso su. Tornare a lavorare dai Middleton? A vivere in famiglia, facendo impazzire definitivamente la mamma? No. “Io sono la tua mamma, lo sarò per sempre”, garantisco al ragazzino. E’ la mia unica certezza. “E come ogni mamma, è giunto il momento di guardarti volare, lontano da me”
“Ti ricorderai di me?”
“Sempre”, gli sorrido e cerco di metterci tutto l’affetto e l’amore di un abbraccio.
Peter ora tossisce più forte ed è avvilito: “Io dimentico sempre tutto”
“E se lo facessimo diventare un gioco, Peter?”, gli propongo.
“Che cosa?”
“Quando ti annoi, quando vorrai divertirti sulla Terra degli adulti, vieni a giocare con me a nascondino”, dico con un largo sorriso; “Mi nasconderò bene, però”
“Allora sì che sarà divertente”, sorride lui e si solleva leggermente da terra. Mi guarda negli occhi per un istante, poi deve tossire ancora. Ritorna serio e pensoso pone un’altra domanda: “Perché sei tu la mia mamma?”
Le parole mi escono fuori leggiadre come i movimenti in acqua di una sirena. Non sembrano neppure le mie, ma hanno qualcosa di magico e di etereo, tanto che non mi trattengo e le lascio fluire attraverso di me. “Forse perché dovevamo imparare che l’amore fa volare liberi entrambi”
Lui sembra valutare attentamente ogni singola parola e tossisce. “Non voglio dirti addio”, ripete.
“Nessuno ci obbliga”, obietto.
Peter inarca un sopracciglio e stavolta ripete le mie, di parole: “Nessuno?”
“Nessuno”, confermo e mi sento anch’io sollevata al pensiero; “La sera, conta le stelle. Anch’io guarderò le stelle e pregherò per te”
“E quando finirò di contare le stelle?”
“Puoi ricominciare daccapo e vedere se ne sono nate di nuove, piccolo mio”, gli rispondo.
“Piccolo?”, mi contraddice lui con una punta di fierezza che vuole sottolineare; “Io sono l’eroe!”
Sorrido contagiata dal suo lato migliore: quello che Ricciolo doveva aver visto in lui il giorno in cui si sono conosciuti, in un’epoca lontana, trascinando pesanti carichi sulla schiena. Quel suo bel viso che ti dava la gioia di vivere. Quel sorriso che cancellava ogni preoccupazione. “Per una mamma, il suo bambino può crescere o essere un eroe… ma rimarrà per sempre il suo piccolo”
“Sempre è un tempo seriamente lungo”
“E sarà ancora più lungo, stanne certo”, dichiaro e mi alzo; “Conta fino a cento, vado a nascondermi”
Lui si copre subito gli occhi: “Tanto lo sento, dove cammini”
“E chi ha detto che devo camminare, moscerino?”, lo prendo in giro e mi sollevo in aria, poco prima che lui si chiuda gli occhi con le mani davanti.

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Capitolo 45.1 - Occhi di ghiaccio
Capitolo 46 - Fiume-che-splende
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SaraIE

Passa il tempo libero fra libri, carte e penna, suona in una piccola orchestra e ama tenersi impegnata giorno e notte. Studentessa sognatrice, 18enne, vive in Svizzera con la sua famiglia, le piace interpretare le voci quando legge e non ha mai abbandonato le storie di fantasia, anzi, semmai si è irrevocabilmente persa fra i boschi degli elfi, le caverne dei nani, i cieli delle fate e gli abissi delle sirene. Ma, secondo la sua filosofia, prima di fare ordine ci deve essere il caos e prima del sapersi orientare non si può fare a meno di perdersi. Non preoccupatevi se vi sembra strano quello che scrive... Proseguite che alla fine vi ritroverete 😉
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