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Capitolo 41 – Occhi di lavanda

Sottofondo musicale
La paura svanisce d’un tratto. Ricordo Wendy.

“Quando avrete paura, bambini, pensate a una storia interessante”
“Come oggi che abbiamo catturato un pelle rossa?”, si entusiasmò Orso.
Jockie scosse la testa: “No, dev’essere qualcosa di forte, una storia che dura per ore”
La mammina sorrise a tutti noi: “Qualcosa che vi fa ritrovare il coraggio, che vi fa dimenticare tutto attorno a voi, una storia così bella che vi solleva in aria anche senza la polvere di fata”
“E se non me la ricordo?”, domandò Morbido, mettendosi poi il pollice in bocca.
“Certo che te la ricordi”, replicò Wendy, prendendogli la mano e allontanandola dalla bocca; “E la sai la parte migliore? – Quando ci sarà bisogno di una storia davvero forte contro la paura, ti verrà in mente la migliore fra tutte”

“C’era una volta sulla Terra un giovane sognatore che rispondeva al nome di Jim Milo Berryl”, dico d’un tratto, le parole non mi sembrano mie. Questa è la storia che mi farà dimenticare quello che sta succedendo? – Di certo è la storia che, un buon secolo fa, ho trovato la migliore. Era la storia in cui Peter è guarito, anche se a un terribile prezzo, ora che ci penso.
Il capitano ride beffardo: “Avrà preso dalla sua mammina”, si rivolge alla ciurma; “Gli concediamo un ultima favola?” La ciurma ghigna, sorride, si dà spallate. Interpretando tutto questo come un sì il capitano mi sistema il colletto stracciato della maglietta: “Raccontaci di Peter Pan”
“Racconto di Jim Milo Berryl, detto Jimmy il Furbo”, lo contraddico e proseguo praticamente di fretta; “Aveva occhi color lavanda e un cuore generoso”, sento il dispiacere riempirmi tutto il cuore. Mi sento come davanti a Wendy quando mi ha chiesto se ero venuto da lei per dirle quant’era cattiva. Chissà che fine ha fatto il buon Jimmy.
“E cosa c’entra con Peter Pan?”, vuole sapere il capitano.
“Una notte disse che credeva nelle fate”, continuo chiudendo gli occhi. Mi aiuta a concentrarmi sulla storia, l’ho lasciata per troppo tempo in un angolo buio della mia memoria. Trattengo le lacrime. Come dicono Wendy e Johnnie, noi siamo cuori impavidi e nobili. Qualsiasi cosa significa, dicevano che per questo nessun nemico aveva il diritto di vedere le nostre lacrime. “La sua fata protettrice lo portò sull’Isola-che-non-c’è”, respiro a fondo; “Jimmy il Furbo rimase affascinato dall’Isola e per poterla riscoprire ogni giorno di nuovo, si unì ai pirati e divenne nostromo del famigerato Barbanera”
Alcuni pirati si danno una spintarella. Sento lo Spadaccino Sanguinoso annuire: “Quelli scì che erano tempi di pirateria”
“Ay!”, conferma il Vecchiaccio, aggrappato alle griselle.
Io continuo, leggermente incoraggiato: “Jimmy poteva chiamare la sua fatina tutte le volte che voleva e con i suoi poteri, lui a quei tempi era la fantasia, si divertivano a creare giochi di luce nell’acqua. Lui era un tutt’uno con le fate, parlavano la stessa lingua e condividevano ogni cosa. Un giorno la sua fata mancò al luogo d’incontro e quando si ritrovarono, lei gli raccontò che un grave pericolo minacciava l’equilibrio dell’Isola”, prendo fiato; “Era Long John Silver”
Un brivido serpeggia fra i pirati, gli sguardi che si scambiano sono perplessi. Il capitano mi poggia la punta dell’uncino sul naso: “Tagliamo le parti noiose che conosciamo”, mi ordina; “Sono stato io a uccidere Long John Silver”
“Infatti”, gli concedo e apro gli occhi. Come?, mi stupisco di me stesso. E’ assolutamente vero, il capitano ha ucciso Long John Silver, lo ha fatto anche Jimmy, ma non perché erano alleati – erano e sono la stessa persona! Riconosco solo ora i suoi occhi color lavanda, capisco perché non mi fanno paura come quelli di ghiaccio che Wendy gli ha rubato. Gli sto raccontando la sua storia e lui non se ne accorge. Il mio cuore finalmente si spiega perché provo tanto dispiacere: “Jimmy il Furbo chiese aiuto a un bambino cui aveva salvato la vita portandolo dalle fate. Erano uguali, ma il bambino non aveva mai smesso di credere di volare”, annuisco in un sussurro; “Quel ragazzino, proprio per questo, era capace di volare”
“Nessun Jimmy ha intralciato il mio tranello contro Long John, bamboccio”
“Vero. Tu sei Jimmy”, replico io e reggo il suo sguardo. Allento la presa sull’albero maestro. Wendy ancora una volta ha avuto ragione. Trovare la migliore delle storie può togliere tutta la paura. L’unica cosa che non pensavo era di ritrovare anche tanta tristezza.

“Una fiaba molto fantasiosa”, sostiene il capitano dopo un attimo di imbarazzato silenzio; “Sei stato troppo tempo con il moscerino, non distingui verità e invenzione”
“Ho giurato di proteggere Peter Pan”, gli rispondo; “E a te ho giurato gratitudine per averlo guarito, Jim Milo Berryl”, insisto sul nome.
Il capitano sorride, riflette e si liscia un baffo, camminando attorno a me: “Così senza la fantasia Peter Pan non è altro che un bambino malato?”, mi domanda.
“Non l’ho detto”, rispondo.
“Ma il tuo Jimmy ha dovuto salvargli la vita dandogli la vita eterna delle fate”, obietta lui; “Era una malattia più grave delle capacità degli indiani e dei pirati”
Non gli rispondo. Ho tradito Peter? – No, non ci credo. Semmai ho tradito Jimmy quando l,ho abbandonato al suo destino, senza una mano per un incidente.
“Morirai sapendo che farò di tutto perché Peter Pan si tenga stretta la sua Wendy”, mi annuncia lui con un sorriso malvagio sul viso; “Morirai e Peter Pan non ti ricorderà mai”
Mi viene da pensare che forse l’ho ferito nell’orgoglio. Forse una parte di lui sta iniziando a far riaffiorare il buon Jimmy, e lui continua ad opporsi per dimostrare alla sua ciurma che lui è un duro, lui è il terribile capitano dei Sette Mari, il re dei pirati e degli imbroglioni di tutti i tempi. Per questo minaccia di uccidermi prima che Peter viene a salvarmi. Ammesso che Trilli permette a Peter di ricordarsi di me. In questo momento quella fata non ha nient’altro che un mangiatore in testa, ne sono sicuro.
“Non gli ho mai chiesto di ricordarsi di me”, dico adesso deciso al capitano; “Gli ho chiesto di non smettere di sorridere e quel sorriso non glielo spegnerai mai, Jimmy”

Erano stati i patti con le fate: Peter non era più umano, non aveva più ricordi perché li confondeva con i sogni e con la realtà di quello che viveva. Lui era la fantasia e la fantasia non distingue oggi, ieri o domani. In qualche modo una parte di Peter trovò la forza di resistere al cambiamento, all’inizio, e tornò da me a Londra per spiegarmi, per dire addio al passato perché non lo avrebbe più ricordato. Per dirmi che un giorno non si sarebbe più ricordato di me e che se anche lo avessi seguito, lui non avrebbe mai capito il perché.
Accettai tutte le condizioni per volare via con lui. Per continuare a vederlo sorridere.

“Sei cresciuto, Jimmy”, dichiaro; “Non puoi più capirlo”
“Proprio tu che credi di ricordare tutto dell’Isola finirai nell’oblio”, sorride il capitano; “Voglio vedere quanto a lungo ancora mostrerai tutto questo coraggio”.

Dipende tutto da Peter. Dal vecchio Peter, quello che tossiva, pensava a divertirsi e raccontare storie inventate anche con i sacchi pesanti di carbone sulla schiena e il viso sporco di cenere. Quel buon vecchio Peter malato per il quale lavoravo il doppio per non farlo stare male.

Alzo gli occhi al cielo e sbatto le palpebre più volte per aguzzare la vista fra le varie cime che lo risalgono, più o meno issate, se così si può dire. Un marinaio ho l’impressione che avrebbe da ridire su come chiamo tutte queste cose, ma non sono le cime che sto a fissare, piuttosto il ragazzino con gli abiti indiani sporchi di sangue che mi fa segno di stare zitto.
Leprotto?

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Capitolo 40 - Tenacia
Capitolo 42 - Bloccati
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SaraIE

Passa il tempo libero fra libri, carte e penna, suona in una piccola orchestra e ama tenersi impegnata giorno e notte. Studentessa sognatrice, 18enne, vive in Svizzera con la sua famiglia, le piace interpretare le voci quando legge e non ha mai abbandonato le storie di fantasia, anzi, semmai si è irrevocabilmente persa fra i boschi degli elfi, le caverne dei nani, i cieli delle fate e gli abissi delle sirene. Ma, secondo la sua filosofia, prima di fare ordine ci deve essere il caos e prima del sapersi orientare non si può fare a meno di perdersi. Non preoccupatevi se vi sembra strano quello che scrive... Proseguite che alla fine vi ritroverete 😉
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