E poi il peggio.
Quel suono che fa tremare la paura in persona.
Tic tac tic tac tic tac.
Le afferro il polso con fermezza e mi asciugo le lacrime con la mano libera. Il coccodrillo mi ha come risvegliato a forza: devo portare in salvo la mamma. Intanto so dove siamo, cerco inutilmente di consolarmi. “Risaliamo il fiume!”, ordino alla mamma; “Dove scorre l’acqua?”
La mamma si guarda in giro, disorientata. Alla fine indica una direzione: “Per di lì”
“E allora corriamo per di qua”, decido. Per tornare all’Albero dell’Impiccato dalla Palude, ricordo come Ricciolo faceva strada a tutti andando contro la corrente. Non so se saremo abbastanza veloci per il coccodrillo, il ticchettio del suo orologio sta diventando troppo vicino. Quel suono è una delle poche cose che ricordo davvero dell’Isola. Non ho mai sopportato gli orologi da allora.
“Cosa stiamo facendo?”
“Dobbiamo sopravvivere, d’accordo?”, taglio corto, senza lasciarla andare, ma non la guardo negli occhi. Ero sicuro che tutto sarebbe andato per il meglio, poco fa. Perché adesso mi sembra così improbabile?
Non ne ho idea.
Inizio a gridare i pochi nomi che conosco, che so dovrebbero trovarsi sull’Isola. Ricciolo lo hanno preso i pirati. Lo volevano usare come mercé di scambio, ma probabilmente non sono al corrente che Wendy è tornata sull’Isola. Senza occhiali non andremo lontani, mamma ed io, e specialmente non con il coccodrillo alle calcagna quando siamo disarmati. “WENDY! PETER!”, tutto tace, così non so che altro fare; “INDIANI!”
Poi trovo una spada issata nel terreno. Lascio la mamma e l’afferro, mi taglio perché non ho preso l’elsa bensì la lama. Mi giro di scatto nella direzione del ticchettio e mamma si nasconde spaventata dietro di me. Punto la spada davanti a me.
Il ticchettio si allontana.
“Cos’è successo, mamma?”, le chiedo. Io non vedo niente, mi giro, ma ho ‘impressione anche che non c’è niente.
Lei si volta con me e si ferma: “C’è un uomo, lì”
“Un uomo?”, chiedo. Non ne vedo neanche la sagoma.
Lei punta il dito davanti a sé: “Sì, è…”, si copre il viso; “Oh, è imbarazzante”
Io sospiro, incerto se posso ridere: “E’ a torso nudo?”
“Sì”, conferma lei quasi in un sussurro.
Io alzo lo sguardo e sorrido divertito: “Aug!”, dico, alzando la mano; “Io amico”, aggiungo.
La risposta giunge: “Aug”, e seguono altre parole, ma in una lingua che finora ho sentito solo a scuola: “Chi siete?”
“Parla il francese?”, si stupisce la mamma.
Io annuisco: “Gli indiani non sanno il francese…”, ragiono ad alta voce e mi rivolgo di nuovo a chiunque stia laggiù, nel buio; “Rivela il tuo nome e saprai il nostro”
“Vi ho salvato la vita e posso anche riprendermela”, replica l’uomo e sento i suoi passi avvicinarsi.
Rialzo la lama per precauzione.
Mamma mi stringe la spalla: “Che dice? E’ un tuo amico?”
Isso la lama nel terreno: “Certo”, rispondo, continuando a fissare davanti a me. Non sia mai che mamma vede che sono più disperato di lei. “Signore, vi siamo grati per l’aiuto, ma giusto pochi istanti fa nella nostra casa sono entrati i pirati. Capirete, immagino, se siamo restii”
“Allora saremo restii in tre, straniero”, afferma l’uomo e i suoi passi si avvicinano ancora; “Tuttavia le mie intenzioni sono molto diverse da quelle dei pirati”
Io fisso davanti a me e vedo un movimento nel buio, un’ombra: “Siete un indiano, signore?” Ho i miei dubbi. Da questa distanza dovrei riconoscere la sua sagoma, la pelle del torace rossa. Invece è tutto nero, buio pesto. Sono più chiare le sagome delle piante tutte attorno a noi. Il fiume è argentato alla luce della luna.
La sua voce profonda mi risponde a davvero poca distanza. “Il portale della speranza è forse cieco?”
“Non comprendo… tutto”, affermo a questa strampalata risposta; “Per vedere ho bisogno di un utensile che ho perduto giungendo sull’Isola”, dichiaro sincero e indico mia madre; “Non posso proteggerla dai pericoli della notte e sto cercando di raggiungere i Bimbi Sperduti”
“Vedrò Volpino domattina all’alba”, replica l’uomo, la sua voce è quasi dolce; “Lo attenderemo insieme”, decide; “Stavo pescando, ho preparato un giaciglio dietro la cascata”
Dio sia lodato, abbiamo un posto sicuro dove stare, mi passa per la testa e mi sento finalmente rincuorato. Guardo la mamma: “Passeremo la notte con lui e domani vedremo avanti. Ho degli amici da queste parti, ci aiuteranno”
“Amici?”, ripete la mamma; “Mike, che sta succedendo?”
“Ti racconterò tutto quando saremo al riparo, d’accordo?”, le sorrido e le passo un braccio attorno alla vita, poi mi rivolgo all’uomo; “Vi abbiamo procurato un coccodrillo intero come trofeo della pesca d’oggi, a quanto pare”
“No, l’ho messo in fuga. Il coccodrillo fa parte dell’Isola e va rispettato”, replica lui con voce ferma; “Ho pescato prima, potrete mangiare con me, se lo spavento vi ha fatto venire fame”
“Prima avremo molte cose di cui parlare, io e la mamma”
“Meglio se lo fate a pancia piena e dopo una buona dormita”, consiglia lui; “Mi stupisce conosciate la mia lingua”
“L’ho studiata per diversi anni”, affermo quindi e mi rivolgo alla mamma; “Ci sta offrendo un pasto e un rifugio dove riposarci, così potremo riflettere meglio sulla situazione”
Lei annuisce in silenzio, non guarda l’uomo, ha le guance rosse per l’imbarazzo.
“Ho visto una donna molto simile a voi, qualche giorno fa”, osserva l’uomo divertito; “Si era persa anche lei, ma aveva un grande coraggio”
“Com’era?”, il mio cuore fa un balzo.
“Bionda, occhi del mangiatore”, dichiara l’uomo.
Io mi fermo. Ha usato la stessa parola di Ricciolo per definire Wendy. Mangiatore. Ha detto che Peter è a Londra per uccidere un mangiatore. Che è Wendy.
Qualsiasi cosa sia.
“Che succede?”, ripete la mamma la sua domanda.
Mi riprendo per lei e guardo il signore, ricominciando a seguirlo: “E’ mia sorella… cosa le è successo, lo sapete?”
“Sembra che sia scomparsa sulla nave dei pirati”
“Scomparsa?”
“Letteralmente”, conferma l’uomo; “A questi punti non è un mistero… è anche lei un portale”
“Cos’è un portale?”, domando; “E cos’è un mangiatore?”
“Hai tempo?”, ribadisce lui.
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