“Che strano tipo, il tuo amico scrittore”, commenta Red.
Io scuoto la testa: “Sa che le nostre strade si sono divise da tempo – abbiamo forzato la mano a sostenere ci fosse un legame da troppo tempo”, taglio corto e mi siedo; “Siete cresciuti così tanto”
“Anche tu non poco”, osserva Tamburello.
Fortunato ride: “E lo dici tu che non la vedi! Se non fossi tu, ti farei il filo”, aggiunge, rivolto a me.
Scuoto la testa e roteo con gli occhi: “Sei troppo buono”
“Dicevi tu che la mamma di ogni bambino è la più bella del mondo”, osserva Tamburino.
Fortunato è tornato serio: “Come mai solo adesso?”
“Sono tornata sull’Isola… giusto qualche giorno fa”, aggiungo; “Ho il presentimento che siamo in pericolo, tutti e quattro”
Quando finiamo di raccontarci tutto, è arrivata la sera.
***
No! No, non ci siamo proprio!, urla tutto in me; “METTIMI GIÙ!”, grido. Finalmente sbatto a terra. Mi tiro su con le mani e riconosco le pantofole vecchie e rovinate della signora Mary, la mamma di Wendy. La donna in qualche modo si libera dalla stretta del Vecchiaccio – forse poi il vecchio pirata non è così forte come sembra – e mi aiuta a mettermi a sedere per terra, mi abbraccia: “Raymond, fuggivi da loro?”
“Veramente si è intrufolato sulla mia nave”, risponde il capitano; “Converrebbe, signora, che insegnaste ai vostri figli a tenere i loro nasi fuori dagli affari altrui, prima di diventare loro stessi un affare”
“Lui… lui non è mio figlio”
“Eppure lui chiama Wendy mamma…”, ha un qualcosa di canzonatorio la sua voce; “Dev’esserci un qualche legame, quindi”
Io mi libero dalla stretta della signora Mary e mi alzo in piedi: “Sono un bambino e lo rimarrò per sempre! Non ho bisogno di genitori!”
“Ah no?”, mi interroga il capitano; “Interessante… quindi ti trovavi sulla mia nave per puro caso?”, lui fa uno strano schiocco con la bocca; “No di certo”, risponde da se, girando attorno a me e alla signora Mary; “Pensavi di liberare la fata e di aiutarla a guidare la nave di nuovo sull’Isola, non è così?”
Io serro bene le mascelle per non fargli capire un bel niente.
“Peccato. Il tuo piano poteva funzionare, se tu non ti fossi preoccupato un po’ troppo spesso di cosa sarebbe avvenuto fra Peter e Wendy”, si liscia un baffo compiaciuto; “Peter non può essere lontano, se Wendy abita qui.”
“Non cadrà nella tua trappola, stanne certo”, gli sputo davanti ai piedi; “Peter è troppo brillante per te.”
“Non ho l’intenzione di attirarlo in nessuna trappola”, dichiara il capitano e poggia la punta dell’uncino sotto il mio mento; “Cadrà presto nella trappola di Wendy, quindi a che serve che io organizzi un piano per vendicarmi di lui?”
“Peter ha lasciato l’Isola per uccidere un mangiatore e sappiamo entrambi chi è”, sottolineo.
La signora Darling di certo non sa cos’è un mangiatore. Ma da come è andata questa chiacchierata sicuramente ha capito chi è il mangiatore in questione – sua figlia Wendy. Il suo viso è pallido e pieno di paura, gli occhi lucidi. Johnnie viene scaraventato giù per le scale, Michael deve aver tentato una fuga dalla finestra perché viene riportato dentro dal salotto. Il cane ha smesso di abbaiare da un po’, chissà chi l’ha messo a cuccia. Come.
“Non ucciderà la ragazza se prima non avrò riavuto da lei il mio veleno”, afferma ora il capitano e mi lascia andare.
Michael si libera dallo Spadaccino Sanguinoso e si china su sua madre, l’abbraccia forte: “Andrà tutto bene, mamma, Peter e Wendy verranno a salvarci”
Vorrei poter confermare. Ma se c’è qualcuno che verrà a salvarli, quella è Wendy e Wendy sola, ammesso che sa come fare, qui, senza l’aiuto di una fata. Povera Eila. Io che speravo tanto di aiutarla.
Nello sguardo di Michael vedo coraggio e speranza. Mi riempie il cuore per un istante.
Quello seguente scompare assieme a sua madre.
“MICHAEL!”, urla Johnnie.
È come ha detto Orchidea…, mi passa per la testa. Manca solo che anche Johnnie usi il suo potere.
Il capitano afferra Johnnie con l’uncino, rompendogli la camicia: “Dov’è andato? Dove si sono diretti?!”
“Io non ne ho idea!”, Johnnie guadagna le distanze stracciando ancora di più la maglia del pigiama e si sistema gli occhiali sul naso, raccoglie quelli del fratello da terra come se si trattasse di un gioiello, mi guarda negli occhi; “Non avevate portato abbastanza guai, tu e Peter?”
“Avevano le più nobili delle intenzioni”, obietta il capitano in risposta; “Indubbiamente”, aggiunge; “Ma poi, quando qualcuno cresce… possono esserci complicazioni”, afferma e gli porge una spada; “Vuoi salvare tua sorella da Peter Pan? – Dovrai unirti a me e riportarmi il veleno che lei mi ha rubato durante il suo primo viaggio”
Johnnie guarda me, poi il capitano, alla fine di nuovo gli occhiali. Cade in ginocchio e nasconde il viso sotto le braccia. Non sa cosa fare. Oppure sa esattamente cosa dovrebbe fare, ma ne ha paura. Leggo nei suoi occhi un qualcosa di strano. Assomiglia allo sguardo di Piccolo Fiume quando sa precisamente quale ramanzina lo attende nella sua tribù perché viene con Leprotto, me e i Bimbi Sperduti, quando noi partiamo per il semplice gusto dell’avventura e lui sa che rischiamo grosso.
È così diverso dal Johnnie che mi ha cacciato dalla camera di sua sorella meno di una settimana fa.
Mi fa pena e qualsiasi sia il suo problema, non sono in grado di aiutarlo.
In quella posizione che esprime così tanta paura, solitudine e disperazione Johnnie non molla gli occhiali di Michael e ripete solo il nome del fratello come un’invocazione.
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