Sulla cassetta della posta si trovano davvero due cognomi, Lucky e Red. Questi sono i nomi che gli hanno dato sulla Terra. Chissà se erano anche quelli veri, in fin dei conti i Bimbi Sperduti non ricordano quasi mai i loro veri nomi. Per un istante esito a bussare e Jamie non si fa sfuggire la cosa: “Siamo venuti fin qui”, osserva; “Se c’è qualcuno che deve avvertirli del pericolo, penso che devi essere tu”
Annuisco e busso.
Ci vuole un attimo prima che qualcuno apra. E’ una donna anziana, somiglia un po’ alla signora Elizabeth, la governante di zia Maggie. Bassa, tonda e con occhi scuri. “Posso fare qualcosa per voi… signori?”
Le parole mi muoiono in gola. Jamie fa per intervenire, poi sento qualcosa dietro la donna, due istanti dopo un ragazzino di circa una dozzina di anni mi abbraccia: “Mammina!”, grida entusiasta.
“Red!”, gli carezzo i capelli corti e rossi, non vedo ancora il suo viso.
La donna mi fissa un po’ stralunata, e stavolta Jamie riesce a presentarci: “La signorina Jess molti anni fa doveva portare il bambino da dei parenti nel Galles, ma su di loro si abbatté una tempesta ed ella non si è data pace fino ad oggi, nella speranza di ritrovarlo”
“E se posso chiedere, signore, voi siete..?”
“L’avvocato della signorina Jess, Pete Barrow”, afferma, improvvisando sul nome.
La domestica si guarda in giro e non sa se sorridere o piangere, poi ci fa segno di entrare: “Posso offrirvi una tazza di tè in attesa che Luke e il signor Lucky rientrano?”
Io prendo in braccio Red e finalmente vedo i suoi occhi grigi. E’ davvero cresciuto, lo ricordavo che forse aveva otto anni. Probabilmente ha aspettato fino a qualche anno fa prima di fare la sua scelta.
“Ho visto il bacio, mammina, lo porti sempre con te?”, mi chiede addolcito Red.
Io confermo, porgendogli il ciondolo, ma senza togliermi la collana: “Come potevo togliermelo?”
“E così sei guarita?”, mi domanda Red; “Perché ci è voluto così tanto?”
La signora ci fa segno di prendere posto sul divano e sparisce in cucina. Io sorrido a Red: “A volte ci vuole un po’ di tempo per stare meglio davvero”
“Perché il signore dice che ti chiami Jess? E perché avete parlato di una tempesta?”
“Perché molti adulti non crederebbero mai alla verità”, gli sussurro; “Con alcuni bisogna fare finta… il signor Barrie è speciale”, sostengo.
Red salta su come una molla: “Tu hai scritto Peter Pan!”
Jamie sorride: “Sì”
“Però non hai scritto tutto tutto”
Lui riprende le mie parole: “Con alcune persone bisogna fare finta per presentargli una storia”
Red indietreggia e guarda fuori dalla vetrata: “Eccoli!”, ci guarda tutti e due; “Aspettate qui un minuto”, ci ordina e schizza fuori. Lo vedo correre incontro a due uomini dall’altro lato della strada, ma non faccio in tempo a vedere chi sono.
Jamie mi sorride facendo spallucce, mentre la signora ritorna nella sala con una caraffa di tè e due tazze su un vassoio: “Si direbbe che avete affrontato un lungo viaggio, signori”, fa dopo un attimo.
“Dall’America fino a qui”, Jamie lascia in sospeso la frase.
“Non avete accento…”, si stupisce la signora.
Io sorrido: “La famiglia Red era inglese, io ho imparato occupandomi dei loro figli. Peccato che il piccolo Miles, a quanto risulta dalle ricerche, sia l’ultimo sopravvissuto”, improvviso.
Jamie mi dà man forte: “I miei nonni erano immigrati in America, mi hanno cresciuto loro”
“Questo spiega tutto”, sorride la governante e prende la zuccheriera; “Gradite dello zucchero?”
Io scuoto la testa e mi sento come se fossi nei suoi panni: “Grazie di cuore, lo prendo così”
Nel frattempo entrano due giovani adulti, Red ne tira uno dietro di se: “Io lo sapevo che l’avremmo incontrata!”, stava dicendo. Io mi alzo di scatto e non credo ai miei occhi.
I due giovani si assomigliano ancora molto: i capelli biondo scuro, gli occhi grigi e la forma del viso, sono persino alti uguali e indossano lo stesso cappotto lungo. Quello con il nasino all’insù è indubbiamente Fortunato, da dove l’orfanotrofio ha tirato fuori il cognome dei due ragazzi. E’ il maggiore che mi ha sorpreso di più: ha le pupille chiare, vuote, una mano poggiata sulla spalla di Fortunato, nell’altra mano stringe un bastone e Red lo ha preso a braccetto per portarlo in salotto. “E’ lei?”, chiede il cieco a Fortunato.
Quest’ultimo scruta un attimo incerto Red, poi volge il suo sguardo verso di me, corruga la fronte e subito dopo sgrana gli occhi e si rivolge alla governante: “Helen, se non vi dispiace potreste lasciarci soli?”
“Certamente, signor Lucky”
“Prendetevi la giornata libera”, replica ora il giovane con il bastone e si sgancia da Red; “Non la sottrarremo dalla vostra paga”
“Siete generoso, signor Lucky”, osserva la governante e fa un inchino rivolta probabilmente a tutti quanti; “Mi preparo e auguro a tutti voi una piacevole giornata”
Fortunato abbraccia la donna calorosamente: “Grazie, davvero… ti aspettiamo domani”
“Non mancherò”, afferma la donna e di lì a poco la osservo uscire.
Nel frattempo il cieco si è fatto strada fino a me e Red mi tira la manica: “Lui è Tamburello, è appena rientrato dal continente”
Io non ho parole, mentre Red prende la mia mano e la mette in quella libera di Tamburello.
Il cieco tasta lentamente la mia mano: “E’… permetti?”, mi chiede, lasciando la mano e sfiorando il polso.
Io annuisco, poi mi ricordo che lui non può vedermi e quindi mi do una scossa per riacquistare la parola: “Sì”, rispondo. Red prende il bastone di Tamburello, lui risale le mie braccia, arriva alle spalle e tasta lentamente, con dolcezza, il mio viso.
“Piangi, Wendy?”, mi domanda.
Io lo abbraccio stretto e sento le sue braccia avvolgermi con un calore unico. Non so se sto piangendo di gioia che l’ho ritrovato oppure per il dispiacere di saperlo cieco.
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