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Capitolo 34 – Foto

Sottofondo musicale
A casa di Robin ci mettiamo davvero poco. La sua casa è ordinata, per essere gestita da un uomo solo senza alcuna governante o maggiordomo, in qualsiasi caso alla fine lui si offre per passare da casa mia con la scusa di portare un invito a Black Lake da parte di Jamie. Dev’essere una rimpatriata di tutti i bambini e gli adulti che hanno ispirato Peter Pan dieci anni fa. La data scelta è durante il periodo in cui ci sarà anche il produttore Charles Frohman.
In realtà quella lettera è il pretesto per farne arrivare un’altra a Mike: gli spiego lì infatti che sono tornata e che sto cercando i Bimbi Sperduti ritornati sulla Terra, che ho avuto degli imprevisti abbastanza seri sull’Isola e che probabilmente dovrà sostenere una mia vena artistica risvegliata e far accettare a mamma e Johnnie che questo mi porterà lontano più spesso.
Mi dispiace per Robin farlo riprendere a balbettare, ma dargli di nuovo la sua overdose di fantasia è decisamente la sola soluzione possibile per farlo stare bene. Non penso lui si sia accorto di nulla, a parte che è, tristemente, ritornato alla normalità. In qualsiasi caso Jamie ed io non gli abbiamo fatto pesare che ha ripreso a balbettare.

Il sonno mi ha portato consiglio: qualsiasi cosa decida Peter, lui si occuperà dei bambini che non vogliono crescere. Ma se un mangiatore sceglierà di diventare adulto, lui non lo ucciderà come faceva in passato a detta di Ricciolo. Mi costi una vita da eremita e fuorilegge, farò tutto il possibile per proteggere i mangiatori.

Inizierò da Tamburello, apparentemente.

Per non saltare all’occhio con gli abiti rovinati, Jamie me ne ha trovato uno in cantina della sua ex-moglie. I polsini mi stanno un po’ stretti, è stato inutile chiedergli dove fossero ago e filo, così la sola soluzione è stata non allacciare i bottoni.
Il giacchino sopra invece, grigio esattamente come la gonna, va abbastanza bene. Almeno con il corsetto mi va. Per oggi addio alla comodità, devo solo passare inosservata.
Mi tiro giù un altro po’ il cappello e mi mordo il labbro. Spero con tutto il cuore che sappiano dirci dove andare, altrimenti questa ricerca sarà una vera lotta contro il tempo. Fra l’altro non so ancora spiegarmi come ho fatto a tornare a Londra in pochi istanti e non so perché ci sono arrivata di sera, quando sull’Isola era al massimo tardo pomeriggio.
E’ una cosa da fantascienza, mi ricorda quella storia assurda di David Page Mitchell, ma forse non è del tutto campata per aria – o non lo è per una mangiatore. Peter e il capitano certamente non sanno farlo. Peter anche se sapesse farlo non ci troverebbe gusto, lui vuole il brivido dell’avventura, del viaggio. Teletrasportarsi gli toglierebbe tutto il divertimento. Mentre il capitano avrebbe sfruttato un potere simile per impossessarsi di tutto quello di cui ha bisogno pur di diventare il sovrano assoluto dell’Isola e questo non era ancora avvenuto.
Mentre Jamie discute con la direttrice dell’orfanotrofio, sostenendo che una lontana cugina dal Galles sia venuta sino a Londra nella speranza di ritrovare il suo ultimo affetto famigliare, io mi chiedo se magari il capitano non sta organizzando già un piano per venire a cercarmi. Per avermi dalla sua parte. Non si farà alcuno scrupolo a usare la mia famiglia, o Jamie, o chiunque.
Quanti pensieri…

“Veramente abbiamo due fratelli che rispondono alle vostre descrizioni”, sostiene la direttrice e mi mostra la foto di due bambini con la divisa nera, i capelli dorati – vabbè che la foto è in bianco e nero – corti e ordinati, i visi tondi molto rassomiglianti e gli occhi chiusi forse per via di una luce che gli dava fastidio. In qualsiasi caso erano decisamente due Bimbi Sperduti. “Tamburello e Fortunato”, sussurro nell’orecchio di Jamie.
Lui annuisce e si rivolge alla signora: “Sapete dove vivono adesso?”
“Il maggiore è andato combattere per la patria”, dice la direttrice, facendomi prendere in mano la foto; “Se usa il cervello, tenterà lì la sua carriera”, dichiara; “In qualsiasi caso sembra abbia trovato una tata che si occupi del fratello e di un loro amico”, spiega; “Infatti l’anno scorso abbiamo rilasciato i due ragazzini minorenni alla sua tutela”
“Quanti anni hanno?”, domando, cerco di imitare un accento gallese e penso di non essere andata troppo male.
“Luke ha vent’anni adesso, mentre Tobias, il cosiddetto Tamburello, ne ha ventidue… perlomeno questa è l’età che è stata stabilita per loro, non avevano manco una data di compleanno”
“Il bambino con loro, come si chiama?”, si incuriosisce Jamie; “Tanto per non fare strane figure quando la signorina busserà alla loro porta. Sarà già abbastanza imbarazzante così”
“Miles Red. Capelli rossicci, anche lui nessun’idea di quanti anni avesse e sosteneva di essere volato fino a qui alla ricerca di una famiglia Darling. Povero piccolo. I fratelli Lucky devono essersi affezionati a lui proprio per questo, è approdato qui allo stesso modo loro”, la donna dai capelli grigi mi dà l’impressione di non avere davvero a cuore la questione, anzi, forse è persino contenta di essersi liberata di questi tre bambini di cui parla.
“Dove abitano?”, domando di nuovo.
“Un attimo… Ecco qui, sui documenti di affidamento al signor Lucky Tobias”, mi risponde la direttrice dell’orfanotrofio, mettendomi in mano tutti i documenti; “Ora, se a voi non dispiace, a me farebbe molto piacere tornare a occuparmi dei bambini che ancora sono sotto la mia tutela”
“Ovviamente”, annuisce Jamie e fa un cenno di rispetto; “La signorina non sa come meglio esprimersi nella nostra lingua, ma sono certo che come me vi sarà sempre debitrice”
La donna esita prima di congedarci: “Come mai cercavate solo Tobias? – Non sapevate di suo fratello?”
Io inclino la testa incerta su come rispondere. E’ Jamie a improvvisare la bugia perfetta: “La signorina pensava che fossero stati divisi, poiché il piccolo Lucky in realtà… non è nato in fortuite circostanze famigliari”, dichiara.
“Un bastardo, quindi? – C’era da aspettarselo, quando i bambini nascondono il loro passato dietro favole e fantasie di solito sotto ci sta una realtà molto dura”
“Grazie”, dico io e taglio corto, eseguo mezzo inchino e metto la foto e i documenti nella mia borsa. La borsa ancora non l’ho persa, nonostante tutte le mie disavventure.

Jamie mi segue dopo essersi congedato un po’ meglio: “Hai imparato il gallese, di recente?”
“Per niente, ho solo imitato l’accento”
Lui inclina la testa fra il divertito e l’ammirato: “Davvero niente male, allora”
“Prossima tappa”, leggo sul documento di affidamento; “Hayes, Morgan’s Lane”
“Prendiamo i mezzi pubblici?”, mi propone Jamie.
Io scuoto la testa: “Non penso” e così mi sollevo da terra di pochi pollici; “Sei con me?”
“Penso… di averti mentito quando ho detto che volo da sempre”, mi confessa imbarazzato.
Io mi guardo in giro, vedo una tovaglia stesa ad asciugare. Mi basta un pensiero per farla arrivare fino da noi, la tovaglia solleva Jamie come se fosse Aladdin sul suo tappeto volante.
“Andiamo”, decido e ci solleviamo in pochi istanti sopra le nubi. Se qualcuno ci ha visto in questa landa desolata fuori da Londra, certamente gli verrà intimato che è stata un’allucinazione.
Noi siamo tranquilli.
O almeno lo sono io.
Osservo Jamie dietro di me guardare un po’ preoccupato oltre l’orlo del lenzuolo. Sembra abbia paura.
“Vuoi attirare i pirati, signor Barrie?”
“Nossignora!”, risponde lui; “Ho solo un grande rispetto per le altezze!”

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Capitolo 33 - Volo nautico
Capitolo 35 - Visite a Morgan's Lane
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SaraIE

Passa il tempo libero fra libri, carte e penna, suona in una piccola orchestra e ama tenersi impegnata giorno e notte. Studentessa sognatrice, 18enne, vive in Svizzera con la sua famiglia, le piace interpretare le voci quando legge e non ha mai abbandonato le storie di fantasia, anzi, semmai si è irrevocabilmente persa fra i boschi degli elfi, le caverne dei nani, i cieli delle fate e gli abissi delle sirene. Ma, secondo la sua filosofia, prima di fare ordine ci deve essere il caos e prima del sapersi orientare non si può fare a meno di perdersi. Non preoccupatevi se vi sembra strano quello che scrive... Proseguite che alla fine vi ritroverete 😉
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