Raggiungo la Baia dell’Est, la nave pirata è già qui, sempre ancorata. Probabilmente hanno seguito la direzione che io e Peter abbiamo preso dopo la battaglia, per questo stanno qui. Mi tuffo dove so di poterlo fare senza rischiare di morire, sperando che il rumore creato dalla cascata mascheri il mio pluff.
Inizio a nuotare e sento però il canto delle sirene. Devo resistere, devo resistere per forza! Sarebbe così facile arrendersi al canto, così bello perdersi in un passato dove non ho tutti questi guai… vorrei delle avventure tranquille, dove nessuno rischia la vita…
Flash… i bambini che avevano scelto di crescere. I mangiatori adulti.
No, basta, io non mi arrendo! Peter c’è ancora!
“ACQUABELLA!”, grido. E’ la sola cui io possa rivolgermi, l’unica che può salvarmi.
E lei rischia, ancora una volta. Viene a salvare un umano senza alcuna buona ragione se non quella di un cuore generoso sotto il suo canto ingannatore.
Per un attimo ho l’impressione che Acquabella tradisca la mia fiducia, in realtà mi sta facendo fare il giro della nave passando sotto ad essa, probabilmente per convincere i pirati che io ormai sia perduto. Alla fine del giro arrivo finalmente a respirare, sputando acqua dolce e salata al contempo. La Baia dell’Est è nota per questo misto curioso, quasi visibile.
Acquabella apre bocca, canta, forse vuole chiedermi qualcosa, ma fra noi c’è chiaramente poca intesa: parliamo due lingue diverse. Io mi tolgo i capelli dagli occhi e vedo la nave levarsi in volo dopo aver sparato colpi di cannone da tutte le parti. Probabilmente voleva accertarsi che ci restassi secco. Ho i riflessi pronti nonostante la tosse e mi aggrappo alla catena alla quale è issata l’ancora. Levandomi in aria sventolo appena la mano, cercando di ringraziare così Acquabella e di dirle allo stesso tempo che le saluto Wendy.
I suoi capelli neri le coprono le spalle e il busto mentre la guardo diventare una minuscola macchia sotto di me. Mi impedisco di tossire ancora, tradirebbe la mia posizione. Quando l’ancora finalmente smette di ondeggiare troppo forte e la ciurma non la tira più su di così, inizia la mia lotta contro la forza di gravità e le vertigini. Non soffro di vertigini, no, altrimenti sarebbe proprio dura essere il migliore amico di Peter, però avere un po’ di rispetto non fa male. Insomma, al momento di certo non so volare e se mi perdo, in questi cieli, a detta di Orchidea e Peter è sicuro che non ritroverò mai più la strada.
Mi isso all’oblò dal quale fuoriesce ormai solo l’ancora. Sbircio cauto dentro, vedendo che è tutto completamente al buio, isso entrambe le braccia con più calma e proseguo la rampicata fin sotto la polena, uno scheletro perfettamente intagliato, al punto che posso poggiare i miei piedi su quelli dello scheletro e la mia testa resta sta dentro al torace. Mi tengo stretto alle costole di legno con le mani.
Fra le stelle e le sfere luminose sopra le quali voliamo vedo l’Isola svanire sempre più lontana all’orizzonte, mentre la Terra diventa man mano un pugno, poi una palla, alla fine un mondo intero. E’ davvero assurdo tutto quello che sta succedendo. Ma se ho un modo per salvare l’Isola e quindi anche Peter, la cosa migliore che posso fare è avvertirlo che i pirati hanno lasciato l’Isola e che abbiamo un problema più grosso che occuparci di Wendy.
In fin dei conti Wendy non vuole male a nessuno di noi due e nemmeno all’Isola. Dopo aver salvato l’Isola, possiamo riparlare di eroi, ombre e tempeste.
Riconosco ancora una volta il Big Ben, e poi vedo il capitano dare l’ordine di nascondersi tra le nuvole. Manda giù lo Spadaccino Sanguinoso e Roger Smith in avanscoperta. Devono trovare l’indirizzo di Wendy.
Ecco il vantaggio che è un mangiatore, penso d’un tratto; Non ha paure che puoi fiutare. Io decido che è il momento di mettermi in azione. Devo trovare la fata e mettere in chiaro la situazione. Lei deve restare prigioniera, altrimenti i pirati atterrano sulla Terra e apriti cielo chissà che succede. Ma deve darmi la polvere di fata di cui ho bisogno per arrivare da Wendy. Io sono già indietro di Peter Pan di almeno mezz’ora, il tempo di correre dalla casa di Orchidea fino alla Baia dell’Est.
Peter potrebbe già essere arrivato fin da lei.
E poi, cos’hanno fatto fino ad adesso? Una chiacchierata in santa pace, oppure una lotta all’ultimo sangue? Non ne ho idea. Non devo pensarci adesso, mi verrebbe la paura e non me lo posso permettere.
Arrivo, passando di oblò in oblò, alla cabina del capitano, con le sue grandi vetrate. Trovare la fatina non è un’impresa. Ha una luce bianca e azzurra, come la paura. Povera piccina, starà immaginando cosa sta per succedere sulla Terra.
Per fortuna una delle finestre è aperta. È un’impresa arrampicarsi sulle finestre, sono dannatamente scivolose, ma ci riesco.
Ora arriva la parte difficile: convincere la fata che il mio piano è l’unico che ci tirerà fuori dai guai tutti quanti.
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