La battaglia sul vascello pirata, la Jolly Roger, mi riporta indietro di anni. Sento le urla di rabbia di Johnnie, la paura di perdere i miei fratelli, l’orrore che avevo verso me stessa all’idea di tradire Peter.
“Trilli, vai con Wendy”, anche se Campanellino mi detestava, ogni ordine di Peter era un obbligo.
Io entrai nel ripostiglio e presi una lampada con la scusa che guardavo a destra mentre lei andava dall’altra parte. Quando mi ritrovai dall’altro lato del ripostiglio, Campanellino entrò nella lampada, a giudicare dai gesti mi chiedeva cosa fosse successo, perché fosse spenta. La chiusi dentro e la poggiai sull’orlo di una cassa: “Devo salvare Johnnie e Mike. Corri a prendere i rinforzi, tu salva Peter”, le sussurrai; “Credo in te”, avevo aggiunto.
E poi ero tornata sul ponte, dove avevo ammanettato Peter Pan.
Ricciolo non si stacca da me un secondo, forse perché teme che mi mangi troppa paura per colpa della situazione. Effettivamente non è una bella sensazione quella che ho nel cuore dal momento che sono sulla nave.
Ma non può prevedere tutto. Peter combatte a terra contro il suo epico rivale, quando vedo lo Spadaccino Sanguinoso nell’ombra puntargli contro una pistola. Lui il suo nome non ce l’ha per niente a caso e per quanto mi riesce di deviare il suo colpo senza che nessuno si faccia male, mi ritrovo presto sua prigioniera. Ricciolo fa l’impossibile per raggiungermi, io scuoto la testa.
Via da qui, in qualsiasi modo, ma via da qui!, penso.
Il capitano non si fa sfuggire nulla, come al solito. Non so se sente la mia paura o sente che io provo la paura che mi sto mangiando tutt’attorno. Ho sempre avuto l’impressione che lui fosse l’essere più simile a Peter Pan su tutta l’Isola. Se l’Isola è fatta di paura e fantasia, e la fantasia è Peter Pan… ho da supporre che il capitano possa essere la paura.
Questo spiegherebbe il continuo e inutile combattersi. Sono pari, nessuno di loro vincerà mai, realizzo. Peter perché non può vedere la logica dietro le azioni ambigue del capitano, il capitano invece non riesce a uscire dai suoi schemi logici per combattere.
Lo Spadaccino mi porta dritta filata, come se fossi un fuscello, accanto al suo capitano, il che mi fa supporre che la cattura di Eila in realtà voleva essere un’esca per avere me – e quindi Peter.
“Io credo nelle fate”, mormoro. Ogni bambino ha una fata protettrice che risponde a questo richiamo. E che corre a proteggerlo quando ha bisogno di aiuto. Penso di aver bisogno di una fata protettrice, in questo momento. E anche che mi riporti dritta filata a Londra, già che ci siamo.
Il capitano ride, puntandomi contro la sua spada: “Curioso che tu ti rivolga alle fate, Wendy”
“Solo perché tu hai perso la tua non significa che tutti gli adulti uccidono le loro fate”, trovo il coraggio di rispondergli, e persino con voce convinta.
Lui scuote la testa: “I mangiatori non hanno fate protettrici”, mi dice e c’è tanta serietà nel suo volto che non fatico a credergli.
Ho perso la speranza?, mi domando e capisco che non è così, ce l’ho ancora, anche se lieve. Cerco ancora dentro di me. Se mangio la polvere di fata, posso usarla come nella Palude, ragiono un attimo.
Peter nel frattempo esita ad approfittare della posizione del capitano: “Lasciala andare”
“Negalo quanto vuoi, Peter Pan”, dichiara lentamente il capitano, mentre tutta la nave sembra pietrificarsi; “Ma la cara Wendy è una nemica che abbiamo in comune”
“Tu menti!”
Forse invece ha ragione, penso io e non rispondo. Per un istante ho paura che Peter dia retta al capitano e mi uccida per quello che sono. L’istinto mi consiglia di rivalutare il pensiero. Io mi fido di Peter. Sono partita proprio perché mi fidavo delle sue buone intenzioni.
Mi sento risucchiata da qualcosa e via – eccomi sul tetto del Duke of York’s, da dove sono partita.
Guardo più in giù dei miei piedi. Praticamente un precipizio.
Qualsiasi cosa sia successa, devo rimettere i piedi a terra.
Per aver appena rischiato di essere uccisa da un pirata, forse è chiedere troppo di ritrovarmi in una camera, su un letto soffice. Faccio attenzione a dove metto i piedi e cerco il passaggio con il quale Robin quattro sere fa mi ha portata sul tetto.
***
Sbatto le palpebre più volte, stupefatto. Wendy è semplicemente svanita nel nulla! E questo come si spiega? Può mangiare tutta la polvere di fata che vuole, ma non può diventare invisibile. Nessuno può, la fantasia qui è sempre visibile, non lo è invece la memoria e la logica.
E’ assolutamente impossibile!
Peter sorride trionfante ed emette un fischio. Trilli gli balza accanto, mentre vedo Eila schizzare da tutte le parti e riempire i Bimbi Sperduti e i nostri tre amici indiani più fidati di polvere di fata. “Ci sei rimasto male, eh, stoccafisso?”, scherza Peter, gli taglia la parte superiore del suo cappellone e glielo tira giù fino a coprirgli gli occhi, Eila ride di gusto poggiandosi sulla mia spalla.
“Andiamocene via”, la incoraggio e per la prima volta da quando la conosco la vedo felice. Di solito vedere me, Trilli – o peggio ancora, Peter – non la metteva per niente di buon umore.
Volando verso casa esce fuori che Eila Córian si trovava vicino alla nave pirata per aiutare un’altra fata, Jilla, che era fra l’altro la fata protettrice di Mare. Lui, Mare, ha creduto che fosse Jilla in pericolo, in realtà era solo rimasta a cercarlo più a lungo del dovuto nelle Paludi prima di sapere che lui era al sicuro. E così lei non gli aveva più fatto sapere niente. Era stato re Zoss ad avvertire Peter per salvare Eila.
Non pretendo di capire le fate. In fin dei conti, hanno un solo sentimento alla volta. Peter invece non ne ha nessuno e io ne ho troppi di miei contemporaneamente.
Come ha fatto a sparire Wendy? E dov’è adesso?
Leprotto perde quota, si stringe una spalla, Piccolo Fiume e Giglio Tigrato lo prendono al volo da un lato e dall’altro.
Mi accorgo adesso che è stato ferito sulla spalla da un pugnale… indiano? Ora che mi avvicino preoccupato e lo vedo più attentamente, realizzo persino che è il pugnale di Leprotto.
E questo com’è finito qui?, un altro bel mistero, meno male che per come conosco gli indiani ci metteranno molto meno di me a chiarire la cosa.
Eila mi batte un colpetto sul collo per attirare la mia attenzione e sorride. Penso che voglia ricordarmi di essere felice. Non tutti sopravvivono un tuffo sopra i Denti, dove ci troviamo adesso.
Anzi, per la precisione l’unica sopravvissuta finora è Wendy. E Giglio Tigrato.
Ho l’impressione che la risposta non è che sono femmine.
Ma in presenza di Giglio, anche se è cresciuta di qualche pollice, Peter non è mai stato male. Quindi è da escludere che si sono salvate tutt’e due perché sono mangiatori.
E se Wendy l’avesse protetta in qualche modo?, mi domando. La cosa mi sembra logica, per come Wendy ha raccontato la sua avventura. Voleva dimostrare a Giglio che è un’amica, che era leale. Quindi magari Wendy e Giglio non se ne sono accorte, ma è stato il potere di mangiatore di Wendy a salvare Giglio e Acquabella ha salvato Wendy. I conti tornano se non per una domanda che mi sono sempre posto, da quando è nata Acquabella: perché proprio lei è diversa dalle altre sirene che annegano tutti?
Domande, domande e ancora domande, mi interrompo; Orchidea saprà le risposte. Ho deciso e guardo Eila: “Vieni con me?”, le sussurro. Lei conferma annuendo.
“Peter, devo andare a cercare Orchidea!”
“Ti faccio strada”, risponde il mio amico e sfreccia davanti a me.
Non ti stava antipatica?, mi chiedo, ma non oso pronunciarmi. Guardo i bambini e gli indiani: “Ci vediamo stasera all’Albero!”
E così riprendo a rincorrere Peter. “SEI UNA LUMACA, RICCIOLO!”
Io gli rispondo, già contagiato dal suo sorriso: “MOSCERINO DEI MIEI STIVALI!”
“Tu non hai gli stivali”, si ferma Peter perplesso.
Io lo raggiungo mentre lui parla e gli scippo il suo cappello verde: “Infatti!”
“Ehi, non vale!”, mi riprende Peter divertito e non ha alcuna difficoltà a recuperare il suo cappello.
“Allora vieni a prenderlo!”
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