Mi sento un po’ intontita. Poi sgrano gli occhi e poggio i polsi sulla roccia per tirarmi su. Sento ancora la melodia, ma prende una strana forma nella mia mente. Vedo parole scritte davanti a me.
“Ti senti meglio?”
I miei occhi vanno in cerca di qualcuno che non vedo. Di certo non mi aspetto sia Giglio Tigrato, non è la sua voce.
“Sono in mare, dietro di te”
Mi giro di scatto e indietreggio. Sirene! Ma è solo una: capelli neri e ricci, viso tondo e appuntito, labbra sottili e rosee, grandi occhi che rispecchiavano il colore del mare. Di più di lei non vedo, sta sott’acqua. E, per come ricordo le sirene quando Peter me le ha fatte vedere, lei non fa eccezione alla regola: a giudicare dalle dimensioni della sua testa, è un gigante subacqueo come le altre.
“La tua amica è nuotata fino alla spiaggia”, mi dice; “Penso creda tu sia stata annegata dalle mie sorelle”
“Sai quanto gli dispiacerebbe”, osservo sarcastica e respiro a fondo.
“Tu che creatura sei?”
“Un’umana”, rispondo di getto. Non mi chiedo se lo vede o meno, in fin dei conti non penso che sia una domanda tanto strana, sull’Isola-che-non-c’è. “E tu sei una sirena?”
“Mi chiamo Acquabella”, conferma lei ed estrae un braccio dall’acqua; “Sai nuotare?”
“No”
Lei sospira: “Non posso portarti di nuovo fra le braccia” Mi sembra davvero dispiaciuta, ma non saprei spiegare come. Le sirene annegano dolcemente, così diceva di loro Peter. Lui non si fidava troppo di loro, solo di… Acquabella.
Mi sento di nuovo sollevata: “Puoi aiutarmi a trovare Peter Pan?”
“Peter?”, ripete lei. La parola sfuma nell’aria e se ne compone un’altra; “Per quale ragione?”
“Sono una sua amica”
“Peter non sopporta gli adulti”
Respiro a fondo e distolgo lo sguardo da lei: “Sono Wendy”
Lei indietreggia, poi però si avvicina di nuovo, tirandosi su issando le mani sulla roccia. I suoi occhi osservandomi si fanno due fessure. Alla fine annuisce: “Sì, ora capisco”
“Cosa?”
“Quando ti ho presa e portata a riva ho avuto una sensazione strana… era stata molto più lieve, quando eri piccola, ma forse è cresciuta assieme a te, questa cosa”
“Non capisco”
“Non ho la dote di risponderti”, replica lei; “Per le risposte che sembri cercare dovresti rivolgerti alla ninfa Orchidea”
“Cerco risposte?”, domando io erroneamente ad alta voce.
Lei annuisce: “E’ solo una sensazione”, afferma e poi si tuffa in acqua. Ricompare pochi metri più in là mentre devo leggere una frase come se fossi dal lato sbagliato di una vetrina, o stessi guardando dentro uno specchio. E’ scritta al contrario, forse perché segue la sirena: “Ti faccio strada fino al delta, dopodiché potrò augurarti solo buona fortuna nelle paludi”
L’ultima parola mi allarma. Il coccodrillo vive nelle paludi. “Non c’è un’altra via?”
“E’ la sola strada che io posso mostrarti”, ribadisce la sirena; “Magari la tua amica è ancora lì”
Quindi le alternative sono due, penso; Seguo la sirena e mi ritrovo o con Giglio Tigrato o in balia del coccodrillo, oppure resto qui finché l’alta marea non mi annega.
Scelgo l’unico barlume di speranza che sembra offrirmi la sirena. Penso a John. Se sapesse cosa sto facendo, mi darebbe dell’incosciente. E Mike? Forse non si sarebbe nemmeno fermato a pensare, lui è così, si fida di tutti. E’ anche per questo che io e Johnnie cerchiamo sempre di proteggerlo: in senso figurativo, io gli faccio da paravento contro tutte le difficoltà, Johnnie invece cerca di armarlo e di farlo combattere contro le avversità. Il punto è che Mike ancora non vede da chi dovrebbe mai difendersi. E forse è un bene che diventi insegnante, avrà a che fare con i bambini, ingenui come lui, e avrà un posto di lavoro senza alti rischi di licenziamento.
Passo da uno scoglio all’altro anche quando non li vedo sott’acqua, Acquabella mi indica dove poggiare i piedi e scopro che davvero posso fidarmi di lei. La sua voce riempie ogni cosa, a partire dalla mia testa a finire con l’intera zona, ma mi concentro sulle parole che compaiono con ogni nota. Non so come faccio a comprendere la sua lingua, in qualsiasi caso mi torna utile capirla. Ad un certo punto mi sembra che abbia fretta. Ci stiamo avvicinando alla Baia dei Pirati e la nave infatti è lì, ancorata al solito posto.
Forse è questo.
“Cosa sta succedendo, Acquabella?”
“Devo lasciarti qui o le mie sorelle mi prenderanno”, c’è una sfumatura rossa, una venatura di pericolo nelle sue parole.
“Che significa? – Le tue sorelle ti sono nemiche?”
“Lo sono per te quanto per me”, risponde lei, fermandosi e guarda verso di me dietro le sue spalle nude; “Io dovrei stare in esilio”, mi confessa e poi indica la spiaggia; “Prosegui dritta lungo la costa. Le paludi le riconoscerai per certo”
Confermo con un cenno: “Grazie”
Lei prosegue con le indicazioni: “So che Peter Pan ama avventurarsi in quelle zone. Dovessi non incontrarlo, allora prega di aver fatto strada a sufficienza lungo il fiume per raggiungere la ninfa, lei potrà ospitarti e forse darti un aiuto migliore del mio”
“Mi hai salvato la vita”
“Cercherò di guadagnare tempo”, mi intima lei, svanendo definitivamente fra le onde del mare; “Vai”
La sua pinna azzurra è l’ultima cosa che vedo.
Io faccio un passo e mi ritrovo con l’acqua fino alla vite. Afferro i miei vestiti, li tiro su e mi costringo a camminare fino a ritrovarmi finalmente fuori dall’acqua. Fra poco i pirati mi vedranno e caleranno la scialuppa per venire a prendermi.
Corro avvicinandomi al bosco. Poi vedo un’orma nella sabbia. Più di una.
Giglio Tigrato!, mi allarmo. Non so se sono allarmata per la preoccupazione o per il timore che ho nei suoi confronti. In qualsiasi caso sono i miei piedi a ragionare per me.
Voglio seguire le impronte quando vedo una barchetta sulla riva e un bimbo dentro che piange.
Abbandono ogni pensiero e logica e corro dal piccolo per rassicurarlo e portarlo via con me.
Augurandoci dopo buona fortuna nelle paludi.
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