Io sono perplessa, incerta. Forse è ora che la paura venga anche a me, penso, ma non posso. Se perdiamo la testa in due, di certo non ci salviamo. Ho allentato le corde che mi stringono, potrei liberarmi in qualsiasi momento, ma l’istinto mi dice di aspettare un momento migliore.
Giglio Tigrato continua a far strada, poi ad un certo punto, quando io inizio a sentire le onde del mare che si infrangono sugli scogli, sussurra: “Cosa noi fare, lì?”
Guardo il cielo e penso ai pezzetti di nuvola. Sarebbe stato provvidenziale se ne avessi preso un po’ da lassù, quando ancora volavo. “Resistiamo”, rispondo.
Lei scuote la testa: “Donne no fare differenza”
Per una buona volta, potresti essere più ottimista?, mi chiedo, tuttavia non ha nulla a che fare con l’ottimismo, Giglio Tigrato mi sta solo avvertendo, come stanno le cose.
Il capitano mi dà uno strattone: “Quanto ci vuole ancora?”
“Poco”, affermo. Forse troppo in fretta.
Lui scuote la testa e realizzo che ha il fiato corto: “Perché ci avviciniamo ai Denti di Pietra?”
“Sono un nascondiglio perfetto, no?”, replico.
Lui tossisce e scuote la testa: “Neppure Peter Pan è abbastanza stolto da avvicinarsi tanto alle sirene”
“Scusatemi, signore”, mi fermo e lo guardo negli occhi; “Ci vuole logica e razionalità forse, per trovare Peter Pan?”
Il capitano chiude gli occhi e crolla. Lo prendo al volo più per istinto che per altro, non ho parole per esprimermi. Lo Spadaccino Sanguinoso mi punta la spada al collo: “Che magia è questa?”
“Nessuna, non conosco magie”, mi difendo io. E’ la verità, in fin dei conti.
“Noi ci occupiamo del capitano”, decide il Gobbo Grasso e apostrofa lo Spadaccino Sanguinoso; “Tu, Corvaccio, Vecchiaccio e Roger porterete Peter Pan al capitano”, ordina.
“Andiamo bene”, sospira quello che dovrebbe chiamarsi Roger alla fine dell’elenco.
“Vivo”, soggiunge il Gobbo Grasso nello stesso momento; “Ci sono obiezioni?”
“Nesciuna”, risponde lo Spadaccino e abbassa la punta della lama sul mio petto. Nota quindi il bacio di Peter che ho al collo. Sorride, ma non si pronuncia. “Lasciate a me”
Respiro a fondo, non mi faccio prendere dal panico. In fin dei conti, liberarci già adesso di due terzi della ciurma è un risultato idilliaco.
Finalmente la ciurma si allontana. Lo Spadaccino mi porge il pugnale che mi ha regalato Leprotto dal lato del manico: “Coscì scei tornata”
Io non so se rispondergli o allungare la mano verso l’unica arma che potrei avere a disposizione.
“Scei la ragascia del moscerino”
“Non so di chi stiate parlando, signore”, replico.
Lui mi costringe a fare un passo indietro. Io capisco cosa devo fare. Devo indietreggiare ancora, ma non troppo in fretta – se lo Spadaccino Sanguinoso continua a tenere entrambe le braccia allungate, Giglio Tigrato non avrà nessun problema a prendere in mano il pugnale dalla parte dell’elsa. E lei, armata, certamente ha più possibilità di tirarci fuori da qui di quante ne ho io.
“Girati”, mi ordina; “Vediamo sce riesci a portarlo di nuovo sciulla nave”, dichiara; “Chiscià sce ti crede ancora”
“Non conosco nessuno che porti il nome di Peter Pan”, dichiaro, anche se il mio cuore sembra spezzarsi per il dolore che gli provoca questa bugia e faccio un passo avanti mentre mi volto leggermente verso sinistra. Facendolo lancio uno sguardo a Giglio Tigrato e le indico il pugnale con gli occhi. Vedo che segue il mio sguardo e di lì a due secondi dopo si scatena l’inferno: io mi libero e mi butto a terra per evitare la spada che avevo avuto poggiata sulla nuca, lei senza dubbio stende a tappeto uno dei due pirati e mi ritrovo una spada a portata di mano che prendo subito, mi rotolo sulla schiena, sfuggo così un altro affondo dello Spadaccino, poi lui mi piomba addosso.
Chiudo gli occhi e sento l’aria mancarmi.
Riapro gli occhi, Giglio Tigrato ha colpito il mio aggressore con una pietra.
Mi stupisco della cosa – quello è un prato. Eppure la spada del pirata che ha cercato di soffocarmi è conficcata in una roccia e io stessa sto sdraiata sulla dura roccia. Non ricordo di averla avuta sotto le suole delle scarpe. Lei spinge via da me il corpo privo di sensi – sento infatti il respiro del pirata – e poi mi porge la mano. Mi tiro su e afferro la spada dello Spadaccino Sanguinoso, si estrae dal terreno senza alcuna difficoltà. Inizio a rincorrere Giglio Tigrato.
I rumori e il caos ha richiamato gli altri pirati. Sento già i loro vocioni.
Alla fine ci ritroviamo in cima al precipizio. Ironicamente parlando, è la strada più breve per raggiungere i Denti di Pietra. Saranno almeno venti piedi di vuoto fino al mare. Per non parlare che i Denti sono… i Denti. Potremmo morire. Il mio piano era di scappare dai Denti, sulla roccia, mentre le sirene intrattenevano i pirati, non quello di tuffarmi in acqua. Mi giro a guardare i pirati avvicinarsi, con la spada stretta in mano. “Morire per morire”, mi dico.
Giglio Tigrato mi afferra il polso e di lì a poco il mio urlo si tramuta in un continuo annaspare, ogni occasione per respirare è buona. Lei nuota senza difficoltà, io invece imprevedibilmente, e imprevedibilmente perché fino a qui pensavo di averne viste di tutti i colori, vado in panico e il cielo si chiude sopra di me.
Sento d’un tratto un canto meraviglioso e sorrido socchiudendo gli occhi.
La mia mente ritorna alle serate in cui la mamma suonava il pianoforte per l’ora della buona notte.
Non resisto oltre e mi lascio cullare.
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