Atterriamo davanti alla città delle fate, siamo troppo grandi per entrarci. Poggio Peter a terra e guardo Trilli: “Guarirà subito, vero?” Lei annuisce e mi fa una carezza, forse per incoraggiarmi, poi schizza via e basta. Io mi sento per un attimo spaesato e abbandonato: “Trilli?”, la richiamo; “Trilli, stai chiamando aiuto, vero?”
Silenzio.
Tutto tintinna. In una città di fate è così, è il loro modo di parlare. In qualsiasi caso riconosco il re delle fate, Zoss, e sua moglie, la regina Yll. Fanno diverso baccano assieme a Trilli mentre fanno la loro comparsa, la fatina di Peter diventa rossa per la rabbia.
Faccio un passo indietro intimorito. Sono almeno mesi che non si fa nemmeno più rosea.
Peter tossisce, finalmente dà un segno di vita e si tira su. Mi chino davanti a lui e lo sostengo. Lui mi dà uno scossone, vuole fare da solo: “Che è successo?”, mi chiede.
Ecco, avrei voluto dire la verità alle fate prima che ti svegliassi, così a te raccontavo quello che vuoi sapere, penso, e sospiro. Trilli tanto lo sa, mi incoraggio a trovare una bella scusa; Trilli sa che la verità Peter la negherebbe tutta.
“Allora, il gatto ti ha mangiato la lingua, Ricciolo?”
“Abbiamo portato Wendy fino all’accampamento degli indiani, poi però abbiamo dovuto combattere i pirati per proteggerla”, invento la storia di sana pianta; “Una bomba ci ha colpito, penso. Io mi sono svegliato adesso”, aggiungo; “Direi che Trilli o tu mi avete portato qui”
“Sì, mi hai fatto preoccupare un bel po’”, risponde Peter e si rivolge alle fate; “Grazie per averlo aiutato, siete sempre molto cari”
Trilli si poggia sulla spalla di Peter, ancora non è del tutto tornata dorata. Il che mi fa pensare cosa diamine possono aver detto i suoi sovrani. In fin dei conti lei è la loro erede, a detta di Peter.
Peter inclina la testa, ancora seduto a terra e guarda la regina stralunato: “Non si vedono più mangiatori da anni”
“Cos’è?”, domando io, ma vengo ignorato e sospiro. Siamo tornati alla normalità, sorrido dentro di me, non ho il coraggio di esprimerlo con il viso, non ancora; Forse che Wendy è qui sta già facendo tornare normali le cose. Peter lo sapeva.
Peter si alza di scatto: “O salvo l’Isola o seguo le vostre dannate regole!”, sbotta, furioso almeno quanto Trilli, solo che anche lei adesso sembra schierarsi dalla parte dei suoi sovrani, perché gli si piazza a meno di un palmo dal naso, di nuovo rossa come il fuoco.
“Io non dimentico mai!” Mi mordo il labbro per non dargli del Pinocchio, come direbbe invece Wendy. Peter fa un passo verso le fate: “Toccatela e avrete a che fare con me!”
“Peter, cosa stanno dicendo?”
“Vogliono che Wendy se ne vada subito e per sempre, perché è grande”, mi risponde lui.
Sono io stavolta a inclinare la testa: “Ma Trilli è di nuovo gelosa, questo significa che le cose stanno tornando normali, Altezze”, replico; “Wendy non farebbe mai…”, mi mordo la lingua davanti allo sguardo infuocato di Trilli. Sospiro, sentendomi piccolo e inutile: “Io… lei è molto dispiaciuta e vuole rimettere a posto le cose”, dico con un filo di voce, non so da dove tiro fuori tutto questo coraggio per contraddire le tre fate dalle luci come fiamme ardenti; “L’ho seguita tutta la giornata, ha protetto Peter con la sua vita, quando se n’è dovuta andare”, due volte, da bambina e ora da adulta, aggiungo con il pensiero. Peter una volta ha detto che le fate leggono nel pensiero. Mi auguro con tutto il cuore che leggano il mio. Che vedano soprattutto Wendy in camera sua, sul letto, mentre mi chiede se sono tornato solo per dirle quanto cattiva sa essere.
Chiudo gli occhi, aspettandomi un’altra tintinnata assordante e dissonante come risposta negativa alla mia preghiera.
Ma appena riapro gli occhi, le tre fate si sono calmate, hanno luci argentee, però, come cenere vicino alla brace. Peter parla lentamente: “Vogliono dirti qualcosa, Ricciolo”, sostiene.
Io annuisco e abbasso lo sguardo: “Voglio bene a Wendy, vorrei… vorrei darle una seconda possibilità”, mi inumidisco le labbra; “Non voglio offendere nessun ordine, Altezze”, aggiungo; “Se Wendy sbaglierà di nuovo, punite me per avervi chiesto di non bandirla oggi”, mi inchino e aspetto il verdetto.
So benissimo quanto feroci possono essere le fate quando lo vogliono.
E ho paura che contro Wendy saranno molto feroci.
Peter non mi risponde, o forse sì. Ho più l’impressione che mi stia dicendo quello di cui parlano le fate, e a guardarlo sembra che lo sta dicendo senza voler ricordare le loro parole. Dovrò essere ancora una volta la sua memoria, quando sarà il momento. “Il re dice che devi ascoltare attentamente, Ricciolo, e non aspettare punizioni che con il sapere puoi sventare”
Come parli complicato. O come parla complicato il re, penso e annuisco.
“Cosa sai della natura dell’Isola-che-non-c’è, Ricciolo?”
“Devo rispondere?”, chiedo di rimando, quando segue il silenzio mi decido a farlo; “So che è fatta delle fantasie e delle paure degli adulti”, gli dico quindi.
“Esattamente”, conferma Peter, o il re tramite Peter, piuttosto; “Ogni bambino nasce pieno di fantasia e di paura. Crescendo impara ad allontanare entrambe da se e allontanandosi dall’adulto arrivano qui”, mi spiega. Adesso interviene la regina Yll, ma ovviamente io capisco solo quello che mi riferisce Peter; “Noi viviamo perché e finché nel mondo degli umani i bambini allontanano da sé fantasia e paura”, dice; “In loro deve rimanere il ricordo e l’attenzione verso la fantasia. Ma non possono più confonderla con la loro realtà”
“Cosa significa?”, voglio sapere. Visto che sarò l’unico a ricordare, tanto vale che lo capisco.
“Ricordare la fantasia è logico, ti spiegherò l’attenzione”, sostiene Peter; “La fantasia è la polvere di fata. Da bambini è dentro la pelle, dappertutto. Quando cresci ti resta solo qualcosa”
“Per esempio?”
“Per esempio qualcuno continua a inventare avventure, le scrive. Lì la polvere di fata gli è rimasta sulla punta delle dita o nel cervello”, dice Peter.
“E chi canta da grande ha la polvere di fata nella gola?”, chiedo.
La regina annuisce, la traduzione di Peter è superflua: “Hai capito bene, Ricciolo”, sostiene e Yll si fa cupa, il re le avvolge le spalle con un braccio. E’ Trilli che riprende a tintinnare, Peter non cambia espressione e parla pacato: “Ma negli ultimi anni gli umani non allontanano più paure e fantasie”, dice; “Combattono tra loro per il divertimento di mostrare chi è il più forte, come i pirati e gli indiani”
“Non ho visto duelli, mentre ero a Londra”, sostengo.
Trilli scuote la testa, Peter traduce facendo lo stesso gesto: “Non stanno duellando – fanno la guerra. Muoiono troppe persone, molte di loro si stringono la paura addosso, altre si cuciono la fantasia ai loro piedi come fosse la loro ombra” Peter lancia uno sguardo irritato a Trilli: “Ehi, solo io posso cucire la mia ombra ai piedi!”
Trilli sbuffa, il re tintinna e mette a tacere il battibecco che anch’io vedevo già arrivare fra Peter e la sua fatina. Re Zoss continua a tintinnare, non lascia sua moglie. Peter fa un respiro e poi si rivolge a me: “Dice che così qui sull’Isola siamo sempre più a corto di magia”
“E come sistemiamo le cose?”, chiedo. Questa è l’occasione per aiutare davvero Wendy e Peter.
La regina sembra inconsolabile, mentre Peter mi riferisce anche le sue, di parole: “Boh. Non c’è mai stata così poca fantasia e paura sull’Isola, di solito bastava”, per un attimo c’è una pausa; “Ma è sicuro che non ci vuole anche un mangiatore a piede libero in un momento simile”
“Cos’è di nuovo?”, domando. Ricordo di aver già sentito la parola, ma sarà stato nel secolo scorso, come ha rimarcato prima Peter rivolto ai sovrani.
Dallo sguardo di Peter capisco che è lui a parlare, non sta più traducendo: “E’ qualcuno che sa assorbire la polvere di fata, dovunque la trova”, mi risponde; “Nascono umani che crescendo perdono tutta la polvere di fata. Quando è così, siccome ne hanno bisogno per vivere, imparano a mangiarla da chi gli sta intorno”, indica se stesso; “Forse fra gli adulti al teatro c’era un mangiatore”, dice; “Lo sai come sono guarito”
Ricordo bene eccome, vorrei dirgli.
“Questo è l’unico posto dove un mangiatore può vivere senza perdere la polvere di fata. Basta infatti che non cresce e resta con i Bimbi Sperduti”, Peter scuote la testa. “Io per non essere più malato sono diventato polvere di fata. Io sono la fantasia”
“In che senso?”, non so proprio un bel niente di questo aspetto.
“Nel senso che se torno a Londra per fermare il mangiatore, rischio che mi mangia. Tutto”, precisa lui.
O cavoli, vorrei esclamare stavolta. Questo è un bel guaio. Se già c’è poca fantasia che viene mandata sull’Isola, ci manca solo che quel poco che resta viene mangiato via. E soprattutto non deve mangiarsi Peter. “Un mangiatore può smettere di mangiare polvere di fata?”, mi informo.
“No”, Peter scuote la testa; “Più ne ha attorno, più ne mangia, peggiora mentre cresce”, afferma e guarda la regina Yll tintinnare; “Yll dice che un mangiatore può anche scegliere di attaccare la polvere fatata dove vuole”, mi rivela.
“Come recuperiamo la polvere di fata che ha attaccato dappertutto?”, gli chiedo.
“Deve staccarsela la persona o la cosa cui è stata attaccata”, replica lui. O traduce, hanno parlato contemporaneamente, lui e Trilli. “La soluzione più semplice per non far precipitare la situazione è che si uccide il mangiatore, oppure si fa in modo che non cresce mai”
Non so di preciso cosa pensare. Poi mi torna in mente Johnnie, con i suoi occhi cattivi. E Michael con il sorriso di Peter. Indietreggio. Wendy!, grida la mia mente. Sono angosciato. Le fate sanno..?, caccio immediatamente il pensiero, stavolta non voglio che lo leggano.
“Cosa c’è, Ricciolo?”, mi chiede Peter, incuriosito dal mio gesto.
Io rimedio subito a una scusa, prima che un altro pensiero possa sfiorare la mia mente: “Ho un po’ di paura”
Lui mi dà uno strattone divertito e si solleva in aria: “Forza Trilli, torniamo a casa – Ricciolo, dove ci vediamo con Wendy?”
“A casa”, rispondo subito.
Peter afferra Trilli e mi ricopre di polvere.
Pensieri felici, pensieri felici!, mi tempesto.
E poi mi ritorna in mente Wendy davanti al vascello pirata, mi aveva aiutato a caricarmi di Peter quando era partito il primo cannone. “Ehi, guarda qui!”, si era messa davanti a me e Peter facendo una pernacchia alla nave.
Ho riso con tutto il cuore.
“Ci hai mancati di nuovo, stoccafisso!”, aveva gridato. Trilli le si era affiancata e aveva imitato il suo gesto.
E’ proprio buffa, mamma Wendy.
Sono lontano, oltre le corone degli alberi, Peter è scomparso, forse è già a casa, con Trilli. Mi costringo a pensare a qualcosa di felice, ma allo stesso tempo ho bisogno di esprimere, almeno nella mia mente, un altro pensiero che sto trattenendo da istanti che mi pesano addosso come secoli e millenni.
Wendy è un mangiatore.
Ucciderà Peter, anche se non lo vuole.
Ho paura davvero. Cosa devo fare?
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