Devo salire davvero su quel coso? Si chiese mentalmente mentre si sforzava di mantenere la sua espressione inalterata.
– Rose, il broncio ti fa brutta! – disse Vincent tutto serio in volto almeno fin quando l’espressione della ragazza non divenne ancora più cupa e lui rise di cuore.
La grossa aeronave intanto si stava avvicinando e Rose evitò la risposta pungente che aveva già pronta per riversare tutta la sua attenzione sullo strano mezzo di trasporto.
Era davvero una nave. L’aveva vista poche ore prima nell’area di atterraggio, ma dalla posizione in cui si trovavano per il sopralluogo non era riuscita a capirne l’esatta forma. Si avvicinava silenziosa, solcando l’aria con la sua chiglia metallica. Era poco più di una sagoma nera che si stagliava contro il cielo stellato, ma Rose riuscì comunque ad individuare l’enorme vetrata di prua a centro dello scafo. Vincent le aveva spiegato che a differenza delle navi ordinarie, la sala comandi era situata nella parte anteriore per permettere maggiore visibilità al pilota. Il castello di poppa invece era adibito completamente a sala macchine, visto che i potenti motori ad elica avevano bisogno di molto spazio. Callin non aveva acceso alcuna luce di segnalazione per poter passare il più inosservato possibile, per cui Rose non riuscì ad individuare la posizione esatta dei supporti che legavano il ponte scoperto all’enorme pallone che grazie al suo gas speciale riusciva a sostenere il peso di tutto il velivolo.
Procedeva beccheggiando vistosamente, come se solcasse delle alte onde marine.
– È normale che fa così? – chiese Rose a Vincent con fare preoccupato.
– Sì. Ho ordinato a Callin di non utilizzare i motori e quindi sta cercando di muoversi sfruttando sbalzi di pressione controllati tramite l’alchimia – spiegò l’alchimista – appena saremo a bordo, non ci sarà bisogno di questa precauzione ed accenderemo i propulsori.
Troppo presto per i gusti della ragazza l’aeronave giunse all’altezza del tetto dove si trovava con il suo mentore. Si fermò con la prua qualche metro sopra di loro ondeggiando lievemente in tutte le direzioni. Tenerla completamente ferma era chiedere troppo.
Una scaletta di corda per poco non la centrò in testa mentre si srotolava dalla balaustra di un camminamento scoperto che correva lungo tutto lo scafo.
Era buio intorno, la luce spettrale della luna appena crescente illuminava la grossa sagoma della nave volante che silenziosa aspettava la sua salita. La scala in penombra.Tutto immobile in un singolo attimo di fermo immagine: il cielo stellato, il silenzio innaturale di un mezzo così possente, i capelli sparati in ogni direzione per colpa del vento, Vincent posizionato al lato della scala per tenerla ferma.
E poi Rose afferrò le corde decisa, salendo un gradino, poi un altro. Dietro di lei il suo mentore e la ragazza che era stata.
Salì anche l’ultimo scalino e si ritrovò con entrambi i piedi sull’ultimo piolo e il busto che sporgeva solo per una piccola parte oltre la balaustra.
Maledisse mentalmente la sua bassa statura e provò più volte a far forza sulle braccia per issarsi all’interno. Ogni volta scivolava non riuscendo ad issarsi abbastanza per scavalcare.
All’ennesimo tentativo mise da parte l’orgoglio e si rivolse all’ombra che teneva fermo il timone nella sala comandi lì accanto.
– Callin aiutami!
– Scusa ma stare qui a vederti annaspare è troppo divertente! – sghignazzò il ladro.
Punta sul vivo la ragazza fece più forza delle volte precedenti per scavalcare e, anche se non con troppa grazia, si ritrovò dal lato interno del parapetto, seduta sul freddo metallo.
Intanto anche Vincent era arrivato al’ultimo piolo e nonostante fosse più alto di lei, aveva lo stesso suo problema. L’alchimista, però, non si scompose. Si limitò a toccare la parte superiore della protezione per farla ritirare permettendogli di salire elegantemente.
– Così semplice! Non capisco perché hai fatto tutto questo baccano, Rose! – esclamò l’uomo mentre la balaustra ritornava alla sua forma originale.
La testolina bianca di Kimi comparve dalla sacca che Vincent teneva sulle spalle.
La gatta balzò davanti a Rose e miagolò divertita, prima di sparire nell’oscurità della sala comandi.
– Non vi sopporto più! – rimbeccò lei, ma si notava dal tono che stava sorridendo.
– Vincent, so che sono più bravo di te, ma perché non vieni a darmi il cambio. Sai, ho passato una giornata lunga e faticosa, mentre tu riposavi!
Senza aspettare che l’alchimista gli rispondesse, Callin si staccò dal timone e fece per raggiungere la porta sul fondo della stanza.
L’ombra del ragazzo passò davanti a Rose e lei notò che era leggermente ricurva. Le diede l’impressione che facesse fatica ad avanzare.
– Rose, vai con lui! – le ordinò Vincent, mentre si metteva ai comandi dell’aeronave. Nella voce del suo mentore c’era una strana nota d’urgenza, che mise in allarme anche lei.
Irrazionalmente si chiese perché si muovesse con tanta fatica. Aveva avuto modo di vederlo in azione e con le sue capacità non poteva essergli successo nulla: non c’era mai niente di cui preoccupasi con Callin. Eppure fu contraddetta un istante più tardi, quando, prendendo il braccio del ragazzo, lo trovò appiccicoso e caldo.
– Andiamo di sotto, voglio una luce – esclamò Rose passandosi il braccio di Callin intorno alle spalle – Dai, appoggiati!
Scesero le scale lentamente: erano poche, ma impiegarono comunque alcuni minuti. Rose sentiva che il ragazzo si poggiava pesantemente su di lei e la ragazza faceva uno sforzo per imporsi passi piccoli quando fremeva per capire cosa fosse successo al ladro. Lo guidò sino alla prima cabina sulla destra delle scale.
Mentre armeggiavano con maniglia della porta sentirono uno scossone deciso e l’attutito ma ritmico rumore delle eliche che si erano messe in moto fece capire loro che Vincent aveva rotto gli indugi ed era partito al massimo della velocità.
La stanzetta era piccola e buia. Rose inciampò in una sedia prima che il tubo luminoso che girava intorno a tutta la stanza si accendesse, illuminando di una luce rossastra l’ambiente.
La ragazza osservò esterefatta quel piccolo miracolo di cui aveva solo letto nei testi più avanzati di Vincent. La luce sfarfallò per un po’ prima di stabilizzarsi ed assumere una colorazione tendente sempre più al bianco, ma quando lo fece la ragazza rimpianse il buio.
Il volto del ladro era tumefatto, pieno di lividi e tagli, uno in particolare sulla fronte era profondo e veniva messo in risalto dal sangue che ancora ne usciva. Lungo il corpo aveva diverse ferite da taglio e un proietille nel braccio.
La ragazza non era preparata a vederlo ridotto in quel modo, ma il suo turbamento risultò evidente sul viso solo per un attimo. Si cancellò appena incontrò lo sguardo beffardo del ladro.
– Ti aiuto a sdraiarti – gli ordinò con fare pratico.
Quando fu sicura che il ladro fosse ben sistemato sul piccolo giaciglio, si guardò intorno alla ricerca di materiali utili.
– Torno subito! Cerco delle bende.
Appena fu nel corridoio Rose seguì i tubi di luce e aprì freneticamente tutte le porta delle cabine. Cercò per diverso tempo, collezionando tutto l’occorrente. Saccheggiò un po’ per ogni stanza, riportando alla mente ogni ferita del ragazzo per capire ogni volta che prendeva qualcosa di utile cosa ancora le servisse.
Quando tornò nella cabina era trafelata e aveva le braccia piene di bende, bottiglie di liquore e batuffoli di ovatta, dalla tasca dei pantaloni si intravedeva, invece, il manico di un paio di forbici.
– Diamo una festa?
La voce di Callin era leggermente incrinata, quel particolare fece affrettare ancora di più la ragazza.
Con efficienza e cercando di strattonare il meno possibile il corpo del ladro, Rose taglio via gli indumenti che l’avrebbero intralciata nel bendaggio.
Il ragazzo si ritrovò così dei nuovi pantaloncini corti ed una maglia a mezze maniche che metteva in risalto il suo ombelico.
– Quanta irruenza! – insinuò Callin sorridendo.
Rose lo guardò per un attimo negli occhi leggendo la sofferenza che chiaramente provava per le sue condizioni e invidiò la capacità di sdrammatizzare del ladro, anche se in fondo si intenerì per il suo comportamento tanto da fargli una lunga carezza sul viso.
– Ora ti farò male… – gli disse con una voce dolce che risultò strana alle sue stesse orecchie.
Sollevò la sedia nella quale era inciampata poco prima e si sedette per poter stare all’altezza del suo avambraccio. Posò entrambe le mani ai lati della ferita provocata dallo sparo e chiuse gli occhi.
L’idea le era venuta prima mentre cercava l’occorrente per le medicazioni e non aveva trovato nulla per estrarre il proiettile. Era rischioso e probabilmente non doveva farlo, ma in quel momento gli parve la migliore soluzione.
Si prese tutto il tempo necessario e forse anche di più per trovare la giusta vibrazione. Quando la trovò, ringraziò che il piccolo proiettile era rimasto integrò e lo modellò per dargli una forma sottile man mano che spuntava dal braccio del ragazzo.
Quando lo ebbe estratto del tutto sollevò gli occhi sul volto del ladro e lo vide cinereo mordere un pezzo di stoffa. Distolse subito lo sguardo o si sarebbe fermata. Rose, imperturbabile, recuperò bende e rum per fasciare e disinfettare il buco provocato dal proiettile.
Medicò poi tutte le altre ferite con la stessa cura e precisione: disinfettandole con rum o l’altro liquore che non conosceva a seconda di quale bottiglia, poggiata ai suoi piedi, recuperava per prima.
Lavorò passando da una parte all’altro del letto, tenendo sempre d’occhio anche ogni più piccolo spostamento del ragazzo, ogni sua smorfia.
Finì dopo un tempo che le sembrò lunghissimo. Dopo tutto quel passar di bende e alcool ogni parte del corpo del ladro non sanguinava più, ne presentava ferite scoperte.
Rose lo esaminò ancora una volta con aria critica.
– So di essere un bello spettacolo dolcezza – ammicò Callin, richiamando la sua attenzione.
E lei sorprese di nuovo se stessa: invece di rispondergli per le rime, gli si sedette accanto sul letto carezzandogli i capelli e ricambiando fisso il suo sguardo.
Il ladro rimase in silenzio a sua volta limitandosi a guardarla.
– Grazie – le disse infine e lei fu convinta di non aver mai ricevuto tanta graditudine come quella avuta in quella singola parola.
– Dormi ora… – rispose la ragazza usando di nuovo quel tono strano.
Poco dopo il volto di Callin era sereno e disteso posato sulla gamba. Osservandolo Rose si permise finalmente di tirare un sospiro di sollievo.
~~~~~
Rose era poggiata coi gomiti sul passamano della balaustra esterna e osservava il paesaggio scorrere veloce sotto la Meteora. Stavano procedendo lungo la costa meridionale del continente, o almeno così le aveva spiegato Vincent che in quel momento era saldamente al timone dell’aeronave. La ragazza riusciva a scorgere l’ultimo lembo di terra prima che il continente cedesse il posto al mare aperto. Purtroppo si era persa la veduta sulle Terre Frammentate perché era impegnata a medicare Callin e comunque non avrebbe potuto scorgere Aios, troppo lontana anche se fosse stato giorno.
Dopo averci pensato a lungo aveva deciso che volare non le piaceva. Aveva vinto la paura iniziale, presa dagli eventi e non soffriva di stomaco, nonostante gli improvvisi movimenti indotti dal vento, ma in definitiva si annoiava. Il suo mentore era al timone dalla notte precedente e non potendo lasciare la sua posizione a lei, si era creato un sedile dal pavimento e si era messo comodo. Non si era mosso nemmeno per mangiare, facendosi portare il pranzo che aveva poi consumato sul quadro comandi. Rose preferiva non distrarlo, visto che pilotare quel velivolo alla massima velocità, da solo, doveva essere qualcosa di terribilmente complicato. In realtà non era proprio da solo: Kimi attirava la sua attenzione ogni qual volta un indicatore troppo lontano da lui assumeva un valore pericoloso.
Il fatto di capirne meno di una gatta la gettò ancora più nella depressione, così decise di andare a controllare Callin: almeno poteva rendersi utile per lui.
Non fece in tempo a voltarsi che sentì la porta metallica alle sue spalle aprirsi. Il ragazzo era in piedi dietro di lei vestito con una divisa militare azzurra e in mano la metà un panino dolce.
– Ciao! – disse con la bocca piena, mentre cercava di mandare giù l’altra metà del suo spuntino in una volta sola.
– Cosa ci fai tu qui? – chiese la ragazza con tono di rimprovero – quando ti ho detto che potevi alzarti dal letto?
– Mi annoiavo! E poi guarisco in fretta io – rispose lui con leggerezza, scostandosi i capelli per mostrare il taglio sulla fronte quasi completamente sparito.
– Ah sì? Fa’ vedere.
La ragazza si allungò per toccare il braccio dove si era beccato il proiettile la notte prima, ma il suo malato si tirò indietro immediatamente, sfruttando lo slancio per compiere una piroetta su se stesso.
– Che te ne pare? – chiese per cambiare argomento – L’ho trovata nell’armadio della cabina: probabilmente era del capitano.
La ragazza lo studiò un attimo, squadrandolo dalla testa ai piedi, mentre lui ingoiava il resto del panino.
– Non mi piace! – decretò alla fine divertita – troppo ordinato per un tipo come te. E poi la camicia ti tira un po’ sulle spalle.
– Che occhio da sarta! Un giorno o l’altro dovrò commissionarti un abito.
L’allegria di Rose sparì dal suo viso in un solo battito di ciglia, con la stessa rapidità ricordi e lacrime si affolarono agli angoli dei suoi occhi.
– In un’altra vita, Callin – sussurò, mentre gli dava le spalle, volgendo lo sguardo lontano per imporsi un po’ di contegno.
Sentì la sua mano sulla spalla, poggiata con la stesa delicatezza con la quale si maneggia un oggetto prezioso e allora, ancora più ostinatamente, non si volse, la voce incerta.
– Ho detto qualcosa che non dovevo? Non volevo offendere – le disse all’orecchio il ladro, stringendo un po’ la presa.
La ragazza non gli rispose: ogni parola avrebbe potuto lasciar scorrere un fiume che non era pronto ad arginare. Solo quando lo sentì sparire all’interno dell’aeronave chiuse gli occhi, permettendo alle lacrime di scendere copiose.
– Tieni, questo risolve tutto.
Callin era tornato e le stava porgendo un panino come quello che aveva appena mangiato. Lei si asciugò le guance e gli occhi e si voltò. Senza incrociare il suo sguardo, accettò il dolce e lo guardò.
– E se non basta, ne ho un altro – disse mostrandone uno nuovo con l’altra mano – e ancora un altro. E pure questo.
Il ragazzo faceva comparire panini come per magia, esattamente come fanno i prestigiatori con le monete o i fiori.
– Ne ho anche altri, ma meglio che non ti dica dove, altrimenti non li mangi più.
La ragazza incrociò i suoi occhi e sorrise debolmente.
– Uno basterà – gli disse con un filo di voce – Grazie!
– E di questi che ne faccio adesso? – chiese lui con le braccia piene di dolci.
– Li porti qui e magari mi dai anche il cambio! – urlò Vincent dalla sala comandi.
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Il sonno di Rose fu interrotto dalla voce di Callin che urlava nell’interfono.
– Vincent, presto! Mi serve aiuto ai comandi!
La ragazza balzò in piedi, si infilò le scarpe e corse nella sala di controllo dove trovò il suo mentore già pronto al timone ed il ragazzo con il naso spiaccicato contro la vetrata di prua.
– Che succede? – chiese allarmata.
– La vedi quella? Ecco cosa succede – rispose brusco l’alchimista.
Era notte e la visibilità era scarsa, ma Rose, avvicinandosi a Callin, riuscì a vedere chiaramente una colonna di nubi scure vorticare su se stessa proprio davanti a loro.
– Possiamo evitarla?
– Ci ho già provato – disse il ragazzo – ma ci sta seguendo. Se cambiamo rotta si sposta per mettersi davanti a noi ed è velocissima.
– Tenetevi! – ordinò Vincent e senza attendere risposta ruotò tutto il timone a babordo, virando bruscamente per tornare indietro.
Quando la nave completò la manovra la situazione non era che peggiorata: due colonne di nubi stavano convergendo dalla parte opposta sulla loro posizione.
– Siamo fuori dal territorio dell’impero, atterriamo! – disse Callin.
– Non faremo in tempo! – rispose l’alchimista ma tentò comunque la manovra spegnendo i motori e comprimendo il gas del pallone.
Erano ancora il volo quando le colonne di nubi colpirono la Meteora.
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